L'Opinione
Viaggio nella spazzatura campana
Il passato - 1
di Achille della Ragione
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La spazzatura è il segno tangibile e spesso maleodorante dell’esito frenetico di una civiltà consumistica destinata a divorarsi ed a distruggersi. La Campania è la capitale dei rifiuti ed il ricettacolo di tutte le sostanze tossiche e di tutti gli scarti della produzione della nazione.
Negli ultimi decenni ne sono stati scaricati in quantità vertiginosa, responsabili, non solo la malavita organizzata e la classe politica collusa, ma tutti noi che non abbiamo saputo controllare questo flusso impetuoso, che ha degradato in maniera irrimediabile l’ambiente ed ha compromesso il futuro dei nostri figli, che dovranno scappare o convivere con sostanze velenose di ogni genere, inclusi gli scarti delle centrali nucleari.
Secondo le stime per difetto delle associazioni ambientaliste, se i rifiuti accumulati negli ultimi anni fossero riuniti a formare una montagna con una base di ben 30.000 metri quadrati, l’Everest con i suoi scarsi 9.000 metri impallidirebbe, perché questa montagnia mostruosa supererebbe i 15.000 metri di altitudine, una massa spaventosa ed inimmaginabile sparpagliata nelle nostre campagne e nelle degradate periferie delle nostre sfortunate città.
La maggior parte di questa schifezza si trova concentrata in poco più di trecento chilometri quadrati di estensione tra il casertano ed il perimetro urbano napoletano. I comuni più colpiti che gridano vendetta, oramai unicamente al cospetto di Dio, perché hanno perso ogni speranza nella giustizia degli uomini sono: Acerra, Casal di Principe, Castelvolturno, Cancello Arnone, Giuliano, Grazzanise, Marigliano, Nola, Qualiano, Santa Maria la Fossa e Villaricca.
Questo sporco business ha fruttato alla camorra ed alle ditte interessate in pochi anni circa 50 miliardi di euro, con un incremento annuo del 30%.
Tre clan sono responsabili dei traffici illeciti ed agiscono, almeno negli ultimi tempi, senza intralciarsi vicendevolmente.
I rifiuti creano colline artificiali o vengono stipati nella numerose cave abbandonate, che dopo aver sfregiato per decenni il solenne profilo delle montagne, vengono utilizzate per ospitare spazzatura compressa fino all’inverosimile. Alcune di queste cave contengono una quantità di rifiuti paragonabile al carico di 30.000 Tir, per intenderci una fila di autocarri senza soluzione di continuità da Napoli a Milano.
E quando le discariche sono colme ed andrebbero chiuse, ci pensano dei provvidenziali incendi appiccati da sconosciuti… a ridurre la massa ed a fare spazio a qualche altro migliaio di carichi. Sono incendi spaventosi, alti decine di metri e che durano ininterrottamente per giorni e notti, vomitando nell’aria una quantità impressionante di sostanze tossiche, tra cui la micidiale diossina, che si vanno poi a depositare al suolo, trasformando antiche terre, tra le più fertili d’Europa, in lande desolate.
Gli agricoltori non potendo proseguire il loro lavoro cedono volentieri a prezzi stracciati le loro proprietà alla malavita, la quale può così aprire nuove discariche e l’infernale processo continua così con rinnovata lena.
La zona delimitata dalle cittadine di Giugliano, Qualiano e Villaricca contiene 40 discariche, delle quali 30 con rifiuti estremamente tossici, che vengono continuamente incendiate da bande specializzate, a tal punto che la contrada è tristemente conosciuta come la terra dei fuochi e non vi è notte che non sia illuminata dal sinistro bagliore delle fiamme, che si sprigionano, attizzate dall’alcol e dalla benzina, come una micidiale bomba al napalm.
Scomparsa l’agricoltura sono comparse le malattie genetiche, le affezioni respiratorie, i tumori: una falcidia spaventosa ben più ampia di quella già tragica segnalata dalle Asl locali, che non tengono conto dei pazienti, numerosissimi, che preferiscono rivolgersi agli ospedali del nord.
Ed anche nel bestiame vi è stata una strage silenziosa ed una serie di malformazioni allucinanti. Per sincerarsene è inutile leggere le catastrofiche relazioni dei veterinari comunali, basta osservate un gregge e notare che più di una pecora presenta due teste.
Se percorriamo queste lande desolate possiamo identificare con l’ausilio semplicemente dei sensi il tipo di sostanza velenosa depositato.
A Villaricca da tempo è sorta una cospicua collinetta dall’odore rancido e nauseabondo, ma se tira molto vento, essa si divide in piccoli cloni pronti a ricostituirsi nuovamente. Avvicinandosi il puzzo diviene intollerabile e la sorpresa sbalorditiva: la nuova altura è infatti costituita da un’enormità di carte adoperate per pulire le mammelle delle vacche del regno di Bossi. Centinaia di allevamenti intensivi nei quali per anni vi è stata un’epidemia di mastite, per cui dai capezzoli, tra una mungitura e l’altra, fuoriusciva pus e latte, pus e sangue, oltre naturalmente a miliardi di batteri che trovavano nei fazzolettini un pabulum ideale per prolificare, producendo il classico odore putrefattivo della cangrena.
Tra Villa Literno e Castelvolturno, località con ambizioni turistiche, l’odore acido e penetrante dell’inchiostro toglie il fiato, soprattutto dopo un acquazzone, quando l’acqua evapora, carica di veleni micidiali di cui è infarcito il terreno, dopo che per anni è stato utilizzato come sversatoio a cielo aperto del toner di tutte le stampanti e fotocopiatrici del laborioso ed alacre nord, le cui industrie, quando devono liberarsi di rifiuti speciali, il cui smaltimento è particolarmente oneroso, trovano più semplice ed ecologico… incaricare quelle solerti ditte casertane con sede a Roma o all’estero che, per un tozzo di pane e con una fattura falsa gonfiata (tanto falliscono e si ricostituiscono periodicamente con insospettabili prestanomi) si incaricano di smaltieri i residui di produzione.
La terrificante conferma è venuta dalla recente operazione ”Madre Terra” coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. Questo puzzo così patognomonico è provocato dal cromo esavalente, un veleno che se respirato si fissa all’emoglobina dei globuli rossi, producendo difficoltà respiratoria e colpisce cute, polmoni, reni, dando luogo ad un repentino aumento di incidenza del cancro.
L’aumentata radiottivita di molti terreni richiede viceversa l’ausilio di un contatore geiger, che a volte sembra letteralmente impazzire, segno inequivocabile che in numerose discariche, tra buste di plastica e cartoni o innocenti rifiuti organici, sono state occultate scorie nucleari, provenienti dall’estero. Un allarme rosso, tenendo conto che metà del prezzo dell’energia prodotta da una centrale nucleare è imputabile al corretto stoccaggio dei rifiuti della fissione, ma se di questo problemuccio si fa carico qualche solerte società, napoletanissima, con sede in una capitale dell’Est, il guadagno è ingentissimo.
Ma ritorniamo alla semplice vista, basta uno sguardo per verificare che le campagne intorno Santa Maria Capua Vetere sono divenute la memoria storica dei nostri antenati.
Ben prima che i Nas di Caserta lo ufficializzassero, ci voleva attenzione per non inciampare in un femore, o addirittura contro un teschio.
I cimiteri del Nord, periodicamente, attraverso l’esumazione liberano i terreni dall’ingombro di scheletri oramai dimenticati da anni, senza parenti che possano reclamare, per creare nuove zone di sepoltura, per una clientela che non conosce crisi.
Il materiale andrebbe smaltito, incluse le bare infradiciate ed i lumini, attraverso costose ditte specializzate, ma anche in questo caso come rifiutare l’offerta di quei signori così eleganti ed educati, che assicurano lo samaltimento con rapidità ed efficienza ad un prezzo stracciato.
Ben prima della scoperta delle autorità tanti cittadini, indignati e timorati, si facevano il segno della croce, quando passavano accanto a questi terreni divenuti un gigantesco cimitero.
Se vogliamo entrare in contatto fisico con montagne di monnezza leghista, basta recarsi a Trentola Ducenta, dove grazie alle indagini del pm Donato Ceglie della Procura di Santa Maria Capua Vetere, si è scoperto che, in soli quaranta giorni, dalla Lombardia sono giunte 7000 tonnellate di rifiuti, molti dei quali estremamente pericolosi.
Per respirare l’aria mefitica delle pattumiere della città di Milano è sufficiente spostarsi a Grazzanise, dove per decenni è stata raccolta la metà della terra di spazzamento della città meneghima, mentre l’altra metà, a prezzi ben più alti, prendeva la via della Germania.
Ed infine una storiella ai limiti dell’incredibile raccontata da Roberto Saviano in Gomorra, miniera di notizie rese in forma di romanzo.
Un contadino stava arando il suo terreno quando la lama del vomere cominciò a disotterrare migliaia di banconote sbrindellate. L’anziano agricoltore era certo di essersi imbattuto nel tesoro sepolto della camorra e sorrideva beffardo, ma si era sbagliato, non sulla malavita, che centrava e come, ma su ciò che aveva trovato: si trattava infatti di denaro triturato proveniente dalla Banca d’Italia, tonnellate di banconote usurate e fuori corso, gettate lì a scaricare il micidiale piombo del quale sono intrise nei suoi innocenti cavolfiori.
(continua)