Torna alla ricerca
La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 118
di Mimmo Carratelli
|
Text Size |
|
Non sei in condizione di giocare, Diego. Sei confuso, disperato. Un giorno dici di voler giocare col Boca, un altro di volere smettere, un altro ancora di volere lasciare l’Argentina. In quale angolo buio è finito l’incantatore degli stadi, il caro ragazzo dal sorriso e il dribbling irresistibili? Perché ti stai perdendo, Diego, senza rimedio?
Giungono notizie sempre più amare nella città che ha vissuto le tue magie e ti ama. Mauricio Macri, il presidente del Boca, non ha pietà: “Maradona a volte controlla il suo problema, a volte il problema prende il sopravvento, può avere un incidente fatale in campo mentre gioca con la maglia del Boca”.
La tua replica è immediata e spavalda: “Macri ha parlato a vanvera”. Ti nascondi, ti difendi. Sei solo contro tutti, Diego, ma il tuo problema è diventato pesante. Il settimanale argentino “Noticias” pubblica ogni giorno una rivelazione, le notizie rimbalzano sui giornali italiani.
A fine settembre 1996, “Noticias” pubblica la clamorosa diagnosi di un gruppo di medici della clinica “Fleni” di Buenos Aires. E’ una sentenza che ci fa tremare il cuore. “L’uso di cocaina ha causato nel cervello di Maradona danni irreversibili progressivi. I neuroni del lobo frontale risultano appiattiti”. Il settimanale rivela che si tratta della clinica dove sei stato ripetutamente ricoverato.
“Mi hanno assicurato che possono curarmi all’ottanta per cento, il resto ce lo metto io” è quello che dici. Nessuno può immaginare come e quanto stai lottando. E’ più facile condannarti e deriderti. “Noticias” non ti molla, i medici della clinica “Fleni” parlano, parlano.
“La dipendenza dalla cocaina viene convenzionalmente misurata in quattro stadi, il calciatore si troverebbe al terzo, cioè in una situazione caratterizzata da continua eccitazione, loquacità eccessiva, iperattività muscolare, arduo controllo dell’aggressività”. “Noticias” ricorda il tuo giorno disperato nella suite 1601 dell’Hotel Panamericano a Buenos Aires. Era il 26 marzo 1995 quando entrasti in coma per uso di cocaina.
Come puoi salvarti, Dieguito? Il medico del Boca Juniors, Homero De Agostino, placa gli allarmi: “Non ho mai chiesto a Diego di sottoporsi ad esami particolari, come la risonanza nucleare magnetica, perché non mi è mai parso che esistessero ragioni per farlo. I danni al lobo frontale, di cui tanto si parla, possono provocare disturbi alla personalità, ma non mettono in pericolo la vita di Maradona perché sono estranei alle funzioni vitali”.
A Roma, il professore Dal Monte, che ti mise in gran forma per i Mondiali del 1990 in Italia, dice: “Non è vero che la cocaina non fa male. E’ micidiale al pari dell’eroina e della morfina. Ma sono indignato per il fatto che i sanitari argentini hanno divulgato una diagnosi che, se confermata, significa la fine del grande campione, non solo come atleta ma come uomo. Prima di emettere sentenze, avrebbero dovuto effettuare tutte le analisi necessarie, ma lo hanno fatto?”.
E’ un giorno felice quando appari nel palco della “Bombonera” con Claudia, Dalma e Gianinna per il derby fra il Boca Juniors e il River Plate, la partita che avresti voluto giocare sempre. E’ un festival di gol, il Boca vince 3-2, i tifosi ti invocano perché sei sempre nel cuore dei più semplici e degli innamorati delle tue giocate indimenticabili e i giocatori del Boca, dal campo, ti dedicano i gol che mettono a segno. Nel palco, indossi la maglietta gialloblu della squadra del tuo sentimento e, alla fine del match, te la togli per la gioia della vittoria come se avessi giocato. E la voglia di giocare torna prepotente.
Hai sempre un’idea nuova. Sono i tuoi tentativi per scappare dalla droga. Vuoi andare a giocare in Spagna nel Rayo Vallecano in cui ha giocato tuo fratello Hugo. La notizia viene pubblicata dai giornali e i tifosi spagnoli si rivoltano. Non ti hanno mai voluto bene, in Spagna. In una partita dei Rayo contro il Celta Vigo, allo stadio appare uno striscione crudele che dice: “Non vogliamo drogati, no a Maradona”. Nessuno ti tende una mano.
Programmi un viaggio a Madrid e ad Amsterdam per un trattamento contro la droga e per l’ennesimo recupero fisico. I giornali argentini sono impietosi: “Maradona va a Madrid dal medico Guillermo Llaich che in passato gli ha fatto perdere quattro chili, ma è un medico chiacchierato, specialista nel dopare senza il rischio dell’antidoping”.
Sparano sempre a zero. Rinunci al viaggio e lo annunci dal canale televisivo “America 2” perché, come dici sempre, vuoi metterci la faccia. “Non vado più a Madrid perché me lo hanno chiesto le mie figlie. In Argentina non giocherò più”.