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IL PARCO DELLA VILLA D'AYALA A VALVA (SALERNO)

pubblicato in

Luigi Picone, Architettura dei giardini e dei parchi, Edizioni Cuen, Napoli 1996

Il parco della Villa d'Ayala a Valva è di forma irregolare, circondato da mura e torri (una alta 35m.), ha l'ingresso principale adiacente ai giardinetti comunali (m.525 s.l.m.) e termina a quota m.600 s.l.m., immediatamente a ridosso delle pendici del Monte Marzano (m.1535 s.l.m.). In posizione panoramica, si affaccia sulla valle sottostante esponendosi in prevalenza ai venti di levante e di scirocco, peraltro mitigati dalle presenza di alte montagne.
La tipologia principale del parco è quella del bosco attraversato da viali alberati. I giardini sebbene non sminuiti nelle valenze formali e vegetazionali, diventano squarci nella massa ombrosa del bosco, così come i luoghi di sosta, caratterizzati da statue e busti (XVIII-XX sec.), da alcune architetture neoclassiche e da rilievi naturali messi in evidenza dalla mano dell'uomo.
All'interno del parco vi è un sistema di cunicoli e di caverne la cui realizzazione, attribuita ai Romani, appare destinata ad incanalare le acque sorgive, sia per il necessario governo delle acque superficiali, sia per il normale consumo civile ed agricolo.
La notorietà di Valva risale all'epoca romana quando, al tempo dell'impero, era una fiorente città. L'insediamento romano venne abbandonato durante le invasioni barbariche, epoca in cui le popolazioni, rifugiatesi sulle alture, fondarono Valva Vecchia, i cui resti sono visibili a N.E. dell'odierno caseggiato.
Il feudo di Valva, in possesso dei Signori di Valva o della Valva, risale all'incirca all'anno mille, quando era nelle mani di Gozzolino detto il Normanno, "qui de Balba se appellat" e della moglie Bella, "prima sorgente della famiglia, in ordine alla Signoria di Valva".
Gozzolino aveva preso, secondo l'uso dei Normanni, il cognome dal suo possedimento ed i nove uccelli neri, presenti nello stemma dei Signori di Valva, sono un simbolo straniero a conferma delle origini del feudatario. La storia della famiglia discendente di Gozzolino è legata militarmente e socialmente alle altre importanti famiglie del Regno.
Per ricostruire le origini della presenza del Sovrano Militare Ordine di Malta, attuale proprietario del parco, si deve far riferimento a Fra Ottaviano Valva che fu Castellaro ossia Castellano de' Cavalieri di S.Giovanni in Rodi.
Molti personaggi della famiglia Valva divennero Cavalieri insigniti con la Croce di Malta, ma per la storia del parco è importante ricordare il Signor Marchese D.Giuseppe, che realizzò la strada rotabile che univa i caseggiati di Oliveto, Gugliano, Valva, Laviano e Muro e a cui si può ascrivere la Villa e il Giardino in Valva "di ben ampla estension di terreno, e d'intorno intorno cinto di mura; le cui fontane, i vivaj di pesci, i viali, le molte statue di marmo, il boschetto, le grotte, la via sotterranea, i pomi di ogni genere, e quel Castelletto con torricella in ciascuno dei 4 angoli, che si vede come ondeggiante in un laghetto rotondo, offrono come un complesso di bellezze, e delizie, degno spettacolo ancor di chi mira le cose con gli occhi dell'Arte".
Negli "Annali" del Giustiniani, del 1795, è riportata la fama della villa di Valva nella regione, di cui si decantavano le qualità dei frutteti, le dimensioni delle peschiere, la bellezza dei lunghi viali alberati e delle decorazioni.
Ancora oggi il Parco d’Ayala è proprietà del Sovrano Militare Ordine di Malta, e conserva, a meno di alcuni limitati interventi, l'originale impianto tardo settecentesco documentato in una pianta databile ai primi anni dell'Ottocento.
In questa pianta sono evidenti numerosi elementi, architettonici e naturalistici, che si distinguono dal contesto del bosco produttivo. Sono così identificati e numerati: le peschiere, i laghetti, le fontane e le sorgenti, i cafeaus, i sedili, i viali, i piccoli edifici di sostegno per i lavori del parco e la Cavallerizza.
Nel XIX secolo il parco della Villa, coerentemente a quanto avveniva nel resto del Regno, aveva prevalente destinazione agricola, e solo una piccola parte degli spazi di pertinenza era destinata al giardino. L'impostazione agronomica di questa tipologia di tenuta doveva rispettare una duplice esigenza: la produzione di frutta e ortaggi per il consumo e la vendita sul mercato per ottenere il risarcimento, anche parziale, dei costi di gestione.
L'orientamento a favore della produzione arborea fu certamente condizionata dai fattori climatici di cui nell'Ottocento si prese piena coscienza. A tale proposito è significativo riportare quanto dichiarato nel 1870 dal professore di Botanica Giuseppe Antonio Pasquale all'Assemblea del Reale Istituto di Incoraggiamento: "La distribuzione della pioggia, in queste province è così incostante in tutti i mesi, e così diseguale nelle sue cadute, che spessissimo cade fuori tempo, e quando fosse opportuna ed a tempo, cade in acquazzoni, sì che il danno superi l'utile (...) L'incostanza delle meteore umide rende l'impresa agricola molto dubbiosa tra noi. Da qui è che l'economia rustica di queste nostre meridionali province è del tutto diversa da quella delle medie regioni d'Europa. E di qui è che da noi non attecchisce la intrapresa della ferma come in Germania, in Inghilterra ed in Francia. A questo difetto però fa da ammenda e compenso provvidenziale l'albero, che trionfa meglio che l'erba alle grandi siccità e alle basse temperature (...) E quando questa siccità viene come nel corrente anno, e dura pertinacemente sotto la sfera dei dì canicolari, gli alberi danno frutta più squisite, più zuccherose, più oleose. E se la primavera come la p.p.1870 corre serena, fa allevare una straordinaria quantità di frutta (...) Ora tutto questo ben di Dio è venuto dagli alberi, ché senza di essi non ci sarebbe stato modo viver tanti popoli; e vivere una vita lieta e persino spensierata" (Pasquale 1870, p.22)

Il parco della Villa d'Ayala ha una estensione di circa 17 ettari. I viali, fra principali e secondari suddividono il bosco in una scacchiera irregolare e costituiscono oltre a splendide passeggiate, un funzionale sistema per la movimentazione del legname tagliato, mostrando, ancora oggi, uno stato di conservazione soddisfacente. I viali sono caratterizzati dalle specie predominanti che li delimitano: il viale dei Platani (Platanus Accifolia), baricentrico, divide trasversalmente il parco, il viale degli Aceri montani, in parte continuazione del viale dei Platani e in parte viale a questo perpendicolare, il viale dei Laurocerasi (Prunus Laurocerasus) che collega il giardino del Castello con il viale dei Platani; quest'ultimo si compone anche di alcuni esemplari di Laurotino (Viburnum tinus).
Un giardino all'italiana è a valle, nei pressi dell'ingresso, con aiuole delimitate da siepi di Bosso (Buxus sempervirens) e con arredo interno quasi del tutto assente. Il giardino è contornato su tre lati da uno sfondo di vegetazione formata da Laurotino (Viburnum tinus), da Alloro (Laurus nobilis) e da alberi di Leccio (Quercus ilex).
Il secondo giardino all'italiana è a monte, annunciato da uno slargo formato dalla confluenza di più viali, ornato con piante di specie pregiate e sculture. Il giardino, cinto da mura, ha un accesso diretto dal castello ed è articolato in due aree quadrangolari. Arredato con panche, fontane e numerosi busti, ha aiuole analoghe al primo giardino, con siepi di Bosso (Buxus sempervirens) e con arredo interno quasi del tutto assente, ad eccezion di cinque piante di Olea fragrans, impiantate probabilmente nel XIX secolo e che testimoniano la diffusione delle specie esotiche, anche al di fuori dei centri cittadini maggiori.
E' da notare che la disposizione degli arredi appare piuttosto disordinata e casuale, così come la piantagione delle poche piante di rosa e di ortensia. Inoltre è ipotizzabile che in origine le aiuole fossero decorate con altre specie di piante, come il giacinto, l'emerocallis, il tulipano, l'iris; tutto ciò sta ad indicare la scarsa manutenzione dedicata a questi giardini.
Più a monte, sul viale mediano dei Platani, si apre una esedra con gradoni di pietra calcarea e siepi di bosso (Teatrino di Verzura) di impianto ottocentesco, sui quali sono sistemati numerosi busti, a figurazione di un immaginario pubblico. Intorno all'esedra trovano posto alcune strutture provvisionali in legno che affiancano la scenografica platea durante l'estate, per gli spettacoli aperti al pubblico.
Sul confine orientale del parco, a ridosso del muro di cinta e delimitata dalle grotte con sovrastante bosco di cipressi, vi è un'area di recente impianto, con arredi sacri sistemati sul prato pascolo a comporre un'ampia cappella all'aperto.
Il bosco è l'elemento predominante del parco; circonda tutti gli elementi decorativi ed architettonici ed è concluso dal muro di cinta. Il suo stato di conservazione è discontinuo, a causa del notevole impegno economico occorrente per la manutenzione di un'area così vasta. E' peraltro, l'elemento di maggior interesse, in quanto rappresentativo della vegetazione autoctona allo stato naturale.
L'impianto, in origine, era presumibilmente formato da boschi di Leccio (Quercus ilex) che forse rappresentano aree di vegetazione originaria a suo tempo inclusa nel recinto, di Acer pseudoplatanus, da bosco produttivo di legna di castagno e acero e dai viali fiancheggiati da Platani (Platanus Accifolia). La situazione a bosco meglio conservata, per la tipizzazione originaria, è quella posta nell'angolo Nord-Est del parco, dove il sottobosco formato da Edera, Ciclamino primaverile (Cyclamen repandum), Pungitopo (Ruscus aculeatus) si conserva più fitto e dove è assente il rimboschimento con Abete rosso (Picea abies), Abete bianco (Abies alba), Pino domestico (Pinus pinea) o Pino di Aleppo (Pinus halepensis).
Nella parte orientale del parco vi è una zona del bosco con prevalenza di Cipressi (Cupressus sempervirens), impiantati con evidente intenzione scenografica, per completare alcuni fondali di immagini della Villa che si potevano godere dall'abitato di Valva.
L'inserimento di alcune specie particolari, come i Cedri della California (Calocedrus), le Magnolie, i Cedri (Cedrus Atlantica) ed altri, è certamente puntiforme ed eccezionale e, quasi certamente realizzato sul finire dell'Ottocento, quando gli eventi richiedevano la trasformazione dei giardini da produttivi a puramente ornamentali. Uno sfruttamento irrazionale del bosco ceduo, con conseguente impianto di Pino ed Abete rosso (Picea abies), sta causando la scomparsa del sottobosco originario di Pungitopo (Ruscus aculeatus), Alloro (Laurus nobilis) e Laurotino (Viburnum tinus). Inoltre i castagni superstiti (tutti da taglio), sono aggrediti dall'edera in maniera massiccia nella parte settentrionale, mentre in quella nord-occidentale, nel corso del 1993, è stato eseguito un taglio.
Il muro di cinta mostra forse, più degli altri elementi analizzati, i segni del tempo; a tratti è crollato ed a tratti è sostituito con muro di calcestruzzo che, oltre ad essere in evidente contrasto con il contesto, appare già degradato. Versano in precarie condizioni alcune panche in muratura, una edicola probabilmente votiva e una canalizzazione superficiale. Alcuni dissesti sono presenti anche nelle opere murarie del giardino a monte. Costruzioni di servizio e arredi, di recente impianto, mortificano alcune zone del parco.