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1986: la mano e il piede di Dio
La storia dei Mondiali di calcio – 29
di Mimmo Carratelli
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Furono 24 le nazionali al Mondiale 1986 in Messico: Algeria, Argentina, Belgio, Brasile, Bulgaria, Corea del sud, Francia, Germania, Inghilterra, Irlanda del nord, Marocco, Paraguay, Polonia, Portogallo, Scozia, Spagna, Ungheria, Urss, Uruguay, le novità Canada, Danimarca e Iraq, il Messico paese organizzatore e l’Italia campione del mondo.
La Danimarca di Elkjaer e Laudrup mostrò il gioco più bello, ma usci negli ottavi travolta dalla Spagna (1-5). Stessa sorte per l’Urss del commissario tecnico Lobanovski, un innovatore, che ne aveva fatto una squadra senza ruoli fissi: i sovietici furono eliminati ai supplementari dal Belgio (3-4), anch’essi negli ottavi.
Si qualificarono per i quarti di finale anche il Messico (2-0 alla Bulgaria), il Brasile (4-0 alla Polonia), l’Argentina (1-0 all’Uruguay), la Germania (1-0 al Marocco), l’Inghilterra (3-0 al Paraguay) e la Francia che eliminò l’Italia negli ottavi.
Il Brasile inserì Careca, Alemao, Julio Cesar, Casagrande nella squadra di Socrates, Junior, Edinho, Zico, assi al tramonto, e del formidabile terzino Josimar. L’Argentina di Maradona non era una grande squadra, ma la illuminava il pibe de oro.
Tre partite dei quarti di finale si decisero ai calci di rigore. Dal dischetto, il Brasile cedette alla Francia. Il Belgio eliminò con i penalty la Spagna di Butragueno, “l’avvoltoio”, che lasciò il segno di cinque gol sul Mondiale. Ai rigori anche l’Inghilterra ebbe ragione sul Messico.
Solo l’Argentina di Maradona filò in semifinale con la vittoria nei tempi regolamentari eliminando l’Inghilterra (2-1), doppietta storica di Diego: un gol con la mano sinistra protesa dietro la testa nel salto a superare il portiere, furbizia che sfuggì all’arbitro tunisino Bennaceur, e la spettacolare, lunga serpentina con cui seminò i giocatori inglesi Beardsley, Reid, Butcher e Fenwick toccando infine di grazia in rete con la beffa finale al portiere Shilton.
In semifinale, la Francia incontrò la Germania, com’era accaduto quattro anni prima in Spagna, e fu nuovamente sconfitta, liquidata con un netto 2-0, senza i tormenti della sfida spagnola. Maradona, ancora protagonista, trascinò l’Argentina alla vittoria contro il Belgio (2-0) con altre due prodezze, ripetendo a sinistra lo slalom che, sulla destra, aveva stordito gli inglesi: il fuoriclasse di Buenos Aires superò De Mol, Vervoort, Gerets e il portiere Pfaff per un altro gol-gioiello.
La finale fu Argentina-Germania allo Stadio Azteca il 29 giugno 1986. I tedeschi giocarono con una maglia verde. Era la squadra di Schumacher in porta, dei forti difensori Briegel e Brehme, del regista Matthaeus, di Voeller e Rummenigge in attacco. Commissario tecnico: Beckenbauer. L’Argentina era tutta cuore e tecnica con la stella sfolgorante di Maradona.
Gli argentini sembrarono attanagliati dalla paura, raccolti in difesa: il mastino Cuciuffo sulla punta Allofs preferito a Voeller, Oscar Ruggeri su Rummenigge, Giusti a metà campo a spegnere l’estro di Magath, l’altro ispiratore della manovra tedesca. L’ala Valdano retrocedeva per bloccare le avanzate del terzino Briegel. Maradona e Matthaeus si fronteggiarono a metà campo.
Il mediano Brown, su un’uscita maldestra di Schumacher, infilò di testa il vantaggio argentino al 22’. Raddoppiò Valdano al 55’ dopo una triangolazione con Enrique. Maradona rimase un po’ in ombra, emozionato più di tutti, ma l’Argentina, sul doppio vantaggio, si liberò dalla paura.
La Germania non è mai morta, si dice. E lo dimostrò. Beckenbauer inserì un’altra punta, Hoeness, e sostituì Allofs con Voeller. L’Argentina fallì il terzo gol due minuti prima che Rummenigge accorciasse le distanze al 73’. La finale divenne drammatica perché la Germania spingeva e all’81’ colse il pareggio con Voeller. Risultato in bilico a nove minuti dalla fine.
Fu allora che Maradona si liberò dalla tensione che lo attanagliava e inventò un passaggio geniale e filtrante per Burruchaga. Lo scudiero del pibe filò sulla destra (Germania sbilanciata in avanti) e andò a battere Schumacher in uscita. Fu il 3-2 all’83’. Nell’ultimo quarto d’ora, tre gol: la rimonta tedesca, il successo argentino.
Negli ultimi minuti, l’arbitro brasiliano Filho non concesse un rigore a Maradona, ma ormai il match aveva compiuto il suo destino. Per la seconda volta, l’Argentina era campione del mondo. La stella di Maradona brillò più che mai.
La formazione biancoceleste della finale: Pumpido; Cuciuffo, Olarticoechea; Batista, Ruggeri, Brown; Burruchaga, Giusti, Enrique, Maradona, Valdano.
Il cannoniere del torneo, con 6 gol, fu l’inglese Lineker.