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1982: silenzio italiano a Vigo
La storia dei Mondiali di calcio – 25
di Mimmo Carratelli
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Più squadre alla fase finale dei Mondiali. A Spagna 1982, dodicesima edizione, furono ammesse 24 nazionali, otto in più dei precedenti campionati. Le novità furono l’Algeria, il Camerun, l’Honduras, il Kuwait e la Nuova Zelanda. Si ripresentò El Salvador. Ammesse di diritto la Spagna, paese organizzatore, e l’Argentina, campione del mondo. Le altre squadre: Austria, Belgio, Brasile, Cecoslovacchia, Cile, Francia, Germania, Inghilterra, Irlanda del nord, Italia, Jugoslavia, Perù, Polonia, Scozia, Ungheria, Urss.
Primo turno a sei gironi con quattro squadre ciascuno. Passavano al secondo turno, sempre a gironi, le prime due dei sei gruppi. Quindi le vincenti dei quattro gironi della seconda fase giocavano le semifinali. In tutto, 51 partite rispetto alle 37 dei Mondiali precedenti. Un baraccone per far soldi.
L’Argentina tornò in campo con nove campioni del mondo del 1978 più Maradona e Diaz. Il Brasile, favoritissimo, presentò una squadra di geniali centrocampisti, Cerezo, Socrates, Falcao, più Zico, Dirceu e il super-bomber Eder. La Polonia ancora temibile schierò Zmuda, il vecchio Lato e Boniek. Buona squadra la Germania, ma angustiata dalle rivalità fra i giocatori e dalle contestazioni al commissario tecnico Jupp Derwall. La Francia, con Platini, aveva un centrocampo ricco di fantasia. L’Inghilterra tosta, ma niente di più. L’Urss aveva nel portiere Dasaev l’erede di Jascin e il fuoriclasse Blokhin all’attacco. Non c’era l’Olanda: il suo ciclo d’oro era finito.
L’Italia partì tra mille polemiche. Gli interisti protestarono per l’esclusione di Beccalossi, i romanisti per quella di Pruzzo. Bearzot convocò Selvaggi (Cagliari), un attaccante che non facesse ombra a Paolo Rossi, recuperato dopo la stangata del calcioscommesse, e che, con la sua allegria, tenesse su il morale del gruppo. Non c’era Bettega, bloccato da un infortunio. Zoff aveva 40 anni e Bergomi, diciottenne, era il più giovane.
Prima della partenza da Roma, gli insulti a Bearzot si sprecarono. “Scimmione” gli urlò una ragazza di vent’anni, Anna Cece. Il tecnico friulano le assestò un ceffone, poi chiese scusa. In albergo, si strinsero la mano.
Della bella squadra del 1978 c’erano Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli, Antognoni, Causio, Rossi e Graziani. Le novità furono: Collovati al posto di Bellugi, Oriali e Marini per il ruolo di Benetti, Bruno Conti e Altobelli in attacco.
La nazionale si isolò in un triste ritiro galiziano, sull’Atlantico, dovendo giocare le prime tre partite a Vigo. Era giugno inoltrato, ma pioveva e faceva freddo. Quartier generale in un castello del 1500: la Casa del Baròn.
Debutto guardingo contro la Polonia e traversa di Tardelli nel finale (0-0). Match deludente contro il Perù (1-1): la squadra balbettava, Rossi era un fantasma e nella ripresa lo sostituì Causio. Gran bel gol di Conti, ma il Perù dominò e pareggiò a cinque minuti dalla fine su autorete di Collovati.
Le critiche sui giornali furono feroci e la squadra decise il silenzio-stampa attirandosi altre dure frecciate. Zoff fece da portavoce coi giornalisti, unico autorizzato a parlare. Bearzot venne circondato da un’ostilità crescente. Col Camerun insistette su Rossi.
Pablito deluse ancora. Sprecate alcune palle-gol, fu Graziani a segnare dopo un’ora di brutto gioco. I camerunesi pareggiarono due minuti dopo con M’Bida. Gli azzurri difesero il pareggio che bastava per la qualificazione.
Dopo il Mondiale, vennero fuori sospetti di “combine” con gli africani, smentiti e senza prove. L’Italia passò il turno proprio a danno dei camerunesi. Possibile che, giunto per la prima volta al Mondiale, il Camerun si prestasse ad essere fatto fuori dopo il primo turno?
La Polonia vinse il girone di Vigo. Secondo posto a pari merito per Italia e Camerun, tre pareggi a testa. Gli azzurri si qualificarono per una rete in più: 2-2 per l’Italia, 1-1 per il Camerun dopo le tre partite.
L’Italia fu proiettata nel girone dei quarti di finale a Barcellona con Brasile e Argentina (passava una sola squadra) e i giornali nazionali ammonirono: ”Facciamo le valigie”. Gli azzurri giunsero nel caldo di Barcellona tonificati dal freddo di Vigo. Fu il primo vantaggio. Bearzot ritoccò la tattica di gioco facendo una zona mista: marcature rigorose in difesa (Gentile, Collovati, il mediano Oriali, protetti dal ”libero” Scirea), centrocampo con posizioni interscambiabili e sganciamenti dalla difesa di Scirea e Cabrini, il generoso Graziani nel ruolo dell’assente Bettega, Rossi di punta, Bruno Conti (il “brasiliano”) ala tornante con dribbling vincenti.