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1930: Uruguay primo campione
La storia dei Mondiali di calcio - 2
di Mimmo Carratelli
Fu all’ora di Montevideo delle 14,19 del 13 luglio 1930, domenica, che Lucien Laurent si avventò sul pallone e lo scagliò con un potente tiro di destro al volo nell’angolino alto dove il portiere messicano Cesar Bonfiglio non arrivò. E’ stato il primo gol della storia dei Mondiali, e lo segnò un francese.

Era inverno in Uruguay e nevicava allo stadio “Pocitos” dove scesero in campo Francia e Messico per cominciare quel primo campionato del mondo. Fu la partita che registrò anche il primo infortunio dei Mondiali quando, dopo dieci minuti di gioco, l’ardente messicano Majìa colpì il portiere francese Alexis Thépot, famoso per i suoi maglioni bianchi a girocollo, e gli fratturò una mascella con un calcio proditorio. Non erano ammesse sostituzioni a quei tempi e la Francia giocò in dieci.

Il mediano “Tintìn” Chantrel, l’intellettuale della squadra, si schierò in porta. Egli aveva anche il compito di trasmettere ai giornali francesi le notizie del Mondiale perché nessun giornalista parigino aveva seguito la nazionale. E proprio da Chantrel cominciò l’azione del primo gol mondiale. Con un lungo rinvio lanciò sulla sinistra il compagno Laguiller che aveva uno scatto veloce. Laguiller partì come una freccia e crossò nell’area messicana dove Lucien Laurent colpì al volo il pallone e segnò. Alla fine, la Francia battè il Messico 4-1. Lucien Laurent aveva 23 anni e, in Francia, montava sospensioni negli stabilimenti della Peugeot per 800 franchi al mese. Al calcio giocava da mezz’ala sinistra.

Il 13 luglio si giocarono due partite contemporaneamente: Francia-Messico allo stadio “Pocitos” davanti a 500 spettatori e Belgio-Stati Uniti al “Parque Central” con 4mila spettatori.

La finale di quel primo Mondiale fu un evento memorabile, giocata sotto un sole accecante nello Stadio del Centenario di Montevideo con stipatissimi 80mila spettatori e 400 giornalisti. L’aspra rivalità tra le due finaliste, Uruguay e Argentina, mobilitò un massiccio servizio d’ordine. I giornali uruguayani titolarono alla vigilia: “Che nemmeno un revolver argentino attraversi il confine”. Il centravanti uruguayano Peregrino Anselmo si rifiutò di giocare la finale..

Ventimila tifosi argentini attraversarono il Rio de la Plata su cento piroscafi e sbarcarono a Montevideo. Furono sequestrati coltelli, pistole e petardi. Per arbitrare la finale, il belga Langenus pretese un’assicurazione sulla vita e una scorta di 200 poliziotti.

L’Argentina giocò all’attacco con scarsa attenzione alla difesa. L’Uruguay giocò più raccolto nella sua metà campo per colpire in contropiede. L’eroe della partita fu l’uruguayano José Nasazzi, figlio di emigrati lombardi, detto “el caudillo” per le sue doti di comando. Giocò al limite delle sue forze sostenendo la squadra quando l’Argentina passò in vantaggio 2-1, trascinata da Guillermo Stabile, detto “el filtrador” per la sua capacità di penetrare in area, bomber del torneo con 8 reti.

La grinta di Nasazzi condusse alla rimonta l’Uruguay. Pedro Cea, detto “el peòn”, il lavoratore, era uno sgobbone in campo. Segnò il 2-2. Santos Iriarte segnò il 3-2. Ed Hector Castro, detto “el monco” perché era privo della mano destra, segnò il 4-2.

Così l’Uruguay vinse il primo Mondiale e custodì la Coppa Rimet che sarebbe stata assegnata definitivamente alla nazionale che avesse vinto tre Mondiali. Nell’Argentina giocò Luisito Monti, centromediano dal gran tiro, lottatore inesauribile, che si trasferì nella Juventus cinque volte campione d’Italia nel ’32, ’33, ’34. e ’35 e giocò nella nazionale italiana campione del mondo nel 1934. Era nato a Buenos Aires da genitori italiani.

In semifinale, l’Uruguay aveva liquidato la Jugoslavia 6-1 e, con lo stesso punteggio, l’Argentina aveva eliminato gli Stati Uniti. Il Brasile fu eliminato dopo le prime due partite, battuto dalla Jugoslavia (1-2) e inutilmente vittorioso sulla Bolivia (4-0).

Il centromediano uruguayano Josè Leandro Andrade, definito la “maravilla negra” per la sua agilità ed eleganza, fu uno degli idoli di quel primo Mondiale. Nella nazionale celeste, la mezz’ala Hector Scarone era di origini lucchesi, abile nel segnare direttamente dalla bandierina del corner e su punizione, soprannominato per i suoi capricci “la Borelli”, il nome della famosa artista cinematografica italiana passata alla storia per le sue bizze.
3/3/2006
  
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