L'Opinione
Viaggio nella spazzatura campana
Termovalorizzatori: si o no? - 7
di Achille della Ragione
Termovalorizzatore Acerra
L’incenerimento trasforma numerosi materiali ancora potenzialmente adoperabili, taluni preziosi perchè in esaurimento, in effluenti (solidi, liquidi o gassosi) assai più tossici dei rifiuti di partenza ed inutilizzabili, oltre a diffondere nelle zone limitrofe una serie di sostanze nocive alla salute, dalla diossina ai furani, che, inquinando l’ambiente: suolo e sottosuolo, acqua ed aria, colpiscono l’uomo e gli animali attraverso la catena alimentare.

Gli inceneritori tendono inoltre ad innalzare la temperatura dell’atmosfera, accentuando l’effetto serra, in stridente contrasto con le pressanti raccomandazioni del protocollo di Kyoto, al quale l’Italia ha così entusiasticamente aderito.

La costruzione dei termovalorizzatori richiede un grande investimento di capitali, a fronte del quale si creano pochi posti di lavoro e non si elimina del tutto la dipendenza dalle discariche speciali.

In molte nazioni occidentali, dopo aver realizzato un vasto programma di costruzione di inceneritori si è attivata una massiccia sensibilizzazione della popolazione verso la  raccolta differenziata, che ha prodotto in pochi anni la chiusura di molti impianti. Un caso paradigmatico è costituito dalla Germania, dove si incoraggia con tariffe molto basse l’arrivo di spazzatura dall’estero, pur di permettere l’utilizzo di termovalorizzatori, che non sono stati completamente ammortizzati e nel frattempo sono divenuti inutili.

Un termovalorizzatore funziona a pieno regime solamente se vengono bruciati tra i rifiuti grandi quantitativi di carta e di plastica, che innalzano il potere calorifico, sostanze che vengono a mancare in larga misura quando cresce il ricorso alla raccolta differenziata.
In Italia negli ultimi trenta anni abbiamo assistito ad un indecoroso aumento nella produzione di spazzatura, segno ineludibile di una società in preda ad una perversa ansia consumistica, in aperto contrasto al comportamento dei nostri partners europei ed alle indicazioni della Ue, che, già dal 1996, prevedeva che la prevenzione nella formazione dei rifiuti e la drastica riduzione delle sostanze pericolose dovessero essere degli imperativi categorici per una corretta gestione del problema nella comunità europea.

Come sono lontani i tempi in cui è ambientata la nota commedia di Eduardo De Filippo, nella quale il protagonista, la sera, con un piccolo cartoccio di pochi etti tra le mani,  scende in strada a depositare la sua quota di spazzatura.

Il programma di costruzione che viene progettato in questi mesi, in Campania, ma anche nelle altre regioni, si basa sui macroscopici quantitativi di spazzatura che oggi produciamo: 500 chili pro capite all’anno, il contenuto di 200 vasche da bagno. Una pazzia alla quale non si potrà non porre rimedio in breve tempo, pena un disastro economico ed ecologico. E quando, immancabilmente, attraverso la raccolta differenziata avremmo ridotto la quota da bruciare, gran parte dei termovalorizzatori, costati una cifra considerevole, non serviranno più e dovranno essere dismessi. Anche se  la presenza di tante bocche fameliche e voraci, ansiose di divorare rifiuti, frenerà le campagne di sensibilizzazione della popolazione.

Come funziona un termovalorizzatore

Le tecnologie dell’incerenimento sono essenzialmente tre: forni a tamburo rotante, a griglia ed a letto fluido con camera di post combustione, mentre il funzionamento di un termovalorizzatore può essere suddiviso in 7 fasi fondamentali:

1- Arrivo dei rifiuti – In genere vengono adoperati rifiuti già sottoposti ad una selezione preliminare, ma può essere utilizzata anche la spazzatura tal quale.
2- Combustione – Nel forno alcune griglie mobili facilitano la mobilità dei rifiuti, mentre una corrente d’aria forzata fornisce l’ossigeno necessario per raggiungere temperature elevate.
3- Produzione del vapore – Il calore porta a vaporizzare l’acqua posta  a valle nella caldaia.
4- Produzione di elettricità – Il vapore mette in moto una turbina che trasforma l’energia termica in energia elettrica.
5- Recupero delle scorie – Le componenti che residuano alla combustione(10% del volume iniziale e 30% del peso) vengono raccolte a valle dell’ultima griglia,  raffreddate in acqua e smaltite nella discarica.
6- Trattamento dei fumi – I fumi ad alta temperatura passano in un complesso sistema di filtraggio per ridurre gli agenti inquinanti più pericolosi, quindi vengono liberati nell’atmosfera.
7- Smaltimento delle polveri fini – Le ceneri che residuano dalla combustione non sono pericolose, mentre le polveri fini(il4% del peso iniziale) sono da considerare molto tossiche e necessitano di speciali discariche.

Conclusioni

Alcune considerazioni finali sono necessarie sulla difficile problematica: se adottare o meno i termovalorizzatori in Italia, dove la ricerca differenziata non accenna a decollare.
Bisognerà sempre localizzare gli impianti lontano dai centri abitati, anche se la scelta è molto difficile  per l’altissima densità abitativa presente su quasi tutto il territorio nazionale. Non si può altresì dimenticare che numerosi e qualificati studi internazionali hanno dimostrato che i fumi delle ciminiere ricadono fino a trenta chilometri di distanza ed Acerra, dove è in fase di ultimazione l’impianto più grande d’Europa, è ad appena 15 chilometri dal centro di Napoli.
Dimensionare i progetti tenendo conto delle reali necessità delle zone tributarie, avendo ben presente che, se una campagna di raccolta differenziata e riciclaggio avesse successo, la quantità di spazzatura da avviare all’incenerimento si ridurrebbe notevolmente, rendendo inutili impianti costati cifre iperboliche, che diverrebbero di colpo un problema di dismissione.
Permettere il funzionamento soltanto ad impianti con tecnologie ultra moderne, quali la pirolisi e la gassificazione, per ridurre l’impatto negativo sulla salute dei cittadini.

Pro e contro

In favore e contro la costruzione dei termovalorizzatori si sono schierate da tempo, anche a livello internazionale, due fazioni contrastanti con pareri diametralmente opposti. Riportiamo le idee base dei due schieramenti per facilitare il lettore che voglia farsi una sua idea personale.

I termovalorizzatori producono calore ed energia a basso costo

L’energia elettrica prodotta gode di cospicui stanziamenti pubblici da parte dello Stato, altrimenti non sarebbe conveniente, in contrasto a quanto previsto dalle normative europee, motivo per il quale l’Italia è stata oggetto di una procedura di infrazione da parte della Ue. Bruciare i rifiuti è un’operazione assai costosa, tenuta in piedi artificiosamente dal flusso di denaro pubblico che la finanzia. In Lombardia, ad esempio, la provincia di Brescia, dotata di un termovalorizzatore, ha il costo pro capite più alto per lo smaltimento dell’immondizia.

I cittadini debbono addossarsi l’onere dello smaltimento dei rifiuti accettando l’idea di bruciarli, che è la cosa più pratica e meno costosa e non comporta un inquinamento superiore ad una qualsiasi fabbrica e debbono rinunciare al proposito di trasferirli lontano, una sindrome ben conosciuta nella letteratura anglo sassone, che ha coniato l’acronimo Nimby(not in my back yard), cioè si ma non nel mio giardino.

Con gli inceneritori i rifiuti invece di essere posti in una discarica tradizionale vengono immessi nell’atmosfera sotto forma di gas ed inoltre residuano dalla combustione una cospicua quantità di ceneri che debbono essere smaltite con molta cautela.

I termovalorizzatori moderni non rappresentano un pericolo per la salute di chi vive vicino agli impianti, come dimostra l’esperienza all’estero di grandi e civilissime città come Vienna, dove sono stati costruiti in pieno centro abitato.

Purtroppo la letteratura medica a riguardo è di parere contrario, in attesa di dati sempre più precisi ed aggiornati. Un impianto tecnologicamente avanzato libera nell’atmosfera circa 250 diverse sostanze potenzialmente pericolose e di queste soltanto una ventina sono studiate e monitorabili; a parte le ceneri che sono molto più pericolose dei rifiuti di partenza e pongono il problema del loro smaltimento. Alcune sostanze prodotte, anche se in quantità modeste, dalla combustione dei rifiuti, come la diossina, destano elevata preoccupazione, perché l’organismo non è in grado di metabolizzarla, per cui nel tempo può accumularsi nei tessuti in concentrazioni nocive, dando luogo a svariate patologie, insidiosissime ed ancora poco note alla scienza.

Bruciare la spazzatura è la soluzione più economica.

Gli impianti hanno un costo elevatissimo e per essere ammortizzati richiedono di essere utilizzati a pieno regime per almeno venti anni, inoltre una volta costruiti rendono controproducente la prospettiva del riciclaggio, perchè carta e plastica costituiscono il 70% del potere calorifico.

Lo Stato, le regioni ed i comuni si stanno attivando per sensibilizzare la popolazione alla serietà del problema, allo scopo di diminuire i rifiuti e di conseguenza gli impianti di incenerimento.

Attualmente gran parte della spesa pubblica è assegnata alla costruzione degli impianti, che richiedono grossi investimenti,  pochissime risorse sono destinate ad incrementare il riciclaggio e quasi niente si spende per la ricerca medica e scientifica.

Il monitoraggio delle sostanze nocive eseguito all’uscita dei camini di emissione non segnala sostanze tossiche al di fuori dei parametri previsti dalla legge.

Le apparecchiature non riescono a percepire la presenza di sostanze pericolose nei gas di scarico perché esse sono diluite in enormi quantità, ma rivelazioni fatte a poca distanza, nel raggio di alcuni chilometri, segnalano sostanze tossiche che nel tempo si accumulano. Va altresì considerato che le normative vigenti sono tarate sulla possibilità di purificazione dei filtri attualmente in commercio e non sulle raccomandazioni della comunità medica internazionale.

Gli ambientalisti enfatizzano il rischio di inquinamento nelle zone limitrofe ai termovalorizzatori.

I comitati ecologici ritengono opportuna una funzione di supplenza nei riguardi dello Stato e dei mass media, che non operano una  sufficiente informazione sulla delicata problematica, attorno alla quale gravitano fiumi di denaro e gli interessi della criminalità organizzata, che nelle regioni meridionali ha sempre gestito la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.

Studiosi autorevoli in Italia ed all’estero ritengono che l’installazione dei termovalorizzatori non comporta alcun rischio per la salute dei cittadini e che tali impianti rispondono pienamente alle norme di sicurezza europee.

Gli scienziati favorevoli all’innocuità degli inceneritori traggono cospicui vantaggi economici e di prestigio perché possono far parte dei consigli di amministrazione delle industrie e delle istituzioni, che controllano il colossale business dell’ambiente, mentre tutti coloro che sono di parere contrario faticano a farsi strada nella carriera universitaria e difficilmente hanno accesso agli organi di informazione.

Le popolazioni limitrofe possono in qualsiasi momento controllare la situazione dell’inquinamento e se dovesse essere necessario possono far fermare i termovalorizzatori.

I controlli periodici sull’emissione delle sostanze tossiche sono a carico delle istutuzioni, di cui è nota negligenza ed approssimazione. Inoltre esse non sono tenute a rendere pubblici i risultati delle analisi e non esiste alcuno strumento giuridico in grado di fermare un impianto, ad eccezione dell’ordinanza di un magistrato. Nello stesso tempo fermare un inceneritore anche per pochi giorni rappresenta un cospicuo danno economico.

17/10/2006
  
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