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Recensioni
L’Evento di Annie Ernaux
di Luigi Alviggi
Siamo nell’ottobre 1963 a Rouen in Francia. L’aborto è un reato penale e le sfortunate che ne hanno necessità devono forzatamente ricorrere a pratiche clandestine, una triste piaga attraverso cui anche il nostro paese è passato con incalcolabili perdite di vite umane e danni fisici.

La legge di legalizzazione in Italia risale al 1978, in Francia al 1975. La vicenda narrata è autobiografica, l’Autrice è nata nel 1940 a Lillebonne in Normandia. Il periodo di tempo intercorso ben fornisce l’idea di quanto a lungo sia stato dibattuto nel suo animo sullo scriverne.

È anche la totale sincerità dei minimi dettagli a stupire – descritti passo passo dall’inizio alla fine -, quasi il soggetto senta l’obbligo di svelarsi totalmente nello scritto, a riprova di quanto profondamente l’”evento” abbia inciso sul suo essere.

La piena confessione deve essere diventata l’unico mezzo per liberarsi dai fantasmi residui, inquieti e vaganti per decenni nel vivere quotidiano. Del resto, la funzione catartica della scrittura sulle vicende personali è stata sottolineata da una grande quantità di addetti ai lavori.

La studentessa universitaria ventitreenne incappa nel problema ed è obbligata a risolverlo come meglio può. È il risultato inatteso del tanto discusso (allora) metodo anticoncezionale Ogino-Knaus, non avaro di sorprese...

Il percorso parte dalle iniziali insicurezze e speranze legate al ritardo del ciclo. È scontato vivere l’ansia crescente al crescere dei giorni di attesa, e ne comprendiamo la prima emozione conseguente: vede stravolto il corso della vita.

Il passaggio dall’età spensierata, quella dell’essere “pienamente ragazza”, alla presente, in cui è necessario avere cura di sé e rivolgersi a un aiuto esterno, mai sperimentato, e questo spaventa ancor più della difficoltà stessa. Lo stato d’animo mi pare ben reso da due frasi del diario della protagonista (o del suo ricordo, nulla cambia):

Una settimana dopo, Kennedy è stato assassinato a Dallas. Non era già più qualcosa che mi potesse interessare.

(Il tempo…) È diventato una cosa informe che avanzava dentro di me e che bisognava distruggere a ogni costo.


Una volta deciso il percorso, problema grosso diventa trovare il miglior aiuto per l’intervento. Lei, atterrita, è pronta anche a infilarsi un ferro dentro da sola: “A fronte di una carriera rovinata, un ferro da maglia nella vagina aveva ben poco peso”.

Medici evasivi – uno le prescrive addirittura un anti-abortivo -, ponzi pilati dappertutto, porte chiuse, frutto evidente di una società perbenista e ipocrita (solo allora?) non lasciano molta scelta. Si tratta comunque di un reato, e dunque il vuoto si fa largo.

Servirebbe un medico permissivo, irrispettoso del Giuramento di Ippocrate: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.” , o piuttosto una mammana (levatrice) e qui si deve sottolineare l’ambiguità del termine che nello storico soprannome, qui più pertinente, è definita “fabbricante d’angeli”.

Il risultato di questi primi tentativi è dichiarato apertamente: “quello dell’infelicità che avanza ineluttabile”. E questo comporta uno scompenso anche nella vita comune con ciò che definisce il “cielo delle idee” sconvolto e l’incapacità sopraggiunta di scrivere la tesi.

L’ambiente in cui si aggira è deprimente o peggio. Troverà uomini eccitati da una possibile disponibilità sessuale, saputa la situazione, giudizi sprezzanti da chi la giudica una poco di buono, individui rinchiusi nel recinto della legge, persone che la vedono come un’extraterrestre – siamo nella mentalità di inizio anni ’60! -, amiche quanto e più di lei incapaci di qualsiasi aiuto.

Esemplare la prosa della Ernaux, un registro di linearità ed espressività eccellenti, peraltro scrittrice famosa per diversi altri romanzi di successo mondiale. Ricordiamo, tra gli altri, “Il posto” (1983) sul quale nel 2014 - anno dell’uscita in Italia - scrissi un commento. In Francia il libro in esame è del 2000.

Il lessico poi impressiona per precisione e chiarezza descrittive, facendoci parte di ogni scena narrata. La ricchezza di ricordi e l’abbondanza di dettagli non riguardano solo il problema di fondo.

È tutto il mondo degli anni ’60 che viene riproposto con la protagonista a parlarci di chiacchiere con le colleghe, di dettagli sui compagni di corso e di altri, persi lungo la strada dei giorni come succede a tutti. La memoria assume una funzione restauratrice e integrativa.

Alla fine, la penetrazione intellettiva e umana dell’anziana di oggi è certo molto cresciuta rispetto a quella della fanciulla all’accadere dei fatti. Pur conoscendo la trama, le pagine del libro si leggono con interesse costante e diviene commossa la complicità benevola del lettore al sofferto percorso.

(Può darsi che un racconto come questo provochi irritazione, o repulsione, che sia tacciato di cattivo gusto. Aver vissuto una cosa, qualsiasi cosa, conferisce il diritto inalienabile di scriverla. Non ci sono verità inferiori. E se non andassi fino in fondo nel riferire questa esperienza contribuirei a oscurare la realtà delle donne, schierandomi dalla parte della dominazione maschile del mondo.)

E dunque la fanciulla non più fanciulla si lascia andare a fluttuazioni sognanti che valicano i confini del reale per trarla fuori dalle angustie soffocanti il suo mondo, per guardare a un futuro immutato senza urgenze indifferibili.

È la via di sfogo della smania di riprendere il corso di giorni normali senza il bruciante impedimento, una sorta di sdoppiamento di personalità che la spinge a vivere due vite parallele: l’abituale e la rinnegata.

Finalmente, a riportarla con i piedi a terra, compare il “deus ex machina”. La collega sconosciuta invano cercata, reduce da identica esperienza, va a trovarla e indica la sospirata via d’uscita dandole un indirizzo di Parigi.

È arrivata al terzo mese e a una disponibile signora di mezz’età, dietro ricco compenso, affida l’interno della sua pancia: “era lì che si sarebbe giocato tutto”.

Questa però, come scoprirà poi a suo terrificante danno, le stimola solo l’aborto lasciandola impreparata dinanzi i passi a seguire, i più difficili.

Inizia la descrizione più dettagliata, dolorosa e sofferta, del travaglio che termina con un ricovero urgente per emorragia nell’ospedale di livello peggiore, l’ultima condanna sociale da parte di un giovane mediconzolo a una che si è già liberata da sola, sfidando la morte, del problema.

Mi sono svegliata, era notte. Ho sentito una donna entrare e gridarmi di star zitta una buona volta. Le ho chiesto se mi avevano tolto le ovaie. Mi ha rassicurato sgarbatamente: mi avevano solo fatto il raschiamento. Ero sola in una stanza, vestita con un camice d’ospedale. Sentivo pianti di bimbo. Il mio ventre era una bacinella flaccida.
Ho saputo di aver perso nella notte il corpo che era stato mio dall’adolescenza, con il suo sesso vivo e segreto, che aveva assorbito quello dell’uomo senza esserne cambiato - reso anzi ancora più vivo e segreto. Ora avevo un sesso esibito, divaricato, un ventre abraso, aperto all’esterno. Un corpo simile a quello di mia madre.


A riguardo notiamo due punti, senz’altro comuni nella realtà ma non per questo da passare sotto silenzio. Nel libro balza agli occhi la presenza del tutto marginale, nella narrazione quanto nei pensieri della “paziente”, del “padre” del nascituro. Figura, nei brevi passi in cui presente, informe e in sostanza disinteressata sulla sorte di colei con la quale ha accomunato solo il sesso.

Nella realtà odierna poi, pur rispettando in pieno i motivi ostativi religiosi della massima parte degli obiettori, non possiamo non notarne l’alta percentuale, il che può costituire un ostacolo non facile da superare per chi abbia necessità di tale intervento.

Oggi l’aborto è o no un diritto della donna, a parte la questione etica (personale!)? Eppure, ancor oggi, insensibilità, condanna sociale e solitudine, sembrano essere i compagni più vicini a chi è costretta ad affrontare questo tremendo percorso.

Ci sarebbe molto da dire sulla parità effettiva dell’universo donna nel mondo odierno. Molti passi avanti si sono fatti, ma molti ne restano da fare. Un esempio banale: gli assorbenti, che in alcuni paesi vengono dati gratis alle ragazze in età scolare e universitaria e in molti altri hanno tassa ridotta, in Italia sono ancora al 22% di IVA, aliquota massima per la stragrande maggioranza dei prodotti.

Va riconosciuto all’Autrice il merito speciale di avere reso, attraverso un sofferto ripescaggio nella memoria, testimonianza aperta di rispetto e comunione verso l’esperienza umana di milioni di donne - molte delle quali hanno pagato di persona l’inciampo in una normale vicenda di vita -, rimaste ignote per la particolarità della situazione subita e per la comune sensazione di vergogna a riguardo che le accompagna – indimenticabile - per l’intera esistenza.

Oggi so che avevo bisogno di quella prova e di quel sacrificio per desiderare di avere figli. Per accettare la violenza della riproduzione nel mio corpo e diventare a mia volta luogo di passaggio delle generazioni.
Forse il vero scopo della mia vita è soltanto questo: che il mio corpo, le mie sensazioni e i miei pensieri diventino scrittura.


Luigi Alviggi

Annie ERNAUX: L’EVENTO
traduzione di Lorenzo Flabbi
L’ORMA, 2019 – pp. 120
22/3/2020
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