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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 128
di Mimmo Carratelli
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Era una balla che andassi a giocare a Badajoz nella serie B spagnola, pibe. E’ una notizia vera che stai tornando in Italia questo venerdì 27 novembre 1998.
Stai volando da 18 ore, dopo la partenza da Buenos Aires sul volo 792 della Klm, e puoi immaginare l’effervescenza e l’emozione di questa città di Napoli sette anni, sette mesi e 26 giorni da quel lunedì di Pasqua del 1991 in cui, di sera tardi, verso le 22, te ne andasti da via Scipione Capece, squalificato per cocaina, senza che nessuno ti chiedesse di rimanere. La favola era finita.
E’ inutile farti processi, e squalificarti, e arrestarti, e condannarti in tutti i modi, e presentarti come un vizioso, il più grande peccatore del mondo, è inutile.
Al cuore, caro Dieguito, non si comanda e qui, a Napoli, ti amiamo ancora e, per questo, ce ne fanno una colpa, accusati di un reato del cuore, napoletani di una città per tanti versi disgraziata, ma anche disinvoltamente giudicata e inchiodata alla vergogna dell’esaltazione di un mito fasullo, così dicono.
Deridono la nostra passione, una passione plebea dicono, e l’illusione di stordirci d’amore per un eroe, un eroe ludico per giunta, di nessuna qualità essenziale che non sia la stella filante di un pallone che finisce in rete, e per un falso riscatto mentre faremmo bene a pensare ai nostri guai e ai nostri problemi, e a riscattarci diversamente.
Così, chiamati napoletani col solito tono commiserevole e dispregiativo, vorrebbero toglierci anche la capacità di sognare e amare. Gli facciamo invidia, ecco tutto.
E così stai tornando, nell’ultimo tratto aereo da Amsterdam a Milano, con un volo AZ 117 atteso alla Malpensa, lontano da Napoli, e questo ci fa un po’ soffrire perché, dopo sette anni, sette mesi e 26 giorni, avremmo voluto aspettarti a Capodichino e vederti tra noi, la tua folla e la tua città, pibe, cancellando il tempo che è passato mentre ti buttavano addosso tutte le vergogne del mondo e noi non ti abbiamo mai abbandonato.
Ed ora sappiamo che il tuo breve soggiorno in Italia escluderà proprio Napoli, che sbarcherai alla Malpensa per andare a Torino dal giudice Raffaele Guarinello, che indaga sul doping nel calcio, e poi a Roma da Raffaella Carrà, che ti ha invitato alla sua celebre trasmissione televisiva “Carramba, che sorpresa”, e poi te ne tornerai in Argentina.
E per farti perdonare ci scrivi una lettera che comincia così: “Cara Napoli, so che un po’ ce l’hai con me perché pur arrivando in Italia non torno a salutarti e mi fermo a Roma. Ma è perché a Napoli voglio tornarci non di corsa, non per un’ora, non da turista. E so che questo accadrà. Lo sento e lo voglio”.
E figuriamoci, Dieguito, se non ti perdoniamo e, da inguaribili romantici, da tifosi patetici, come ci accusano d’essere, da spettatori privati di una favola e, ora, del tuo ritorno nel golfo per un abbraccio grande, un saluto d’emozione e un applauso del cuore, leggiamo la lettera e ci soffermiamo sul tuo impegno a venire nella città che ti ama il giorno che sarà migliore per il sentimento che ci unisce.
Quando sbarchi alla Malpensa che è già buio, in questo paese di tangentopoli ed evasori fiscali, un ufficiale giudiziario ti consegna una busta con una ingiunzione di pagamento per una Irpef arretrata, un contenzioso col fisco italiano controverso e affidato ai tuoi avvocati.
Ed eccoti, dopo lo sbarco, con un giubbone e una coppola, e sotto il giubbone mi pare che tu abbia proprio una maglia azzurra, e cento tifosi napoletani ti consegnano la sciarpa del Napoli e la metti al collo. Ma hai gli occhi stanchi per il lungo viaggio, e serenità passeggere sulla faccia un po’ piena, e non hai più i riccioli ribelli dei tempi di felicità.
Sbarchi con Claudia e vuoi andare subito a Torino dal giudice su un altro aereo.
“Vieni a Napoli” ti invita il sindaco Bassolino.
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