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1962: il bis del Brasile senza Pelè
La storia dei Mondiali di calcio – 14
di Mimmo Carratelli
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Alla finale del Mondiale 1962 in Cile, il Brasile arrivò superando il Messico (2-0) e la Spagna (2-1), pareggiando con la Cecoslovacchia (0-0), che ritrovò nella finale, battendo l’Inghilterra (3-1) e il Cile (4-2).
Venne meno Pelè dopo le prime due partite (un gol al Messico). Si arrese per uno stiramento all’inguine. Fece faville il suo sostituto Amarildo, il “garoto” del Botafogo. Incontenibile risultò “Manè” Garrincha che coi suoi dribbling distrusse la resistenza del terzino inglese Wilson. Ma non fu il Brasile sfavillante del 1958 in Svezia. In Cile schierò nove campioni del mondo di quattro anni prima, una squadra vecchia e acciaccata e fece un gioco lento e prevedibile.
Il Brasile si salvò nella partita contro la Spagna. Le “furie rosse”, dopo essere andate in vantaggio, si videro annullare dall’arbitro cileno Bustamante il regolarissimo gol del raddoppio. Due reti di Amarildo assicurarono al Brasile il sorpasso e un successo sofferto (2-1).
Nella semifinale contro il Cile, anche i brasiliani subirono la proditoria aggressione dei padroni di casa. Ma l’arbitro peruviano Yamasaki si decise ad espellere l’ossesso Landa che già aveva picchiata Ferrini e colpito con un calcio alla testa il portiere russo Jascin. Yamasaki espulse anche Garrincha che, stufo d’essere preso a calci dal cileno Rojas, reagì e fu squalificato per la finale. Uscendo dal campo, Garrincha si prese anche un sasso in testa, quattro punti di sutura.
Sulla squalifica di “Manè” intervenne il governo brasiliano e la Cecoslovacchia, con grande fair-play, chiese ufficialmente che fosse consentito a Garrincha di giocare la finale proprio contro i ceki.
Allo Estadio Nacional, il giorno dell’ultimo match, ci furono 60.068 spettatori, sedicimila in meno della semifinale fra Brasile e Cile. La Cecoslovacchia andò all’attacco sorprendendo i brasiliani in affanno. Segnò Masopust al quarto d’ora. Garrincha, febbricitante, venne chiuso dalla doppia marcatura di Novak e Jelenik.
Fu Amarildo a guidare la riscossa verdeoro. Colse il pareggio due minuti dopo il vantaggio ceko. Il portiere Schrojf, protagonista dei precedenti incontri che gli erano valsi la definizione di “angelo invulnerabile”, incappò in una serie di papere. Il tiro del pareggio di Amarildo, scoccato dal fondo del campo, era facile da prendere, ma Schrojf si lasciò ingannare dalla traiettoria.
Nella ripresa, la Cecoslovacchia attese il calo atletico del Brasile per colpire ancora, ma il suo portiere la condannò alla sconfitta. Uscì a vuoto su un cross di Amarildo e Zito di testa segnò il 2-1. Poi Schrojf tentò una plateale parata su un cross di Djalma Santos, il pallone gli sfuggì e Vavà siglò il 3-1 conclusivo. Brasile bicampione del mondo, due titoli consecutivi come l’Italia degli anni Trenta.
Il commissario tecnico boemo dichiarò negli spogliatoi: “Mi avessero detto che avrei perduto a causa di tre errori del mio uomo migliore, non ci avrei creduto”. In un angolo, il portiere Schrojf singhiozzava, avvilito.
Il Brasile schierò in finale Gilmar; Djalma Santos, Nilton Santos; Zito, Mauro, Zozimo; Garrincha, Didi, Vavà, Amarildo, Zagalo. Rispetto al 1958, tre soli uomini nuovi: Mauro, Zozimo e Amarildo.
Furono sei i capicannonieri del torneo con 4 gol: Albert (Ungheria), Vavà e Garrincha (Brasile), Ivanov (Urss), Jerkovic (Jugoslavia), Sanchez (Cile).