L'Opinione
Viaggio nella spazzatura campana
L’emergenza infinita - 4
di Achille della Ragione
Gli anni successivi confermano il completo fallimento del tentativo di uscire dall’emergenza, complici le inadempienze della Fibe e una pessima gestione politica ed istituzionale, che ha prodotto uno sperpero di denaro pubblico ed il conferimento di una pletora di incarichi e di consulenze, soprattutto a professori universitari, alcuni beneficiari di ben 20 lucrosi contratti consecutivi. Un finanziamento per la rinascita culturale o un acquisto di cervelli all’ammasso?

Gli impianti di selezione sono impiegati costantemente al massimo delle possibilità, per cui basta la necessità di una manutenzione o un intervento cautelativo della magistratura di fronte ad un’irregolarità per provocare il caos, con contenitori stracolmi di rifiuti accanto a chiese e monumenti millenari e sindaci barricaderi alla testa delle immediate proteste della popolazione appena si tenta di smistare altrove i camion di spazzatura.

Il 27 marzo del 2005 Bassolino lascia la patata sempre più bollente della carica di commissario a Corrado Catenacci, già prefetto, che, protetto dalla scorta,  prende il posto di comando in un ufficio con 85 dipendenti al quarto piano di un elegante palazzo di via Filangieri. Le direttive del governo sono  chiare. Pieni poteri a Catenacci per riaprire le discariche, consorzi guidati da generali dei carabinieri e prefetti per riattivare la raccolta differenziata ed al più presto una gara europea per tre inceneritori: Acerra, da completare, Santa Maria la Fossa ed un terzo impianto nel salernitano in una località ancora da scegliere.

Con decreto legge il 30 novembre 2005 viene risolto il contratto con la Fibe, che dal 2000 gestiva l’intero ciclo integrato dei rifiuti e lo stato di emergenza viene prorogato fino al 31 maggio 2006. Nel frattempo viene indetto il bando di gara d’appalto con procedura ristretta ed accellerata per trovare una nuova società che prenda il posto della Fibe. Un appalto record del valore di 4,5 miliardi di euro, per intenderci 9000 miliardi delle vecchie lire, inclusa una concessione ventennale in esclusiva. Un esborso per il contribuente significatico e che non comprende la raccolta ed il trasporto dei rifiuti, che in genere costa tre volte più dello smaltimento. 
Questo fiume di denaro pare abbia fatto cambiare parere non solo ad illustri ministri, da sempre contrari ai termovalorizzatori, ma anche alla camorra, che vede il colossale business con l’acquolina in bocca, certa di poter controllare fabbricazione degli impianti e gestione degli stessi, nei quali eventualmente bruciare in futuro qualsiasi rifiuto.

Il 4 maggio è scaduto il termine per manifestrare interesse alla gara ed hanno aderito 2 cordate. Da un lato l’Asm di Brescia in partnership con l’Unione industriali di Napoli, l’Asia, l’Amsa di Milano e l’Ama di Roma. A contrastare il passo il colosso multiutility francese Veolia Environnement del gruppo Vivendi. L’offerta al ribasso va presentata entro il 27 giugno e le buste si aprono dopo una settimana. L’aggiudicazione non prevede sic et sempliciter la cifra più bassa, bensì una griglia di parametri, calcolata in punti,  che va dalla migliore modalità di organizzazione alla gestione del servizio sul territorio. Una circostanza che sembrava avvantagiare la cordata napoletana, invece tutto si è concluso con un nulla di fatto.

Il nuovo bando non è piaciuto a Gianni Lettieri, presidente degli industriali napoletani, che lo ha definito peggiorativo rispetto al primo, per la “presenza di alcuni passaggi ardui”. Non piace alla cordata l’obbligo di dover acquistare e ristrutturare i sette impianti di Cdr e dover individuare i siti di stoccaggio. Il primo sbarramento viene considerato troppo impegnativo sotto il profilo finanziario; il secondo, il tentativo di scaricare sulle imprese un impegno, meglio ancora una rogna, squisitamente politico.

La situazione nella quale comincia il lavoro il nuovo commissario è per sua ammissione disastrosa. ”Ci siamo dovuti occupare di problemi molto più grandi di quelli affrontati dai miei predecessori, ma la Campania non è sola, perchè l’emergenza interessa anche Lazio, Puglia, Calabria e Sicilia”.“Il programma prevede, oltre agli inceneritori, sette impianti  per allestire le ecoballe di Cdr, il combustibile ricavato dai rifiuti, localizzati a Tufino, Giugliano, Caivano, Santa Maria Capua Vetere, Battipaglia, Casalduno e Piano d’Ardine. In queste strutture il rifiuto viene trasformato in combustibile e fos (frazione organica stabilizzata), materiali utili al ripristino ambientale.

Ma la magistratura, suo malgrado, non permette a Catenacci di lavorare con serenità. Infatti per osservare alla lettera i parametri del decreto Ronchi si vede costretta ad un valzer estenuante di sequestri e dissequestri, interrogatori, acquisizioni quasi giornaliere di atti e documenti, indagini su i suoi principali collaboratori; mentre continuano gli incendi dolosi degli impianti, senza che si riescano ad identificare gli autori.

Paradigmatico del caos in cui è precipitata la situazione è rappresentata dall’impianto di Tufino, chiuso il 7 giugno scorso, riaperto il 1 agosto, sequestrato tre giorni dopo con sette informazioni di garanzia ai responsabili per incendio doloso, anche se il gip, nel confermare il blocco della struttura, derubrica l’ipotesi di incendio doloso, sembra si sia trattato di autocombustione… E’ necessario l’intervento diretto del governo ed un monito del Presidente della Repubblica per bloccare le dimissioni del commissario e dei suoi collaboratori.

Un nuovo colpo di scena, foriero di clamorosi sviluppi, risale a pochi giorni fa con la conclusione delle indagini della Procura di Napoli sulla gestione dell’emergenza rifiuti in Campania, che vede tra gli indagati nomi eccellenti, tra i quali spicca quello di Bassolino commissario straordinario all’epoca dei fatti contestati. Il presidente regionale, nell’inchiesta condotta dai pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, si è visto notificare le seguenti ipotesi di reato: abuso d’ufficio (323 c.p.), frode in pubbliche forniture (356 c.p.), truffa aggravata (640 c.p.) e violazioni ambientali, rispetto a quanto stabilito dal decreto legislativo 152 del 2006.

Bassolino è in eccellente compagnia, infatti tra i nomi degli indagati vi sono Raffaele Vanoli, ex vice commissario, i fratelli Piergiorgio e Paolo Romiti, figli di Cesare e proprietari della Impregilo, Giulio Facchi, ex sub commissario, Armando Cattaneo, amministratore delegato della Fibe, Roberto Ferraris, amministratore della Fisia, Giuseppe Sorace e Claudio De Blasio, tecnici tutt’ora operativi nel commissariato di governo, oltre ad altri imputati meno noti per un totale di 28 indagati.
Vogliamo precisare che la notifica agli interessati della conclusione delle indagini preliminari è atto prodromico alla richiesta di rinvio a giudizio, che talune volte può non avvenire, se il magistrato ritiene di archiviare l’inchiesta.

Nel frattempo la data prevista per la fine del commissariamento, col rientro nei poteri ordinari, è slittata al 31 gennaio 2007, ma se l’opinione pubblica, resa cosciente della gravità della situazione, non provoca un’inversione di tendenza, possiamo essere certi che il collasso del settore ha un luminoso futuro, come sempre a Napoli più che il problema dei rifiuti esiste il rifiuto dei problemi.
30/9/2006
  
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