Calcio
1974: l’Italia allo sbando
La storia dei Mondiali di calcio – 21
di Mimmo Carratelli
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Assegnata definitivamente la Coppa Rimet al Brasile, tre volte campione del mondo, nacque un nuovo trofeo: la Coppa Fifa. Fu l’orafo italiano Silvio Cazzaniga a realizzarlo. Rappresenta due calciatori che, con le mani levate al cielo, sostengono il globo terrestre. Il valore del trofeo, in oro massiccio, alto 36 centimetri e pesante cinque chili, era di ventimila dollari. Sarebbe stato assegnato alla nuova nazionale vincitrice di tre Mondiali. Intanto, a capo della Fifa il brasiliano Joao Havelange, eletto con i voti determinanti dei Paesi africani, sostituì l’inglese Stanley Rous.
La decima edizione dei Mondiali fu assegnata nel 1974 alla Germania e si giocò in nove città, presenti sedici nazionali, assente l’Inghilterra eliminata nelle qualificazioni europee dalla Polonia. Novità assolute l’Australia, Haiti e Zaire. In campo: Argentina, Australia, Brasile, Bulgaria, Cile, Germania est, Germania ovest, Haiti, Italia, Jugoslavia, Olanda, Polonia, Scozia, Svezia, Uruguay, Zaire.
A caccia di maggiori incassi, la Fifa aumentò il numero delle partite facendo disputare le semifinali non più ad eliminazione diretta ma con due gironi di quattro squadre ciascuno. Dai gironi del primo turno si passava ai gironi di semifinale. Le partite della fase finale passarono da 31 a 37. Le vincitrici dei due gironi di semifinali avrebbero disputato la finalissima.
Valcareggi sentimentalmente legato alla squadra vicecampione in Messico, quattro anni prima, si affidò ancora a cinque azzurri ormai a fine carriera: Burgnich 35 anni, Mazzola 32 al suo terzo Mondiale, Facchetti 32, Rivera 31 al quarto Mondiale, Riva 30.
Nel castello di Ludwigsburg, alla periferia di Stoccarda, quartier generale della squadra affidata alla supervisione di Franco Carraro e Italo Allodi, dirigenti del Settore tecnico, rivalità e incomprensioni accompagnarono ancora una volta l’avventura azzurra. L’Italia, imbattuta da due anni (piegò il Brasile e due volte l’Inghilterra), fu data favorita dai bookmakers alla pari della Germania. Zoff non prendeva gol da 1096 minuti e il settimanale “Newsweek” gli dedicò la copertina.
Il debutto contro Haiti allo Stadio olimpico di Monaco (50mila italiani presenti) mise a nudo le magagne, i compromessi e i dissidi del clan azzurro. L’eterna questione Mazzola-Rivera venne risolta affidando al primo la maglia numero 7 e al secondo il ruolo di rifinitore. I tre laziali campioni d’Italia (Chinaglia, Wilson e Re Cecconi) più il napoletano Juliano fecero blocco contro i “messicani” che erano alla frutta ma restavano intoccabili. Gigi Riva era fuori condizione, afflitto dal mal di denti.
Juliano denunciò apertamente: “Quando Zoff giocava nel Napoli, il titolare della nazionale era Alberatosi. Ora che Zoff è passato alla Juve, gioca lui”. Giorgio Chinaglia “sparò” contro Mazzola e Capello: “Non fanno mai un lancio, stanno a centrocampo a fare passaggetti”. L’assegnazione delle camere a due posti seguì un criterio… tattico. Chinaglia fece coppia col placido Zoff, Mazzola con Capello per rinforzare l’intesa di centrocampo, Rivera con Burgnich, insieme Bellugi e Morini rivali per il ruolo di stopper. Più che in altre edizioni dei Mondiali, la nazionale risultò un covo di vipere.
L’antillano Emmanuel Sanon, in contropiede, fece capitolare Zoff portando in vantaggio Haiti. L’imbattibilità del portierone finì dopo 1143 minuti e sull’Italia si allungò l’ombra di una nuova Corea. Rimediò Rivera: prima pareggiò, poi portò gli azzurri sul 2-1 provocando l’autorete di Auguste. Mazzola fu il migliore in campo. Chinaglia mancò il gol del 3-1 e Valcareggi lo sostituì con Anastasi al 69’. Era già successo nell’ultima amichevole a Vienna e quella prima sostituzione, una nuova staffetta, aveva acceso il malumore del centravanti laziale.
Chinaglia uscì dal campo infuriato e, poiché la panchina azzurra lo applaudì, fece il gesto dell’ombrello all’indirizzo di Valcareggi. Piombato negli spogliatoi deserti, mentre la partita continuava, Chinaglia sfogò la sua rabbia scagliando contro le pareti sei bottiglie di acqua minerale. Haiti fu battuto 3-1 con l’ultimo gol messo a segno da Anastasi.
Allodi avrebbe voluto mandare a casa Chinaglia chiedendo che venisse sospeso per tre anni dalle convocazioni in nazionale. Carraro tentò di mediare. Il presidente della Federcalcio Franchi, trattenuto a Ginevra dai suoi impegni di presidente dell’Uefa, telefonò: “Non ne facciamo un martire, trattenete Chinaglia”. Allodi, contrariato, si isolò. Da Roma venne fatto arrivare in aerotaxi l’allenatore della Lazio Maestrelli perché rabbonisse Chinaglia. Giorgione, che era misteriosamente sparito, riapparve al bar rifiutandosi di stringere la mano a Valcareggi. Restò, ma venne escluso dalla partita contro l’Argentina. “La Lazio ha vinto il campionato e non ha nemmeno un titolare in nazionale” protestò ancora. Il gruppo dei meridionali soffiò sul fuoco. Juliano chiese: “Siamo i più in forma, perché non giochiamo?”
Con l’Argentina finì in pareggio (1-1), protagonista Rivera che provocò un’altra autorete degli avversari (Perfumo) dopo il vantaggio dei sudamericani con Housemann.
Terza partita contro la Polonia, nazionale emergente col gigantesco portiere Tomaszewski, il fuoriclasse Deyna, il cannoniere Lato. Per passare il turno bastava un pareggio sia ai polacchi che agli italiani. Un giornalista polacco fece sapere che i suoi connazionali ci stavano a pareggiare, ma l’Italia doveva giocare senza Chinaglia e Anastasi, mentre la Polonia non avrebbe schierato il poderoso centravanti Szarmach. Questo, sul campo, sarebbe stato il segnale dell’intesa. Fuori gli attaccanti che avrebbero potuto segnare: la partita doveva finire 0-0.
L’Italia, forse non fidandosi, schierò sia Chinaglia che Anastasi e la Polonia giocò con Szarmach. Valcareggi escluse dalla gara Rivera e lo spento Riva. Andò tutto male.
Anastasi andò a gambe all’aria davanti alla porta polacca e l’arbitro tedesco Weyland negò il rigore. La Polonia, che aveva strapazzato Haiti 7-0, andò a segno due volte con Szarmach al 39’ e Deyna al 42’. Alla fine del primo tempo si infortunò Burgnich ed entrò Wilson.
Pare che, nell’intervallo, si tentò di rimettere in piedi l’accordo per il pareggio. Mazzola negò d’essere stato il messaggero dell’intesa. Nel secondo tempo continuò ad andare male. Anastasi colpì un palo e Tomaszewski sventò una palla-gol di Facchetti. Nuovo affronto a Chinaglia sostituito da Boninsegna. A due minuti dalla fine, gol di Capello.
L’Italia uscì dal Mondiale per il migliore quoziente-reti dell’Argentina. Il bilancio dei gol: 5-4 per gli azzurri, 7-5 per i sudamericani. Decisivi risultarono i punteggi delle due nazionali contro Haiti: 3-1 l’Italia, 4-2 l’Argentina.
Il Mondiale tedesco segnò la fine della gestione Valcareggi dopo sette anni di conduzione della nazionale. Rivera, Mazzola e Riva non giocarono più in nazionale.
La Polonia andò avanti sino a vincere la finale per il terzo posto battendo il Brasile (1-0).