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Approfondimenti
La ceramica di Capodimonte, economia e lavoro
di Vincenzo Cicala
Nel leggere i progressi che l'Istituto Giovanni Caselli sta ottenendo con l'attuale Dirigente Scolastico, mi sono venuti in mente i miei anni lontani.

Non si può contraffare: il "Capodimonte" vero, prodotto di artista, è normato nei materiali da usare, nelle forme, nelle fogge, nella cottura, nelle decorazioni.

Per uno che se ne intenda, è inconfondibile. È fatto di personaggi, di fioriture, di oggetti. Nasce dalla rappresentazione della vita quotidiana della corte di Carlo Terzo, del popolo napoletano di allora, dei campi, delle tradizioni, delle abitudini.

Ha un costo elevato, per i materiali usati ma di più per la cura delle lavorazioni, delicate e profumate. Ha un mercato locale, nazionale, mondiale.

Il Caselli è conosciuto ovunque, alla stregua del "Meissen" tedesco, del "Sèvres" francese. Si trova citato e trattato in tutte le enciclopedie, in ogni libro di ceramica, in ogni pubblicazione specializzata.

Le "Ceramiche di Capodimonte" sono realizzate con materiali pregiati, sono cotte a terzo fuoco con un conseguente effetto plastico e di levigatezza, sono lavorate a mano. Vanno negli Stati Uniti, in tutta Europa, si può dire in tutti i paesi del mondo. Costano, hanno mercato, danno lavoro, hanno una fama mondiale.

Ma si può fare di meglio e di più.
Il "nero" deve emergere ed essere regolarizzato. Attualmente produce sotto costo e fa danno, come riviste ed etichette provenienti dalla Cina e da Hong-Kong.

Il Comune di Napoli ne sa qualcosa. C'è chi si adopera per regolarizzare per quanto voluto e possibile. Le regole di produzione fanno il valore dell'oggetto. Senza il rispetto di esse il manufatto diviene scadente, di serie e si può arrivare anche, come è accaduto, a donarlo come allegato di una rivista.

Gli imprenditori riescano a formare un "unicum" che produca un oggetto raro, vanto e decoro non sostituibile, non riciclabile, della casa di chi lo possiede: un riferimento unico perché unico è lo scopo dell'azienda.

Occorre che gli Enti Locali comprendano l'importanza dell'intrapresa e si attivino, ciascuno nel proprio campo, ad orientare gli operatori, a dare direttive ed indicazioni capaci di regolamentare e valorizzare l'oggetto, di guidare ed agevolare la penetrazione nei mercati, di ambientarlo e custodirlo in quel tratto di Napoli che al centro ha "Il Bosco di Capodimonte" e si distende poi per breve tratto sino ai Ponti Rossi.

Le Industrie di Ceramica vadano ad insediarsi dove vogliono, al Corso Malta, a Marano, a Casoria o dove sia, ma il loro punto di riferimento, il "consortium" di esse, la loro consociazione deve essere a Capodimonte, nel Bosco di Capodimonte, nella Real Fabbrica di Carlo Terzo se si vuole mantenere un pregio che dia ricchezza e lavoro.

14/11/2017
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