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Cultura
OPEN/1_#lellocercola
di Marco Polito
Venerdì 7 settembre alle ore 19:30 Spazio NEA presenta “OPEN/1_#lellocercola”, esposizione della collezione privata di Raffaele Cercola. Nata da un’idea di Luigi Solito, la mostra sarà aperta al pubblico fino a lunedì 17 settembre.

Le mostre delle collezioni private costituiscono un momento particolare nella programmazione espositiva di una galleria. Le raccolte private rappresentano la fonte dalla quale utenti e curatori possono attingere per seguire il proprio percorso conoscitivo, oscillando tra il gusto personale del collezionista e la rispondenza all’idea di arte contemporanea che ognuno di noi realizza negli anni.

Il punto nodale della questione è naturalmente rappresentato dalla parzialità della visione del collezionista e dalla varietà delle opere d’arte che egli assembla per la sua collezione. Il collezionista mette insieme un insieme di opere finemente specializzato ed in costante e continuo completamento, dimostrando un interesse sempre più vasto e a lungo termine.

L’esposizione pubblica di una collezione privata offre agli spettatori la possibilità di fare esperienza dell’arte sull’esempio di uno spettatore molto esperto, il collezionista. Chi si avventura nel suo percorso, unico e fortunato, può affidarsi con più desiderio alle opere esposte, di cui il loro esperto continua a prendersi cura. Tuttavia vi sono collezionisti che non sono animati soltanto da una spinta enciclopedica, ma che - rimanendo distante sia da una tendenza compulsiva che da valutazioni puramente estetiche - costruiscono collezioni che riflettono il proprio carattere.

Nelle rinnovate sale dello Spazio NEA sarà possibile fruire delle opere, tra gli altri, di Carlo Alfano, Gerhard Richter, Betty Bee, Enrico Castellani, Carla Accardi, Christo, Mimmo Jodice, Michelangelo Pistoletto, Emilio Vedova, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Ernesto Tatafiore, Roberto Fiorentino, Sergio Fermariello, Peter Halley e Marisa Albanese.

Il giorno successivo, sabato 8 settembre dalle ore 21:00, la Biblioteca di Ricerca di Attività Umanistiche - BRAU (Università “Federico II” - piazza Bellini) ospita un secondo evento dedicato al collezionista Raffaele Cercola. Esclusivamente su invito, l’evento prevede tra le iniziative la raccolta fondi a sostegno dei lavori di restauro destinati alle opere artistiche presenti nella Chiesa di Sant'Antoniello a Port'Alba.

In occasione dell’apertura straordinaria della BRAU, l’artista Alessandra Franco presenta al pubblico la sua ultima e inedita opera di video mapping dal titolo “Needing Praying / Celestiali Ardori”. Sull’architettura stratificata del chiostro interno al monastero francescano, antico e contemporaneo si fondono a rappresentare nella sua essenza il mistero e lo scandalo che avvolgono una storia antica del ‘600 napoletano: l’istallazione si inspira alla figura di Giulia Di Marco, la suora “mistica” venerata dal popolo come una santa che scandalizzò il clero e la nobiltà, e la setta della «Carità Carnale».

Il contatto con l’estasi divina, gli ansimi di una caritatevole suora infiammata di passione, all’ombra del Vesuvio dove il sangue ribolle nelle ampolle e sotto il saio grezzo impregnato di mistica religiosità e che si alza per accogliere la fede dei suoi adepti. Corridoi infiniti, strade buie, luoghi segreti dove i desideri più nascosti trovano dimora.

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Profilo biografico
Raffaele Cercola (Napoli, 1948) napoletano per nascita, scelta e sentimento. Professore di Economia Aziendale presso l'Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, è docente di formazione aziendale e marketing in corsi post-universitari. Ideatore e titolare della RC&P, è consulente di marketing e direzione aziendale per società ed istituzioni italiane ed internazionali.

È stato per dodici anni presidente della Mostra d'Oltremare ed artefice della rinascita dell'ente. Cultore della bellezza, innamorato dell'arte in tutte le sue forme espressive, è appassionato collezionista di opere, instancabile viaggiatore, sportivo entusiasta e convinto sostenitore del Napoli Calcio.

titolo: OPEN/1_#lellocercola
durata: 7 – 17 settembre 2018
dove: Spazio NEA, via Costantinopoli 53 / piazza Bellini 59 - Napoli
orario: lunedì - domenica dalle 9.00 alle 2.00 am
ingresso: libero

contatti: 081 18705839 | info@spazionea.it

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Raffaele Cercola. Il collezionista leggero

Collezionare è come lasciarsi avvolgere dal fuoco. Collezionare arte è ancora di più: è innamorarsi della bellezza, arrendersi alle emozioni, perdersi e ritrovarsi. Per divampare, la fiamma però ha sempre bisogno di una scintilla. Un incontro, una storia, un viaggio, un’illuminazione.

Per Lello Cercola, il primo fuoco, il principio della sua lunga e mai interrotta relazione sentimentale con l’arte, si innesca nel 1969. È un giovane studente di Economia. Ancora non ha deciso quale sarà il suo destino. Ha scelto come argomento di tesi la storia dei grandi magazzini. Niente di meglio che andare a Parigi per uno stage, a conoscerne l’origine nel luogo dove sono stati concepiti.

Capita per caso al Jeu de Paume, il piccolo museo nel giardino delle Tuileries, allora dedicato ad ospitare i capolavori dell’impressionismo. Per la prima volta, Lello vede gli impressionisti tutti insieme e prova la vertigine della bellezza. Manet, Renoir, Degas. Ma è soprattutto la sala dedicata a Van Gogh, con il suo autoritratto, a folgorarlo. Precipita in una dimensione estatica della quale, di fatto, è rimasto prigioniero felice.

Geometrico, ma intimamente creativo; metodico, ma attratto dall’innovazione e dal cambiamento; perfezionista, ma non in grado di resistere al rischio delle sperimentazioni, Lello ha cercato una seconda evidenza empirica per comprendere se l’esperienza parigina fosse soltanto un coup de foudre passeggero oppure davvero l’inizio di un amore.

La certificazione giunge pochi mesi dopo, a Venezia, a Palazzo Venier dei Leoni, la casa-museo di Peggy Guggenheim, sul Canal Grande. C’è l’incontro con l’arte contemporanea, con la tempesta di colori di Kandinsky, con Pollock e l’action-painting, con gli squarci di Fontana e l’arte informale. Comincia una nuova avventura.

Intanto si è laureato e ha deciso di restare all’Università, a fare ricerca e a insegnare Marketing. Una scelta inattesa, forse non meditata, istintiva a dispetto della razionalità che lo anima, ma che gli consente di immergersi nella Napoli degli anni Settanta, nella sua vera e formidabile rivoluzione culturale.

È una stagione irripetibile. Per l’arte, il teatro, la musica. Conosce e diventa amico di Lia Rumma, protagonista con il marito Marcello proprio nel 1969 di una mostra-spartiacque agli Arsenali di Amalfi (Arte povera / Azioni povere) curata da Germano Celant, e di Lucio Amelio, che nel 1970 apre a Palazzo Partanna la sua galleria.

Conosce gli artisti che frequentano Napoli in quegli anni – Beuys, Burri, Warhol, Twombly, Rauschneberg, Kosuth, Kiefer, Kounellis, Merz, Vedova, Longo – o sono espressione autentica dell’energia della città – Alfano, Paladino, Tatafiore. Di molti diventa amico, ne comprende il genio e le ossessioni, ne ammira il processo creativo. Comincia ad acquistare le prime opere, quasi sempre consigliato da Lia Rumma: De Dominicis, Alfano, Kiefer, Steinback, Mucha, Richter.

Intanto, sul finire degli anni Settanta, la città sembra essere contagiata da un nuovo rinascimento: a Capodimonte un sovrintendente illuminato pone, accanto alla Flagellazione di Caravaggio, il Cretto Nero di Burri, mentre Villa Pignatelli si apre al contemporaneo: Merz, Fabro, Kounellis, Beuys.

A emozionare Lello è in particolare la ‘Venere degli stracci’, opera-simbolo (1967) di Michelangelo Pistoletto. E proprio a Pistoletto commissiona un suo ritratto allo specchio. Una decisione solo appartenente narcisistica che rivela invece uno dei caratteri di fondo di Lello collezionista: non solo l’arte per l’arte, ma l’arte come interpretazione. E così si lascia indagare, perlustrare, rovistare in fondo all’anima dallo straordinario artista italiano.

Lo specchio è ancora lì, nella casa di Posillipo che da allora, anno dopo anno, ha cominciato a popolarsi di bellezza: un quadro di Vedova per le scale, un’installazione di Kosuth sopra il letto, Kiefer nel soggiorno, un’opera in situ di Raffaella Nappo, una mensola di Steinback e, nella parete all’ingresso, Gino de Dominicis che dialoga con Gerhard Richter e Emilio Vedova.

La casa multitasking vive e si trasforma in base alle ore della giornata, al rincorrersi delle stagioni: ora è un rifugio, un Pausilypon, ora una terrazza per serate indimenticabili, ora un piccolo museo. Non è come quella di Orhan Pamuk che pure nel suo Museo dell’innocenza ha scritto che «si può e si deve raccogliere, in modo intelligente e piacevole, tutto ciò che amiamo anche se non abbiamo una casa o un museo a disposizione, perché la poesia degli oggetti collezionati ne è l'autentica dimora».

No, la meraviglia per chi la frequenta, la ama, assaporandola nelle prime giornate tiepide di primavera o nelle fresche serate di settembre, è il dialogo solo in apparenza casuale fra le opere, è lo stupore per vedere come ciascuna dialoga con l’altra. Alcune sono state concepite per questa casa, dimorano in questa casa con i medesimi diritti del proprietario, e da questa casa non si sono mai mosse (E, per alcune, l’occasione di questa mostra è il primo distacco).

A differenza di altre tribù di collezionisti, Lello non è mai stato geloso o possessivo con le sue opere: mai tenute sotto chiave, mai sottratte allo sguardo, mai protette da una teca. E neppure mai esibite. Hanno convissuto felicemente con lui, hanno abitato e disegnato lo spazio, godendosi il sole e il mare di Posillipo. Come ha scritto qualcuno, «il vero collezionista è un bambino che ha appreso la difficile arte di abitare nelle cose che ha raccolto, senza fine».

Alla casa sulla rocca, nel tempo si sono affiancate le case di Roma, al Rione Monti, e poi quella di Nizza. Anch’esse sono diventate un’estensione dello sguardo innamorato di Lello. Ora, quando varca la soglia di Via Panisperna sa che sopra le scale ad attenderlo c’è Sol LeWitt e, in Costa Azzurra, i conterranei Paladino, Tatafiore e Marisa Albanese potranno curargli la nostalgia del mare di Napoli.

L’incanto non si spezza. Lello è diventato un amato professore di Marketing, prima a Napoli poi alla Luiss e quindi alla Vanvitelli, con generazioni e generazioni di laureati che in giro per il mondo si sono sempre sentiti grati a un uomo che li ha educati alla bellezza e al significato che si nasconde dietro la bellezza.

Ha scritto di imprese di servizi, di piccole imprese, di marketing territoriale. Quando l’arte è entrata prepotentemente nei nostri studi – ad esempio con ricerche dedicate a tracciare percorsi paralleli fra l’arte e il management, a esplorare il marketing dei beni culturali, a indagare il mercato delle gallerie di arte contemporanea – ha preferito restarne lontano. Quasi come per non contaminare la purezza di una passione con i ‘ferri del mestiere’ dell’analista economico.

Da presidente della Mostra d’Oltremare dal 1998 al 2010, ha riservato all’arte contemporanea uno spazio esclusivo. Ha restituito alle mostre il Padiglione America Latina – memorabile un’ampia retrospettiva di Julian Schnabel – e ha provato a sognare un destino differente per la Torre delle Nazioni, da dedicare al design, altra sua grande passione, ben prima che fosse inaugurato il museo del design alla Triennale di Milano.

Ora, quando gli chiedi a quale opera della sua collezione non rinuncerebbe mai, ti spiazzerebbe, confidandoti che, nonostante i quadri, le sculture, le installazioni, non potrebbe fare a meno di una particolare fotografia di Mimmo Jodice. Per lui ha un valore inestimabile: è un regalo di Mimmo; è l’opera di un artista straordinario conosciuto nel mondo che però ha sempre custodito con cura le sue radici napoletane, perché raffigura Posillipo e il mare.

E il mare, in fondo come l’arte – leggerezza e profondità, movimento e contemplazione – racchiude l’essenza di Lello.
(F. Izzo, 2018)


7/9/2018
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