Cultura
Viaggio all’Acropoli di Cuma
di Nada Correale
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In seguito alla nostra chiacchierata con il Presidente Escalona che ci ha illustrato e raccontato il lavoro svolto in questi anni per recuperare e rivalutare il territorio flegreo abbiamo deciso di intraprendere un “viaggio” all’interno dell’area vestendo i panni di turisti e cittadini locali, soffermandoci sugli aspetti culturali e ambientali, documentandone le condizioni e riportando semplicemente la nostra esperienza di viaggiatori all’interno del territorio flegreo con occhio critico e attento a cogliere particolari di gestione, organizzazione, degrado e rivalutazione.
Il nostro percorso nei Campi Flegrei non poteva che cominciare dalla madre di tutte le città della Magna Grecia, l’Acropoli di Cuma.
Il nostro mezzo di trasporto è l’auto.
Purtroppo la segnaletica non è molto frequente quindi non è stato molto semplice arrivare. Inoltre raggiungere l’Acropoli con i mezzi pubblici è piuttosto complesso.
Informazioni dettagliate sui tragitti e i percorsi si trovano al sito internet
www.seenapolisea.it costituito in collaborazione con l’Ente Parco Campi Flegrei.
Da sottolineare che non è stata ancora istituita una linea di autobus che collega tutti i siti archeologici della zona.
Una volta giunti a destinazione abbiamo acquistato il biglietto di entrata; un titolo che costa 4 Euro e comprende la visita di quattro siti archeologici da effettuare in due giorni: Museo archeologico dei Campi Flegrei a Baia, Area archeologica di Baia, Anfiteatro Flavio e Serapeo a Pozzuoli e Scavi di Cuma.
Per avere informazioni sul percorso e sulle rovine di Cuma abbiamo comprato un libro al chiosco antistante l’entrata, in quanto gli opuscoli non erano disponibili e mancavano da circa tre mesi.
Non appena oltrepassata la galleria di accesso all’acropoli ci si immerge in un atmosfera surreale ed antica. Subito si intravede una galleria; è l’Antro della Sibilla, uno dei più suggestivi monumenti dell’acropoli cumana e del mediterraneo, portato alla luce nel 1932. Prima di allora si identificava l’antro della Sibilla con la Crypta romana ai piedi dell’acropoli, ma gli scavi del 1932 portarono alla scoperta di una galleria di perfetto taglio trapezoidale terminante in una stanza quadrangolare, la parte più segreta e sacra dello speco: l’adyton, da cui la sacerdotessa emetteva i suoi responsi.
All’entrata è presente una lastra di marmo con su incise alcune parole di Virgilio che descrivono la Sibilla cumana.
Nell’Eneide Virgilio racconta che se l’eroe troiano vorrà finalmente trovare la terra destinata al suo popolo dagli dei, dovrà recarsi ad interrogare l’oracolo di Cuma: la Sibilla. L’oracolo scriveva i suoi responsi su foglie che affidate al vento si perdevano in mille direzioni. Diverso fu invece il modo in cui la profetessa rispose ad Enea; pregata dall’eroe, ella gli parlerà, infatti, con chiare parole. Enea così apprende la sua sorte futura, quanti mali ancora dovrà sopportare, quanti nemici dovrà combattere nel Lazio, ecc; ma prima di partire da Cuma, formula il desiderio di scendere, in compagnia della Sibilla, nel regno dei morti per rivedere l’immagine cara di suo padre Anchise.
Nelll’acropoli si trovano le più antiche testimonianze della città greca, anche se sono spesso occultate dalle numerose trasformazioni subite nei secoli; sono però evidenti le opere di fortificazione che i coloni greci costruirono intorno alla rupe per rinsaldarla e renderla inespugnabile.
La città si sviluppa in strati, con grandi zone pianeggianti molto panoramiche sui laghi e le bellissime dune della costa cumana. Si sale sempre più verso l’alto percorrendo l’antico selciato della Via Sacra che conduce ai templi dell’acropoli situati su terrazze che affacciano sul mare.
Sul lato meridionale della prima terrazza sorgeva il tempio di Apollo (il dio protettore di Cuma ed ispiratore della sibilla).
Un’iscrizione latina con dedica al dio, rinvenuta nel 1818 da De Joirio, ne attesta le consacrazioni.
Il Tempio di Apollo fu ricostruito nella prima età imperiale nel luogo di un preesistente santuario di età greco o sannitica. Attualmente rimangono i resti del colonnato, della pavimentazione, dei pilastri che dividevano in tre parti la cella al centro del tempio. Le aperture rettangolari che si vedono nel pavimento sono fosse sepolcrali scavate quando il tempio fu trasformato in basilica cristiana (dal V sec. d.C.).
Sulla parte più alta della città ritroviamo l’altro tempio, probabilmente dedicato a Zeus, prezioso elemento per studiare l’evoluzione di un tempio pagano in basilica cristiana; presenta, infatti, notevoli resti di questa trasformazione, partendo dalla primitiva natura, greca, passando dapprima per quella italica, successivamente per quella romana per arrivare, infine, all’adattamento a basilica cristiana. I resti oggi visibili sono relativi all’età romana e a quella bizantina.
Il sito archeologico di Cuma è un luogo ricchissimo di fascino in cui la storia e il mito si intrecciano.
Un luogo che continua a trasmettere emozioni e che riporta con l’immaginazione alla vita nell’antichità e fa rivivere la letteratura a coloro che cercano di sentire la magia dei racconti del passato.