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Cronaca
Sophia la dea
di Mimmo Carratelli
(da: Corriere dello Sport del 20.09.2024)
Novant’anni della voluminosa, smargiassa, straripante Sophia Loren, la bellezza ai bagni di Pozzuoli e nelle piscine di Los Angeles, la nostra gloria nel mondo, donna immensa, fianchi immensi, bocca immensa, curve immense, seni immensi, occhi immensi, contessa di Hong Kong, Orchidea nera, madame Sans-Gene, Filumena Martorano, le gambe lunghissime sulle quali si fissarono gli occhi di Orio Vergani, il grande giornalista milanese giurato al concorso di Miss Italia 1950 che la bocciò perché “troppo alta, troppo magra, troppa bocca” e le inventò il titolo di Miss Eleganza “per non mandar via troppo amareggiata la ragazza napoletana”. Sophia bocciata, orgogliosa, sicura di sé che alle domande “vuoi fare teatro?”, “vuoi fare la rivista?”, rispondeva seccamente: “O cinema o niente”.
All’origine era Sofia Villani Scicolone col cinema che già turbava l’aria di casa. La madre Romilda “era come Greta Garbo” e sognava di finire in pellicola dopo avere vinto un concorso della Metro Goldwin Mayer. Ma nacque Sophia, 1934, ci fu la guerra, Roma non era più sicura, meglio rifugiarsi a Pozzuoli.

Sophia ragazzina oggetto di desiderio sul lungomare puteolano, un vitino di vespa fra il trionfo dei seni e la gloria del lato B, le gambe per la trionfale camminata nel mondo, le gambe della camminata imperiosa della pizzaiola di Materdei ne “L’oro di Napoli”, Sophia che squarcia lo spazio, lo invade, lo conquista, lo fa esplodere con la sensualità dell’incedere straordinario, una sfida alla legge di gravità nel bilanciamento continuo di gambe, seni e sedere, un sedere puteolano intriso della forza e delle ebollizioni della Solfatara, esplosivo. Sophia che sopravanza le bombe-sexy di Hollywood, la infinitamente sensuale Jane Russell de “Il mio corpo ti scalderà”, la bionda esplosiva della 20th Century Fox Jayne Mansfield e quando esce “L’oro di Napoli” si è appena sollevata la gonna bianca di Marilyn Monroe sulla griglia di aerazione della metropolitana di Manhattan. Era il tempo delle pin-up, Betty Grable e Rita Hayworth sui maxi-poster per i camionisti.

Sophia una bellezza troppo nuova per i suoi tempi. Il suo corpo sfuggiva, si ribellava, stravolgeva i rapporti numerici ideali del corpo umano codificati da Policleto. Fidia avrebbe avuto difficoltà a domarne la struttura e a darle la sua celebre “continuità plastica”. Sarebbe stata una modella difficile per Prassitele.

Sophia era Sophia, avanzando nel cinema fra il broncio di Brigitte Bardot e la magrezza di Audrey Hepburn, avanzando nel mondo con un continuo apprendistato di eleganza e di classe, simbolo della bellezza e del buon gusto dell’Italia, ma ancora di più donna napoletana nella voce tutta napoletana, nel cuore napoletano, immagine stessa di Napoli.

Sophia era la donna dei “bassi” che usciva e illuminava la strada, la conquistava e le dava vita, la sconvolgeva e la dominava, è stata Filumena Marturano, Agnese ne “Il segno di Venere”, è stata Cesira ne “La ciociara”, è stata l’esplosiva danzatrice di mambo per il maresciallo Vittorio De Sica in “Pane, amore e …”.

Allegra, dolorosa, frizzante, vendicativa, seducente, sedotta, battagliera, romantica, immensa. Sgrezzata col tempo nella recitazione, ma sempre spontanea. L’ambizione, fatta di sacrifici e determinazione, non ne ha mai alterato la sincerità di donna autentica.

Apparve al teatro Metropolitan di Napoli, tremila posti, palcoscenico immenso, nel primo concorso di bellezza del dopoguerra. Era il 1949. Mobilitata Napoli per l’elezione della “Regina del mare”.

Sophia aveva 15 anni. Timida e acerba sulla passerella di 36 ragazze, apparve in un abitino rosa, la più alta di tutte e portava il numero sette. Mamma Romilda la spingeva ad esibirsi perché aveva gambe da esibizione, fianchi e seni generosi. Romilda aveva rinunciato ad essere la sosia di Greta Garbo e riversava sulla figlia i suoi sogni cinematografici.

La giuria di 60 persone, fra giornalisti, artisti e gente del bel mondo, le preferì un’affascinante brunetta del quartiere Chiaia, Jole La Stella, una studentessa in legge sempre in prima linea nei cortei universitari.

Sophia dovette accontentarsi del titolo di “Principessa del mare”. La regina fu l’altra. Romilda entrò come una furia nella redazione del “Corriere di Napoli”, il giornale che aveva organizzato il concorso di bellezza, trascinando Sophia al cospetto dei giornalisti ai quali urlò: “Avete negato il primo premio a questo ben di dio”. Ordinò a Sophia di mostrare le gambe e, poiché la figlia esitava, le sollevò la gonna.

Da quel concorso Sophia raggranellò ventimila lire, un paio di guanti, una giacca di lana bianca, un rossetto Winner, un lampadario di Murano, una valigia di cuoio e sei lenzuola di lino.

Sophia fu seconda a Miss Roma sul Colle Oppio, dove la notò per la prima volta Carlo Ponti, e quarta a Miss Italia 1950 quando venne definita “una spilungona troppo magra, troppo poco donna, male impostata”. E allora lei, col nome di Sofia Lazzaro, volò nei fotoromanzi, un’invenzione tutta italiana di Cesare Zavattini e Damiano Damiani.

Erano il cinema di carta, le storie in fotografia su “Bolero Film”, “Sogno” e “Cine illustrato”, settimanali d’amore a fotogrammi, primi piani di occhi languidi, bocche ardenti e suggestivi dettagli femminili dell’Italia dell’epoca, commesse, sartine, dattilografe perdutamente innamorate, tradite, felici.

Dal cinema di carta al cinema vero. Il passo è stato lungo, come le sue lunghe gambe, e felice come meritava. Sophia Loren, una stella che non si spegnerà mai. Oggi compie 90 anni. Il fascino resiste sotto il grigio del tempo che è passato. È stata una dea straripante. Oggi è una dea serena. Ma è ancora una sovrana di eleganza, di buon gusto e di gradissimo cuore, un cuore napoletano.




21/9/2024
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