Cronaca
Decreto trasparenza? Non basta
di Fabrizio Cattaneo
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Quel che i politici dicono, si sa, non sempre è verità.
Il ministro Bersani, in odio ad alcune classi di lavoratori, ha chiamato il suo provvedimento “decreto sulle liberalizzazioni”. Ovviamente le liberalizzazioni non per gli elettori suoi e di Prodi, banche e assicurazioni, ma dei suoi presunti non elettori avvocati, professionisti e tassisti.
La liberalizzazione dell’attività degli avvocati ha riguardato infatti solo ed esclusivamente il professionista e non la committenza, escludendo così quei soggetti dove abitualmente risiede il marcio delle lobby e non solo.
Il
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, con la delibera del 5 dicembre 2006, ha testualmente affermato:”Le attività di consulenza non sembrano sempre rispondere ai principi di trasparenza che gli enti sono tenuti a rispettare”.
Insomma quando è un ente pubblico a conferire l’incarico, perché rivolgersi sempre allo stesso studio legale?
E’ vero che l’Ente ritiene di dover applicare un criterio di professionalità e competenza nella scelta del professionista, ma possibile che per l’ASIA o per alcune aziende sanitarie le competenze le abbia un solo studio legale al quale nel corso dell’anno vengono liquidate parcelle miliardarie?.
Il consiglio dell’Ordine per ovvi motivi di discrezione e diplomazia si ferma ad una esortazione concludendo con l’invito alla trasparenza ed alla rotazione degli incarichi, ma naturalmente in una città come Napoli, avvolta dalla cappa Bassoliniana il problema non è così semplice.
A Napoli infatti non esiste la grande e complessa committenza che si trova nel resto dell’Italia, bensì una committenza minore fatta di piccoli incidenti d’auto, separazioni, cause condominiali e piccoli debiti o crediti, che è libera di rivolgersi a chi vuole, generalmente ottimi avvocati, con studi di modeste dimensioni, che vivacchiano bene e sopravvivono contando su modeste spese di studio, bassi compensi ai collaboratori, rapporti di amicizia con il cliente ed un notevole lavoro del professionista che come un abile artigiano confeziona la causa a misura dell’amico-cliente dilazionandogli il pagamento del compenso.
Esiste poi la committenza pubblica, che si rivolge sempre agli stessi studi legali, e qui la situazione è sempre meno trasparente ed è fatta di frequentazioni fra avvocati ed assessori, politici, dirigenti delle società partecipate miste o beneficate da contributi regionali, frequentazioni assidue, amicali, quasi complicità.
Abitualmente questa committenza elargisce compensi altissimi e gli studi legali beneficati sono notevolmente di lusso con personale adeguato e di apparenza, le alte spese giustificano i compensi adeguati ed ovviamente non c’è margine di evasione. Tutto perfetto: delibera, mandato di pagamento e bonifico salvo poi, andando a spulciare le spese di studio, a trovare regali ed elargizioni, biglietti aerei e viaggi ad amici e conoscenti.
In tutto ciò ovviamente non c’è né marcio né reato ma, in presenza di un albo degli avvocati con circa 10.000 iscritti di cui oltre il 60% formato da giovani di meno di 35 anni, una liberalizzazione vera ed effettiva degli incarichi consentirebbe una maggior trasparenza e sicuramente si vedrebbe la Pubblica Amministrazione con minor sospetto, facendo recuperare un senso di fiducia nelle Istituzioni Campane che oggi come oggi ha toccato il fondo.
Ovviamente non è solo la committenza pubblica a dover essere esortata alla trasparenza, vi sono anche gli incarichi giudiziari ad essere malati.
Ma questa è un’altra storia.