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Cultura
La Cappella Sansevero
Trecentesimo anniversario della nascita di Raimondo Di Sangro, Principe di Sansevero - Seconda parte
di Roberto Santucci
La Cappella Sansevero, nome con cui è generalmente conosciuta, si trova adiacente al palazzo gentilizio ed era un tempo collegata ad esso da un ponticello, distrutto –pare– dai parenti alla morte di Raimondo Di Sangro.
Su questo luogo, un tempo di culto, si è detto di tutto e di tutto sempre si dirà, è un gioiello talmente pieno di opere d’arte e spunti che si presta a leggende e molte chiavi di lettura.

Già sulla sua costruzione nascono le prime credenze, c’è chi ritiene che, trovandoci nel quartiere abitato dagli Alessandrini d’Egitto, proprio in quel luogo fosse venerata Iside, dea associata alla magia e all’oltretomba (al cui posto sorgerebbe ora la statua della Pudicizia); ma la versione più comune è quella che spiega anche l’origine del suo vero nome, Chiesa di Santa Maria della Pietà, e cioè che fu un dipinto ad ispirare, già nel XVI secolo, la sua costruzione.

Si tramanda, infatti, che mentre passava da quelle parti un uomo condotto in carcere sebbene innocente, il muro di cinta del giardino di palazzo Di Sangro cadde, rivelando un dipinto con una “Pietà”; l’uomo fece il voto che se fosse risultata la propria innocenza, avrebbe onorato l’effigie in qualche modo; quando ciò avvenne il dipinto fu adornato con lampade votive e accompagnato da una lapide d’argento; diventò meta di pellegrinaggio.

Lo stesso proprietario del giardino, cioè Giovan Francesco Paolo di Sangro, primo Principe di Sansevero, si trovò a venerare quell’immagine della Madonna a causa di una sua malattia; quando ne fu guarito decise di costruire in quel luogo un piccolo tempio, chiamandolo appunto Santa Maria della Pietà, portando all’interno quel quadro che è tuttora ben visibile sopra l’Altare maggiore.
Il luogo di culto fu ampliato nel 1613 da Alessandro di Sansevero con lavori fatti a più riprese, ma solo nel 1744, con Raimondo, la Cappella cominciò a diventare quella che ora noi conosciamo.

Dicevamo della chiavi di lettura, la prima, “neutra”, è quella di una splendida chiesa barocca, con all’interno opere di una bellezza da lasciare senza fiato, con affreschi dai colori vivi come appena restaurati, una esaltazione, di alto livello culturale ed artistico, del casato dei Di Sangro, e un inno alle virtù che portano alla conoscenza e al perfezionamento interiore.

La cappella ha una struttura a pianta unica longitudinale con otto archi corrispondenti ad altrettante piccole cappelle.

All’entrata, proprio sopra la porta, si trova il Monumento a Cecco Di Sangro, che rappresenta un guerriero nell’atto di uscire da una cassa, con in alto un’aquila con delle folgori e in basso due ippogrifi e che si riferisce ad un episodio della campagna delle Fiandre che vide protagonista l’avo del Principe Raimondo.

A riempire le cappelle laterali troviamo le statue degli altri sei Principi di Sansevero, nonché quelle di Alessandro Di Sangro che cominciò i lavori di ampliamento, di sant’Oderisio e di Santa Rosalia, due dei santi facenti parte la nobile famiglia; nelle due cappelle centrali che in realtà sono l’antica porta d’ingresso e l’accesso alla cavea sotterranea, vi sono il ritratto di Vincenzo, il figlio, e la tomba proprio di Raimondo.

Quest’ultima zona presenta alcune particolarità: innanzitutto c’è ancora traccia del pavimento labirintico che inizialmente riempiva tutta la cappella, prima che fosse sostituito ai primi del ‘900 da un pavimento in cotto; in secondo luogo, l’iscrizione sulla lapide mortuaria è in rilievo ma senza traccia di scalpello e si pensa sia stata ottenuta tramite una procedura chimica; infine, sovrasta il tutto un ritratto del Principe che, al contrario di tutti gli altri dipinti della cappella, è molto deturpato, sembra a causa della sua posizione piuttosto esposta, ma per il popolo è sempre stato considerato come il sigillo indelebile della natura maledetta del personaggio.

Le colonne formanti gli archi sono arricchite dalla presenza delle famose statue che rappresentano  le virtù necessarie per il raggiungimento della perfezione interiore; nel progetto di Raimondo Di Sangro, mentre nelle piccole cappelle venivano onorati i precedenti Principi di Sansevero, in corrispondenza delle colonne venivano raffigurate le rispettive consorti, identificate proprio con le Statue delle Virtù, con la sola eccezione di quelle dedicate ai propri genitori: Il decoro, La liberalità, Lo zelo della religione, La soavità del giogo maritale, La Pudicizia velata, Il Disinganno, La Sincerità, Il Dominio di sé stessi, L'Educazione, L'Amor Divino.

La splendida volta rappresenta la Gloria del Paradiso e i colori –grazie alla pittura oloidrica– sono vivi e luminosi senza mai essere stati restaurati dopo 250 anni; presenti anche sei medaglioni con raffigurati i santi della famiglia Di Sangro.
Sull’altare maggiore troviamo la splendida Deposizione del Celebrano, definita una sorta di “quadro di marmo”; ai lati troviamo i due bellissimi angeli del Persico detti “l’Angelo orante” e “l’Angelo della morte”; infine, in alto, inserito in una raggiera di marmo sempre creata dal Persico, troviamo il quadro della Pietà, presumibile ispiratore della Cappella stessa.

Ovviamente al centro della navata, e dell’attenzione, troneggia il meraviglioso Cristo Velato, opera –quasi interamente– di Giuseppe Sanmartino, che rappresenta Gesù disteso all’atto della morte, ricoperto pietosamente con un velo. La perfezione della scultura, in ogni suo particolare, il viso, le mani, le ferite –tutto suggestivamente “reale” al di sotto di quell’impalpabile velo di marmo– affascina chiunque abbia la fortuna di avvicinarcisi. Si narra che il Canova fu talmente rapito da questa opera da tentare a tutti i costi di acquistarla e da arrivare a definirla “… seconda solo alla Pietà di Michelangelo…”. E’ un’emozione unica, impossibile da descrivere, è solo da vivere.

Nella cavea sotterranea si trovano le Macchine Anatomiche, due scheletri ricoperti dalla fitta rete dei vasi sanguigni; la leggenda vuole che in due schiavi ancora vivi fu iniettata una sostanza creata dal Principe che avrebbe “cristallizzato” vene e arterie rimaste intatte dopo la decomposizione dei corpi, ma anche stavolta sembra che questa sia solo figlia dell’aura nera e maledetta che lo circondava; la realtà sembra essere più “didattica”, con l’aiuto del medico Giuseppe Salerno, Di Sangro avrebbe ricostruito su due scheletri veri tutto il reticolato di vasi sanguigni utilizzando dei metalli, cera d’api e colori.
Anche il ridurre le due “macchine” a semplici modelli di studio, nulla toglie al valore che hanno, in quanto dimostrano, comunque, conoscenze del corpo umano molto più avanzate rispetto a quelle in possesso dei medici del settecento.

Dall’anno scorso un nuovo sistema di illuminazione permette una visione perfetta e suggestiva della cappella e delle sue opere, mettendo in evidenza i punti principali del progetto iconografico del Principe Raimondo e permettendo così di seguire facilmente il percorso ideale per godere di questo complesso artistico unico.

Questi sono i capolavori della Cappella Sansevero, visti, come abbiamo detto, con una chiave di  lettura ”neutra”, “artistica”, ma lo stesso Raimondo Di Sangro nell’iscrizione che si trova all’ingresso dell’antica entrata, tra le altre cose avvisa: “… osserva con occhi attenti…” .
Le altre interpretazioni sconfinano ovviamente, data la fama del Principe, nella simbologia, sia essa classica, massonica, esoterica o quant’altro…

(continua)
10/2/2010
  
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