Contatta napoli.com con skype

Recensioni
Cafarnao, caos e miracoli, di Nadine Labaki
di Giovanna D'Arbitrio
Vincitore del Premio della Giuria al Festival di Cannes 2018 candidato ai Golden globe e Oscar 2019 come Miglior Film straniero, Cafarnao, caos e miracoli, conferma l’ interesse della regista libanese Nadine Labaki per temi sociali, dopo le due precedenti pellicole: Caramel, E ora dove andiamo?
Il film in effetti racconta la drammatica storia di Zain (Zain Alrafeea) un ragazzino di 12 anni che vive insieme alla sua numerosa famiglia nei bassifondi di Beirut. La madre Souad (Kawthar Al Haddad) e il padre Selim (Fadi Kamel Youssef) resi duri e poco affettuosi dalla miseria, non hanno registrato nemmeno la nascita dei figli per mancanza di soldi e pertanto tutti sono privi di documenti.

Zain non va a scuola, lavora, si occupa dei fratellini e in particolare della sorella undicenne, costretta poi dai genitori a sposare il loro padrone di casa. Per protesta Zain scappa e viene ospitato da Rahil (Yordanos Shiferaw), un'immigrata clandestina etiope con un figlio di un anno.

Quando la donna viene arrestata, Zain cerca di occuparsi del piccolo, ma alla fine, disperato e affamato, lo affida a un losco individuo che gli promette espatrio in Svezia per una vita migliore. Zain torna a casa alla ricerca di un documento che ovviamente non trova, ma purtroppo scopre che la sorella, sposa-bambina, è morta per un aborto.

Allora afferra un coltello e cerca di uccidere il cognato. Arrestato, dalla prigione con una telefonata riesce a contattare un programma televisivo sui problemi dell’infanzia, chiedendo il supporto di un avvocato (interpretato dalla stessa Nadine Lanaki) per fare causa ai genitori. Durante il processo dichiarerà che “Non si dovrebbero fare figli se non si è in grado di prendersene cura".

Nadine Labaki, dunque, ci fa vivere il dramma di un minore in una società indifferente ai bisogni dei più deboli e indifesi. Il termine cafarnao, indicante confusione e caos, ben si addice a tutte le periferie degradate del mondo. In effetti il tema dell'infanzia maltrattata, benché dominante, mette anche in evidenza violenza, miseria, ignoranza e degrado di tante aree del mondo che generano migranti in fuga senza documenti, non considerati nemmeno esseri umani, soggetti ad ogni sopruso, soprattutto se si tratta di bambini.

Perfino nella scelta degli attori, la regista ha puntato su “vite vissute”, includendo tra gli interpreti, dal più piccolo agli adulti, persone con drammatiche esperienze alle spalle. Ci sollecita, insomma, a riflettere e a porci domande di fronte alla storia di un ragazzino che non si rassegna, che si ribella e combatte contro le ingiustizie. I diritti negati dell'infanzia sono rintracciabili in tutte le zone a rischio, ma in determinati Paesi sono ancora più negati.

In un’intervista la regista ha affermato che per lei il cinema è “una missione e una responsabilità, poiché anche se non può non cambiare le menti delle persone, sicuramente può alimentare il dibattito, creare domande. Sa dare un volto a termini che sentiamo ripetere, come "guerre", e guardare chi le vive con empatia, comprendendendo le loro emozioni, le loro paure. Il cinema serve a questo, a capire meglio la natura umana. Tutti conoscono la realtà, è sotto gli occhi di tutti. Ma guardarla attraverso gli occhi di un bambino straordinario come Zain è un'altra cosa”.

Un film toccante che si avvale della sceneggiatura di Nadine Labaki e Khaled Mouzanar, della fotografia di Christopher Aoun e delle musiche di Khaled Mouzanar.

18/4/2019
RICERCA ARTICOLI