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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 114
di Mimmo Carratelli
Il 1996. Che brutto gennaio, Diego. La confessione del tuo vizio ci strazia il cuore. Devi essere arrivato al limite se hai deciso di parlare, di sfogarti, di ammettere. Nessuno di noi ha conosciuto veramente il tuo dramma, il buio della tua vita, la tua lotta e la resa umiliante.

Dice Alberto Cei, psicologo della Scuola dello sport: “Si sapeva tutto di questa vicenda, ma la novità è l’ammissione. Questa non significa debolezza, ma forza. O perlomeno ricerca di forza per combattere questa battaglia che sarebbe terribile per chiunque. L’ammissione di Maradona è un atto di coraggio anche per il ruolo di testimonial del giocatore nella campagna antidroga del governo argentino. Maradona sembra voler dire a tanti ragazzi che vedono in lui un idolo di avere trovato la forza per combattere la droga e, dunque, li sprona a fare altrettanto, a combattere e a vincere questa battaglia”.

Nessuno può scagliare la prima pietra. La droga è un dramma mondiale, una tragedia che colpisce tanti di noi, tantissime famiglie. Se la tua confessione disperata, Diego, è la verità di un uomo sconfitto, per i vinti si è sempre invocata pietà. Continua a lottare, Diego, ora che l’ammissione del tuo vizio ha alleviato il peso che schiacciava il tuo cuore.

Ma tu sei Diego Armando Maradona e la lotta sarà dura, la tua vita sarà sempre dura perché non puoi sfuggire alla curiosità, ai sospetti, alle ingiurie, allo scetticismo, alle condanne facili e superficiali. Sei sempre nel mirino.

Il rapporto col presidente del Boca, Mauricio Macri, va male. Il primo scontro è sui premi-partita. Sei il capitano del Boca, chiedi rispetto per i tuoi compagni. La tua lealtà e la tua sincerità fanno male. Qualunque cosa dici, viene ingigantita. Chiedi rinforzi per la squadra e Macri finge di non sentire. Vai in campo con una contrattura alla coscia destra, fatichi a muoverti e a correre, le critiche non ti risparmiano.

Salti una partita perché devi essere a Cosquin per la campagna “Sole senza droghe”. Avverti Bilardo. Sembra tutto okay, ma Macri sbuffa. Ti accusa per radio di giocare male, d’avere mancato una partita: “Se Maradona è infortunato, poteva dirlo”. Gli fai ombra, questa è la verità, e Macri non lo sopporta. La tua replica è dura e diretta, alla stessa radio: “Non devi parlare per radio, Macri, stai sbagliando e mi stai scatenando la gente contro. Chi gioca e chi non gioca nel Boca lo decide Bilardo”.

I tifosi ti fischiano nell’amichevole contro l’Armenia. Il clima è teso, il Boca stenta in campionato. Dici sinceramente: “Siamo da quarto, quinto posto”. Altra bufera. Con Macri è guerra aperta. “Lui è nato da genitori ricchi, io da molto poveri” è la tua spiegazione al conflitto col presidente.

Segni un gol su rigore al Gimnasia che il Boca batte 4-0. Caniggia trascina la squadra coi suoi gol. “Basta dargli la palla e batte tutti da solo” dici. “Io sono solo un vecchietto di talento, faccio qualche dribbling, segnare mi è diventato difficile”.

Difficile anche dal dischetto, Diego. Cinque sono i rigori di fila che sbagli. Da aprile ad agosto non te ne va bene uno. Il primo te lo para, a Rosario, il portiere del Newell’s Boys e devi lasciare il campo per uno strappo alla coscia destra. Urli dal dolore, ma nessuno ti crede. Devi saltare qualche partita, infortunato, ma tutti sospettano chissà che cosa. Alla “Bombonera”, fallisci il secondo rigore. Te lo para Labarre, il portiere del Belgrano, ma ti rifai infilandolo con un gran gol da lontano e il Boca vince 2-0. Terzo rigore fallito contro il Central nello stadio di Arroyto, il Boca comunque vince. La disdetta continua contro il River Plate: rigore e pallone contro il palo, il quarto che manchi, ma Caniggia fa tre gol e il River è strabattuto. Ma il quinto errore, contro il Racing, segna la fine delle ambizioni del Boca in campionato. Le polemiche infuriano e tu ci stai nel mezzo. Dopo il tuo rigore fallito, il Racing segna e vince nel finale della gara.

Hai il sospetto che il Boca paga per la tua presenza e che il campionato sia manovrato. Nello stadio del Velez non ne puoi più. Segna Caniggia, ma il Velez rimonta con tre gol. Le tue accuse sono immediate: “L’arbitro è stato determinante. Gli ha regalato il gol del pareggio, ha inventato un rigore e gli ha assegnato una punizione inesistente. Così ha vinto il Velez”.

L’arbitro è Castrilli. In campo ti perseguita e alla fine ti espelle. Racconti: “Vado da lui con le mani dietro la schiena e gli chiedo perché mi butta fuori. Non risponde. Glielo chiedo ancora e lui zitto. Siamo esseri umani, gli dico, spiegami perché mi cacci. Silenzio. Gli dico: che hai, sei morto?”.

La sconfitta col Velez, in giugno, pregiudica il campionato del Boca. “Se avessimo vinto, saremmo andati dritti verso il titolo”.

Ma il peggio, in agosto, deve ancora succedere.

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3/9/2005
  
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