L'Opinione
Viaggio nella spazzatura campana
Il presente - 3
di Achille della Ragione
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Mentre per decenni la Campania è stata, ed è tuttora, la destinazione finale delle più pericolose sostanze tossiche del Nord, pratica criminale che ha arricchito unicamente la malavita e distrutto irreparabilmente l’ambiente, siamo costretti oggi a spedire la nostra spazzatura, innocua ed in grado di produrre ricchezza, in Germania, con un carico di spese per il contribuente non indifferente, ben superiore a quanto costerebbe trattare i rifiuti in loco.
Nel frattempo le strade delle nostre città sono oberate periodicamente da montagne di rifiuti ad ogni angolo, con cumuli che a volte raggiungono i primi piani delle case, fotografate spietatamente dai corrispondenti esteri e destinate a dominare le prime pagine dei giornali stranieri, col malcelato proposito di spaventare i turisti e dirottarli verso altri lidi di proprietà delle grandi multinazionali tedesche e spagnole. Una situazione di degrado della vivibilità insostenibile, che conferma il triste primato di Napoli quale indiscussa capitale della monnezza, un poco ambito titolo di vecchia data, che si consolida sempre più e che è oramai è entrato stabilmente nel Dna dei cittadini.
Un corteo interminabile di treni diretti verso la zona industriale di Dusseldorf e verso la cittadina di Oberhausen, nella Renania settentrionale, dove il piano straordinario di smaltimento prevede l’arrivo di 100.000, forse 200.000 tonnellate di immondizia. Ogni treno trasporta 580 tonnellate di carico… ed impiega 32 ore per giungere a destinazione. Le capsule imbottite di rifiuti sembrano uova gigantesche deposte da un uccello alieno ed intasano i 21 vagoni dell’insolito convoglio. Sono attese dai termovalorizzatori teutonici, costruiti negli anni Settanta e divenuti inoperosi a seguito di una massiccia campagna di riciclaggio, che ha ridotto drasticamente il prodotto da incenerire. Languono pigri come odalische trascurate dal sultano ed hanno accolto come manna dal cielo il fiume di denaro napoletano, poco meno di 40 miliardi delle vecchie lire, elargito per gestire l’emergenza. Sono impianti in gran parte in attesa di essere dismessi, perchè divenuti inutili con la raccolta differenziata eseguita seriamente, mentre noi in Italia, con denaro pubblico a profusione, ci avviamo a costruirne più di quanti ce ne serviranno negli anni a venire.
La spazzatura è rimasta l’ultima merce che la Campania esporta… all’estero, ma non ne ricava certo ricchezza nè gloria. Nel dopoguerra partivano per la Germania gli emigranti, con le valigie di cartone legate con lo spago, carichi di disperazione e di nostalgia, di ansia di riscatto e di antica dignità. Negli anni successivi furono seguiti dai giovani laureati, che cercavano all’estero una sicura affermazione ed una maggiore soddisfazione professionale. Le mani più abili ed i cervelli più raffinati, oggi siamo in grado di esportare solamente la peggiore parte di noi stessi: la monnezza.
Una situazione paradossale che non può e non deve durare a lungo!
Necessita una presa di coscienza da parte di tutti i cittadini, che attraverso ogni mezzo debbono attivarsi per cambiare registro, adoperando principalmente l’arma del voto, una possibilità che può risultare decisiva.
La storia tribolata della spazzatura campana comincia un’eternità fa, col commissariamento della gestione dovuto all’incapacità dei politici locali di interessarsi a risolvere la questione.
Invano cercheremo in emeroteca tra le pagine dei grandi giornali le tappe di questa penosa odissea, l’unica bussola è costituita dai comunicati on line dei gruppi ambientalisti, verdi ed ultrasinistrorsi, molto motivati a condurre la battaglia contro il malgoverno, le speculazioni e, soprattutto la costruzione dei termovalorizzatori. Sono una massa enorme di materiale di diversa qualità, tra il quale è difficile districarsi per chi voglia cercare di raggiungere od avvicinarsi onestamente alla verità.
In questi ultimi anni si sono succedute, come un amaro bollettino di guerra, unicamente notizie di cronaca riguardanti le proteste per la costruzione del termovalorizzatore di Acerra, che, quando e se, sarà completato sarà il più grande d’Europa. Il blocco della circolazione automobilistica e ferroviaria tra nord e sud d’Italia, avvenuto ripetutamente, è stato il momento topico che ha imbestialito centinaia di migliaia di persone intrappolate e dato spazio ai primati negativi di Napoli sulle prime pagine dei quotidiani. A latere occupazione di edifici pubblici, dai municipi alle scuole ed uscita dal consiglio regionale di partiti politici contrari alla localizzazione dell’impianto. Ed in queste manifestazioni di furore collettivo, a fianco di pregiudicati sicuramente prezzolati, è sempre stata stranamente rispettata una sorta di par condicio, infatti in prima fila si alternavano con disinvoltura i no global e l’estrema sinistra ad esponenti di An e del mondo cattolico, con monsignori onnipresenti e preti d’assalto inneggianti a sguarciagola, in perfetta sintonia con ceffi patibolari ed esagitate matrone. Il cittadino, travolto da notizie di cronaca derivate da una visione sull’argomento dicotomica, vorrebbe onestamente saperne di più dai mass media, nessuno dei quali, né locale, né nazionale, si è mai premurato di sviluppare una inchiesta approfondita sulla pur importante querelle.
Fino ad ora ai cittadini i mass media non hanno raccontato la verità ed è stata contrabbandata come emergenza l’incapacità politica di gestire quello che in altre regioni italiane è routine quotidiana, perchè dello smaltimento dei rifiuti urbani si interessano senza problemi ed efficacemente le amministrazioni locali.
L’inefficienza degli ultimi 12 anni, durante i quali la situazione è stata retta da un commissario di nomina governativa, dimostra il malgoverno e l’inettitudine sia del centro destra che del centrosinistra, mentre una classe dirigente evanescente stava in disparte e la magistratura solo recentemente si è resa conto della gravità della situazione, intervenendo attivamente, dopo che per anni, carabinieri, polizia, corpo forestale e guardie municipali hanno permesso a migliaia di Tir, provenienti da mezza Europa, di scaricare indisturbati i loro micidiali carichi di rifiuti tossici e nucleari, “in grado di sterminare intere popolazioni”(Newsweek), di provocare “l’insorgere di malattie endemiche tremende”(Lancet oncology, Settembre 2004), creando situazioni di degrado ambientale tali da “far presagire un esodo biblico dalla Campania” (Assise di Palazzo Marigliano, 2006).
Nel 1994 il governo ritenne opportuno creare dei commissari speciali preposti alla gestione del problema rifiuti, che da tempo aveva ampiamente superato il livello di guardia. La camorra che ha sempre fatto la parte del leone nel settore, con lo smaltimento illegale protetto dalle autorità, ha continuato indisturbata, alleandosi con le consorterie politiche, vere associazioni a delinquere, che pensano unicamente a spartirsi le poltrone all’interno dei vari consigli di amministrazione dei Consorzi rifiuti, nati come funghi per soddisfare la brama di potere dei capicorrente.
Primo presidente regionale ad essere nominato fu Antonio Rastrelli di An, che previde un piano nel quale erano ipotizzati numerosi termovalorizzatori, ma in seguito, per via dell’approvazione del decreto Ronchi, vera e propria pietra milare nel tentativo di difendere l’ambiente, che mutò radicalmente parametri e riferimenti normativi, il progetto cambiò più volte e nell’ultima versione esso riteneva necessari 7 impianti di stoccaggio e due inceneritori.
La gara di appalto viene vinta dalla Fibe, un consorzio imprenditoriale capeggiato dall’Impregilo, di un certo… Cesare Romiti. Essa nello scegliere i luoghi ove sorgeranno i termovalorizzatori indica Acerra e Battipaglia, che verrà poi sostituita da Santa Maria la Fossa.
Bassolino vince le elezioni con un programma nel quale si prometteva la revoca del commissariamento straordinario e l’opposizione alla costruzione degli inceneritori, ma dopo la vittoria, diviene lui commissario e per non dispiacere gli imprenditori progressisti, così munifici e disinteressati, accetta in pieno l’idea dei termovalorizzatori.
Aggiudicatasi l’appalto, la Fibe non si premura di far cessare l’utilizzo delle discariche, oramai esaurite e trascurando completamente di incrementare la raccolta differenziata, si dedica alla costruzione degli impianti di produzione delle famigerate ecoballe.
Nel 2001 la situazione precipita quando la magistratura chiude, per grave e perdurante inquinamento delle falde acquifere, le discariche di Tufino e Parapoti, utilizzate dalle intere provincie di Napoli e Salerno. In pochi giorni la spazzatura sommerse i cassonetti giungendo ai primi piani delle case, tra un odore pestifero e miriadi di animali, dagli insetti ai ratti, che si pasciavano beati, increduli di tanta abbondanza.
La costruzione dei termovalorizzatori non decollava e di conseguenza le ecoballe dovevano essere stoccate in siti temporanei, sempre più difficili da reperire per la protesta popolare che cresceva giorno dopo giorno. Tra l’altro, mancando del tutto la raccolta differenziata, il contenuto delle ecoballe era troppo umido e tendeva ad imputridire con l’inevitabile corteo di un lezzo nauseabondo percepibile a grande distanza.
(continua)