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Cronaca
Un morso alla Grande Mela
20 - Estate
di Angela Vitaliano
L’estate negli Stati Uniti ha un inizio e una fine che non coincidono assolutamente con quello delle stagioni. L’ultimo lunedì di maggio, infatti, Memorial Day, le spiagge aprono ufficialmente i battenti, i bagnini prendono posto e i venditori di ghiaccio colorato (nessuno scherzo, proprio ghiaccio con sopra il colore che ci vuoi tu, per una lingua arcobaleno da film dell’orrore) si moltiplicano piu’ rapidamente degli ombrelloni e dei bambini urlanti.

Facesse anche freddo, come quest’anno, famigliole attrezzate di sedie, asciugamani e cesti da picnic di proporzioni gigantesche, si avventurano in spiaggia per celebrare il ritorno dell’estate. Magari indossando sciarpa e cappello, ma cosa importa. L’estate poi finisce, ci fossero anche 40 gradi, nel giorno del Labor Day, cioe’ il primo lunedì di settembre, l’ultimo con le scuole chiuse. La strategia poi e’ quella di avere sempre una festa di lunedi’ cosi da regalarsi un weekend lungo e permettersi, appunto, quelle gite “fuori porta” che sanno tanto di casa (per noi “emigranti”). Se poi in Italia c’e’ “l’estate di San Martino” qui c’e’ quella “indiana” che arriva fra la fine di ottobre e la prima meta’ di novembre.

E devo dire che e’ meraviglioso essere a New York in quel periodo. In effetti, e’ molto bello essere a New York durante tutto l’anno ma, quando ci abiti, come ho la fortuna di fare io, ti puoi anche permettere il lusso di avere i periodi preferiti. Quando vivevo in Italia, niente dubbi che fosse l’estate. Io sono proprio una persona “estiva”, come un secchiello con palette e formine… lo puoi usare anche in inverno nel parco ma e’ nato per l’estate. A New York l’estate, onestamente, e’ meno bella: molto umida (e quindi un po’ soffocante) con annesse piogge anche sotto forma di piccoli tornado (l’anno scorso hanno portato via un bel po’ di tetti, al Nord, nel Bronx). Chi puo’ si trasferisce agli Hamptons, a Fire Islands o nel Connecticut (per il fresco) ma chi non puo’ resta a boccheggiare in citta’. Cioe’ no. Il problema e’ proprio quello. Poiche’ gli americani sembrano avere una repulsione insopprimibile per il caldo e il freddo, cosi che fanno di tutto per invertire le stagioni: in estate, tocca andare in giro con la giacca e la sciarpa; in inverno, con le mezze maniche sotto al cappotto. Le prime volte che, con maglietta a mezze maniche, sono salita su un autobus, ho rischiato un principio di congelamento. Per non parlare della polmonite che rischio ogni volta che aspetto l’ascensore nel mio palazzo.

I supermercati poi sono sicuramente in accordo con le assicurazioni sanitarie perche’ sono distributori gratuiti (ed efficienti) di influenza mentre al cinema, se decido di andarci con la gonna, porto sempre una borsa grande per infilarci una piccola copertina. I miei amici mi considerano pazza. Non solo, ovviamente, per quegli accenni di stranezza che mi caratterizzano ma, soprattutto, perche’ mi rifiuto, categoricamente, di installare l’aria condizionata in casa. A volte, trattandosi di un piccolo studio, senza alcuna corrente d’aria (le finestre sono da un solo lato) fa effettivamente caldo, ma il ventilatore e il deumidificatore fanno cio’ che devono. Inutile dire che nessuno accetta i miei inviti a cena fino a settembre quando le previsioni cominciano a preannunciare qualche giorno piu’ fresco. Va detto, pero’, che quando io vado a casa dei miei amici in estate, porto sempre un bel cardigan e ignoro i loro sguardi perplessi, sperando che il Giorno del Ringraziamento arrivi in fretta.
21/6/2010
  
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