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Calcio
La nazionale a Napoli
di Mimmo Carratelli
Sabato al “San Paolo” contro la Lituania. La pazza Supercoppa di Milano e il modulo folle della Roma. La squadra giallorosa bella da morire. Infatti muore nel secondo tempo. Lo scandalo si allontana. Galliani in campo. La Juve sbaglia il destinatario del risarcimento-danni.

La nazionale torna a Napoli. Sabato sera, Italia-Lituania per le qualificazioni all’Europeo del 2008. Ai Mondiali di basket i baltici ci hanno appena fatto fuori ai… rigori. In campo i campioni del mondo. Mancherà solo Totti. Ci sarà Cassano. L’Italia è inserita in un girone con Francia, Ucraina, Georgia, Scozia e Far Oer. L’ultima partita azzurra al “San Paolo” quattro anni fa: Italia-Serbia 1-1, una domenica d’ottobre del 2002, gol di Del Piero, altra gara di qualificazione europea, allenatore il Trap. Poi, cancellati, in castigo e sbattuti in serie C. Cancellati per quattro anni lo stadio e il pubblico che hanno spinto la nazionale verso qualificazioni indimenticabili: il 3-0 alla Scozia per arrivare ai Mondiali del ’66, il match con l’Urss (Zoff e Juliano in campo) per guadagnare la finale vittoriosa dell’Europeo 1968 a Roma, il 3-0 alla Germania est sulla strada dei Mondiali 1970 ancora con Zoff e Juliano, il 2-1 alla Svezia con Francini, Ferrara, Bagni, De Napoli per la qualificazione all’Europeo 1988. E una gara con la Cina e la semifinale mondiale del ’90 con l’Argentina di Maradona. Ventitre partite, 13 vittorie, 5 pareggi e 5 sconfitte. Nel frattempo, la nazionale ha giocato a Pescara, Genova, Palermo, Campobasso, Reggio Calabria, Ancona, Messina, Padova. Sempre alla larga di Napoli. Torna, facciamole un applauso. C’è Fabio Cannavaro.

SPETTACOLO - Supercoppa italiana a San Siro. Gioca l’Inter con lo scudetto dell’onestà (Juve in castigo). Vince onestamente e alla garibaldina (da 0-3 a 4-3). Grande Roma per 45 minuti. Spettacolare Roma di veloci destrieri. Sensazionale Roma dell’assalto di tutti mediani senza punti di riferimento all’attacco. Formidabile Roma di una sola punta e di tutte punte. Senonché tutte le punte truccate della Roma dovevano anche difendere, la maggior parte di esse risultando centrocampisti in origine. Così, dopo 45 minuti di avanti e indietro senza requie, la Roma degli indiani al Forte Inter è crollata. Prima di essere punita dagli assi nerazzurri, è stata punita da se stessa, da un modulo che è magnifico (4-2-3-1) se gli interpreti hanno la palla, ma che va in crisi se la palla la perdono. Dopo 45 minuti di fox-trot, la palla si perde perché le gambe non girano più e il fox-trot diventa il valzer delle candele. Che cosa succederà alla splendida Roma quando il fox-trot non produce immediatamente tre gol come contro la difesa amica dell’Inter? Se con tre gol di vantaggio si è ammosciata sulle forze disperse e ha perso, mancando il bersaglio nel periodo di maggiore espansione c’è da temere il peggio. Ecco aperta la discussione sui moduli che vogliono reinventare il calcio. Belli l’audacia, il coraggio, la novità. Ma poi? Si dice: anche la nazionale ha vinto il Mondiale con un modulo del genere. Un momento. Innanzi tutto l’ha vinto tenendo il ritmo basso, badando a difendersi con la più forte difesa del mondo e sganciando i destrieri con giudizio, non sempre e ripetutamente, e sfruttando le cosiddette palle-inattive. Col suo gioco straordinario e dispendiosissimo la Roma infilò undici vittorie nel campionato scorso (33 punti). Poi si afflosciò (15 punti nelle restanti undici gare). Il campionato dura 38 partite. La Roma è bella, ma dura metà campionato. Il discorso tocca in qualche modo il Napoli. Va bene lo spettacolo, ma il centrocampo a tre potrà reggere un torneo lungo 42 turni?

ADDIO SCANDALO - Sono in molti a scriverlo. “Lo scandalo non c’è più”. Ultimo, ma non ultimo per autorevolezza, il direttore de “La Gazzetta dello Sport” Carlo Verdelli, sabato scorso. Il signor Galliani, inibito per 9 mesi (criticabile, ma non penetrante secondo i giudici sportivi), vola e penetra a Madrid per trattare Ronaldo. E’ inibito o disinibito? Alla grande richiesta di pulizia e giustizia di maggio, dopo le rivelazioni delle intercettazioni telefoniche, una volta che sono state smontate all’italiana la precisa ricostruzione dei fatti del magistrato Borrelli e l’impalcatura accusatoria del procuratore Palazzi, ha fatto seguito “un’indistinta confusione tra ricorsi, arbitrati, conciliazioni, tribunali regionali, corti europee” sullo scenario di fondo della grande omertà dell’omertoso calcio italiano tutto teso non alla ricerca della verità, ma a confonderla con cavilli, ricusazioni, sospetti e ingiurie. Uno spettacolo deprimente mentre furfanti e furfantelli aspettano il calcio giocato perché tutti dimentichino gli intrallazzi di due anni e più di calcio bugiardo. E, ormai, gli osservatori più attenti parlano di occasione perduta. Il mancato rigore delle sentenze, ammorbidite da una giurisdizione di comodo, ha fatto fallire il colpo secco e pesante che tutti aspettavano, tutti tranne i soliti politici dei compromessi, delle manfrine e del soccorso amico. Non è successo niente. E tutti vissero felici e penalizzati. Tutti tranne la Juve, bastonata duramente mentre gli altri peccatori se la sono cavata pagando indulgenze che proprio non erano evitabili. La Juve, all’inizio vera signora del nuovo corso da attirarsi le simpatie generali, si è ribellata e, come in ogni ribellione, ha esagerato pretendendo di mostrare un’anima più bianca che nera.

IL CONTO DELLA JUVE - Fatti i calcoli, la Juve assomma i danni (economici) delle sentenze che l’hanno colpita e stava per presentare un conto di 130 milioni di euro alla Federcalcio. Per risarcimento-danni. Sarebbe stato l’ultimo atto del processone-barzelletta. Il club bianconero ci ha ripensato (suggerimento di Montezemolo?). Aveva fatto solo i conti, ma non li voleva presentare a nessuno. Comunque, ha sparato il botto per spaventare la Federcalcio e per patteggiare l’ultima chance che non sarà il ritorno in serie A (a questo punto, sarebbe meglio buttare nel cestino tutte le sentenze), ma la cancellazione dell’handicap in serie B. Il problema vero è che la Juve non ha ricevuto il danno di cui si lamenta dalle sentenze sportive, ma dai dirigenti che l’hanno portata sul banco degli imputati per illecito rimettendoci due scudetti. Poiché, quei dirigenti, li ha anche licenziati, dunque li ha ritenuti colpevoli, e uno ne accusa di avere agito in proprio, il conto dei 130 milioni di danni dovrebbe avere due precisi destinatari. Usando la posta prioritaria.

TEATRINO - Moggi recita a soggetto in un albergo di Siena. E’ Eschilo, Catone il censore e Zelig messi insieme. Non è più lui. Ha perso la smalto. Fiacche le barzellette che ha raccontato, compreso quello che ha detto contro tutti, contro Baldini, Carraro, Pasqualin, il commissario Rossi. Storie vecchie, risapute, come il passaporto di Recoba e il contratto firmato con Moratti. Colpi di coda. Velenosi, ma a vuoto. Dal pomeriggio della prima lacrima sul viso (“Mi hanno ucciso l’anima”) sono passati tre mesi e dodici giorni e dalla seconda lacrima in tv, a “Ballarò”, due mesi. L’anima è risorta. Ma, nonostante l’estate a Follonica, la pelle è floscia e l’anima s’è avvizzita. L’uomo comincia a sentire il peso di essere fuori dal calcio, la sua vita, ma reagisce male. Fuori dal calcio ci si è messo da solo diventando, se non la Cupola, il Cupolone. Farfuglia ed è rancoroso. Peccato. Era un lazzarone simpatico, escludendo i sette telefonini. Cinque anni di inibizione più la proposta di radiazione nel calcio e il processo penale a Napoli. Cerca di contrattaccare, ma spara a salve. Ha costruito una grande Juve, poi ha disonorato il club diventando un maneggione grossolano. Ha una sola chance di riscatto: dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità sugli anni taroccati e anche su quelle telefonate all’ex direttore de “La Gazzetta dello Sport” Antonio Di Rosa, “Direttore, stia attento”, di cui lo stesso Di Rosa ha scritto sulla “rosea” a metà del maggio scorso. Ma la bugia è stata sempre il suo mestiere. Esibisce cartelline verdi con dentro chiacchiere. Le porterà sino alla Corte di giustizia europea a Strasburgo. Buon viaggio.
28/8/2006
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