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Cultura
I Borbone e il mare
di Emilio La Greca Romano
“I Borbone e il mare”, XXIV Convegno Tradizionalista della Fedelissima Città di Gaeta Affiancandosi a Napoli ed Amalfi, Gaeta, ducato indipendente, fu Repubblica Marinara, coniò moneta e promulgò statuti civici. Tante vicende e lunghe lotte politiche, militari e religiose costituiscono la sua storia.

“Gaeta ha una storia - politica, militare, religiosa - molto interessante e gloriosa”, sostengono il Presidente e i Membri della Pro Loco, “gode di una privilegiata posizione che la natura ha reso fortezza formidabile ed inespugnabile.

Le sue alte ed inaccessibili rocce la difendono dal fronte mare e da quello di terra munito di difesa dall'opera dell'uomo con la costruzione di mastodontici bastioni.

Il porto, naturale anch'esso, rinomato per la sua sicurezza fu ed è sempre asilo e rifugio di flotte mercantili e militari e centro attivissimo di commercio marittimo e la quasi uguale distanza tra Roma e Napoli, per cui Gaeta venne a trovarsi fra i confini politici dello Stato del Papa e del Reame di Napoli, furono caratteristiche che per decine di secoli fecero convergere popoli, dinastie, principi, specialmente stranieri, che se ne disputavano il possesso. Allo stesso modo, queste caratteristiche dettero ai gaetani la possibilità di poter spesso reggersi e governarsi da sé”
.

“La storia e la memoria di questa città, incalza Don Massimo Cuofano, restano perennemente legati all’ultimo periodo storico del Regno delle Due Sicilie. In essa trovò l’ultimo anelito per la difesa dell’indipendenza del Sud, Re Francesco II e gli eroici soldati che l’avevano seguito.

Presa d’assedio dalle truppe occupanti piemontesi comandate dal generale Cialdini, si difese eroicamente per diversi mesi, e solamente il freddo e le difficoltà sopraggiunte costrinsero ad una resa.

Fu continuamente bombardata dalle truppe piemontesi, finanche nel momento in cui gli ambasciatori napoletani stavano firmando la resa.

Trovarono la morte in quella gloriosa Fortezza tantissimi eroi, tra cui diversi giovanissimi Allievi della Nunziatella, che non vollero venire meno al loro giuramento di fedeltà alla Patria napoletana e al Re Francesco II di Borbone”.


Proprio a Gaeta, grazie a chi ha tenuto viva la memoria della storia, si trova oggi un Sacrario dedicato agli eroi delle Due Sicilie. Quest’anno, nel corso del mese di febbraio, si è celebrato il XXIV Convegno Tradizionalista della Fedelissima Città di Gaeta sul tema “I Borbone e il mare”.

Molteplici le manifestazioni di cultura, di fede e di memoria. Tanti i relatori e partecipanti, provenienti da diverse parti, e tutti legati alla memoria dell’antico Regno. Promotore dell’incontro è l’avv. Sevi Scafetta.

Hanno partecipato diversi movimenti meridionalisti, tra cui il Movimento Neoborbonico e i Comitati Due Sicilie, il Movimento Storico delle Due Sicilie, l’Ordine Costantiniano di San Giorgio, in particolare la sezione del Lazio. È seguit la visita al Sacrario Borbonico a cura dell’avv. Franco Ciufo, Vice Delegato del Lazio del S. M. Ordine Costantiniano di San Giorgio, e l’omaggio ai caduti.

Sono stati presenti storici e giornalisti che hanno preso a cuore il revisionismo storico del periodo risorgimentale.

Importante, fra l’altro, la partecipazione della nascente “Fondazione Francesco II di Borbone”, che attraverso la relazione dei tre soci fondatori promotori, è stata presentata a tutti i partecipanti.

Secondo don Massimo Cuofano, “…la Fondazione vuole in particolare lanciare sollecitazione per un impegno collettivo di tutti per ridare alla figura di Francesco II di Borbone quella memoria storica e religiosa che merita. Obiettivo è anche la promozione di una eventuale causa di beatificazione del suddetto Sovrano, Re religiosissimo, caritatevole e di grandi virtù umane, sociali e morali..”.

Francesco d’Assisi Maria Leopoldo di Borbone, nacque a Napoli, il 16 gennaio1836, da Re Ferdinando II e dalla Beata Maria Cristina di Savoia, “la Reginella Santa”, della quale rimase orfano dopo appena quindici giorni dalla nascita. “Portò sempre la memoria di questa donna stupenda e buona, ci ricorda Cuofano, e la fama di essere il figlio della “Regina Santa” accompagnò tutta la sua esistenza.

Dalla vita di lei apprese l’umiltà e la mansuetudine, e da vero cattolico, seguendo anche gli insegnamenti di suo padre, seppe sempre guardare aldilà delle tenebre, fondando la sua vita sulla fede cristiana, nell’onestà dei costumi e di pensiero, consapevole di essere chiamato a servire il suo popolo.

Cattolico devoto, formato alla scuola dei Gesuiti e degli Scolopi, con una religiosità e fede profonda, che caratterizzò tutte le sue scelte, ricordando tutto il gran bene che suo padre aveva fatto per il Regno, egli è animato da buonissimi sentimenti.

Sulla stessa scia dei suoi antenati, Re Francesco II si preoccupò per l’assistenza dei poveri, costruì e ampliò ospedali, fece bonifiche, organizzò la scuola di diritto internazionale e si occupò per l’istruzione della sua gente, fece nuovi progetti per la diffusione delle ferrovie, e altri decreti per la valorizzazione delle industrie e dell’economia.

Francesco d’Assisi Maria Leopoldo di Borbone salì al trono giovanissimo, all’età di 23 anni, a seguito della morte di suo padre. Nel solco dell’operato paterno, Re Francesco II, manifestò il suo interesse per i poveri, costruì e ampliò ospedali, fece bonifiche, organizzò la scuola di diritto internazionale e si occupò per l’istruzione della sua gente. Si distinse nell’impegno in nuovi progetti per la diffusione delle ferrovie. Decretò per la valorizzazione delle industrie e dell’economia.

“La Regalità per Francesco II di Borbone, riferiscono i responsabili della Fondazione “Francesco II di Borbone”, educato agli ideali del mondo antico, non era sete di potere, ambizione, ricerca del proprio interesse, ma si fondava e si conformava all’unico modello di Regalità che la sua profonda religiosità cristiana e la sua fede nel Cristo Redentore, potevano proporgli di imitare”.
Il “Re” Francesco II si sentiva, ed era effettivamente, “lo sposo” del suo popolo, che amò fino alla fine della sua vita, ben oltre la perdita del trono e la fine del Regno.

Seppure la storiografia post unitaria si è poco interessata di questo Sovrano, se non per calunniarlo e svilirne la personalità, eppure dal suo ricco epistolario, dal suo diario, e dalla memoria di chi gli è stato vicino fino alla fine, emerge la figura di un vero Re, dal profilo morale, umano, spirituale, intellettuale di altissimo rigore.

Fece della Verità e della Giustizia i suoi ideali di buon governo, e come figlio di questa terra e padre del suo popolo, difese con forza il diritto del suo regno alla libertà e all’indipendenza, denunciando all’Europa intera l’ingiustizia e le evidenti violazioni del diritto internazionale ai danni dei popoli delle Due Sicilie, che una guerra ingiusta e non voluta stava loro arrecando.

Ricercò, come uomo di pace, la soluzione a quella guerra attraverso i canali della diplomazia, volendo evitare assurde violenze e quella guerra fratricida. Inascoltato pronunciò parole gravi alle palesi ingiustizie di una rivoluzione contraria al diritto, di fronte alle quali l’Europa rimase sorda.

“Denunciò, inoltre, sostengono Cuofano, Rotolo, Losapio e Marro, (Comitato Due Sicilie), con chiarezza e lucidità, la grande minaccia che aleggiava sul mondo e contro la stessa Chiesa Cattolica, una verità che pochi, in quel momento vollero comprendere.

Egli aveva visto bene che dietro tutto quel movimento rivoluzionario si nascondevano i disegni di un potere oscuro, che impadronendosi allora dei suoi Stati, ben presto avrebbero minacciato l’intera Europa.

Infatti quella violazione delle norme più elementari del diritto internazionale, avrebbe spianato la strada a regimi basati sulla forza , la corruzione e sulla violenza.

Fu profeta che aveva guardato ben lontano, rendendosi conto dei totalitarismi e massacri, che nel secolo successivo avrebbero trasformato l’Europa e il Mondo in un immenso teatro di violenza e di guerre”.


Nell’animo di questo Re cristiano dimoravano pace, serenità e concordia. “Dopo la resa di Gaeta, prosegue Cuofano, dove eroicamente, con i suoi soldati e ufficiali rimasti fedeli aveva difeso il suo regno, andò in esilio a Roma accolto dal Beato Pontefice Pio IX, unica voce rimasta a difendere la Verità.

In seguito, primo emigrante ed esiliato del Sud, rimase tra Parigi e Arco di Trento, dove spesso si recava per curare il suo diabete, ospite della famiglia imperiale. Visse questi anni del suo esilio sobrio e umile, sempre disponibile verso la sua gente, e uomo di grande carità e amabilità, fu sempre cordiale con tutti e pronto ad essere solidale alle altrui necessità.

Nonostante fosse rimasto anche lui povero, perché spogliato persino dei suoi beni personali da chi gli aveva usurpato il regno, non rifiutò mai di dividere quel poco che aveva con altri che avevano bisogno di carità.

Anche da lontano continuò a interessarsi della sua gente delle Due Sicilie, li soccorreva nei momenti di bisogno, e chiunque si presentava da lui veniva accolto con grande affetto, e non ripartiva mai a mani vuote.

Non ebbe mai parole di biasimo o di condanna per alcuno, ma sempre sentimenti di pace e di perdono



“Dal suo doloroso esilio, riferiscono Cuofano e il Comitato Francesco II di Borbone, dove sentiva la mancanza della sua Napoli e del suo popolo, soffrendo amaramente per le dolorose notizie che giungevano riguardo gli eccidi e la miseria della sua gente, invitava tutti alla pace e alla concordia, e di sperare nella Giustizia di Dio, che non lascia impunite le iniquità e non fa durare eternamente le usurpazioni.

Conservò sempre la sua serenità, e novello Giobbe, come il Beato Pontefice Pio IX lo chiamava, sopportò con eroica pazienza le avversità della vita e le calunnie dei detrattori.

Restò sempre, come il santo di cui portava il nome, nella perfetta letizia. Colpito dolorosamente anche dalla morte repentina della sua unica bambina, seppe inginocchiarsi alla Volontà di Dio.

Non fu mai scossa la sua fede, fondata sulla sana dottrina e su solida formazione umana, sociale e teologica.

Tradito, ingannato, spogliato, impoverito, calunniato, perseguitato, consapevole che nulla mai potrà separarlo dall’amore di Dio, egli seppe abbassare umilmente il suo capo nella bufera e con silenzioso eroismo fu rassegnato alla Divina Volontà”.


Con capacità cristiana guardò oltre la povertà degli uomini nella convinzione che solo in Dio risiedono Verità e Giustizia. “I Borbone e il mare”, così è titolata, dunque, la grande annuale manifestazione di Gaeta. Si tratta di un Convegno Tradizionalista della Fedelissima Città.

La manifestazione si è spesa in quattro giorni 5, 13, 14, 15 febbraio, specialmente presso l’Hotel Serapo, Sala di Ponente.

Si è aperto il sipario sui Borbone giovedì 5 febbraio nella località Gaeta Medievale, Largo Caserta, (affianco alla Base della Marina Militare).

Alle 12,00 si è tenuta la 48ª Commemorazione, a cura dell’Associazione Nazionale ex Allievi della Nunziatella, dell’esplosione della “Cortina a denti di sega Sant’Antonio”, avvenuta il 5 febbraio 1861 sotto i bombardamenti piemontesi, che causò la morte a centinaia di Cittadini Gaetani e di Soldati e Ufficiali dell’Esercito Napoletano. È seguita poi la deposizione della corona di fiori per i Caduti del 5 febbraio 1861.

Successivamente si sono tenuti numerosi interventi commemorativi, nonché la preghiera in suffragio dei Caduti nella Cappella dedicata a Santa Maria de la Soledad all’interno della Porta Carlo V.

Il 13 febbraio, alle 17.30, la presentazione del progetto “Fondazione Francesco II di Borbone” a cura di don Luciano Rotolo, don Massimo Cuofano, Pantaleo Losapio e Fiore Marro (Comitati delle Due Sicilie); alle 18,00 è seguito lo spettacolo videomusicale, con i musicisti del Gruppo Idea Sud, a cura di Pino Marino dell’Associazione Daunia Due Sicilie – Delegazione Puglie Associazione Neoborbonica dal titolo: “C’era una volta un Regno”.

Sabato, 14 febbraio, presso l’Hotel Serapo, si è tenuta l’Assemblea dei Soci dell’Associazione Culturale Neoborbonica e, a seguire, la seduta del “Parlamento delle Due Sicilie – Parlamento del Sud”.

Nel mezzo della giornata prefestiva, alle 12,00, l’incontro presso la Basilica Cattedrale di Gaeta, con la visita al Sacrario Borbonico a cura di Franco Ciufo, Vice Delegato del Lazio del S. M. Ordine Costantiniano di San Giorgio e di Alessandro Romano, coordinatore nazionale dell’Associazione Neoborbonica.

Ha fatto poi seguito all’Hotel Serapo, Sala di Ponente, l’inaugurazione della mostra: “Tra sete, quadranti, gemelli e bottoni, una Real Borbonica esposizione” di Salvatore Argenio, stilista identitario.

Nel pomeriggio, alle 16,30 l’apertura del Convegno e della celebrazione del Giorno della Memoria dei Popoli delle Due Sicilie con i saluti del Sindaco di Gaeta, dott. Cosimino Mitrano, del Presidente della C.C.I.A.A. di Latina, Vincenzo Zottola, dell’organizzatore degli eventi avv. Sevi Scafetta. Ha condotto l’incontro Marina Campanile, Presidente della Fondazione Vanvitelli. Il programma è stato ulteriormente arricchito dagli interventi di Salvatore Di Tucci, Erasmo Coccoluto, Gennaro De Crescenzo, Claudio Romano, Adolfo Morganti e Pino Aprile.

Ha concluso la serata, alle 21,00, la cena con menù borbonici di Gaeta nei ristoranti convenzionati fra musica e canti che hanno fatto rivivere le incantevoli notti dell’epoca.

Domenica, 15 febbraio, alla Basilica Cattedrale di Gaeta è stata celebrata dal Vicario Generale Mons. Giuseppe Sparagna, animata dal Coro della Cattedrale, la Messa Solenne in suffragio dei Caduti del 1860/61.

La celebrazione si è tenuta presso il Santuario della SS. Trinità alla “Montagna Spaccata”, un complesso che si incastona nel contesto di tre fenditure della roccia.

Segue una scalinata di 35 gradini, che conduce alla profonda, suggestiva fenditura centrale, che, secondo la tradizione cristiana, si sarebbe formata alla morte di Cristo…

La straordinaria bellezza del luogo e la suggestiva atmosfera hanno reso internazionale la fama del posto, tanto d'essere meta di continui pellegrinaggi per i fedeli.

Alle 12.00 si è assistito alla cerimonia del lancio in mare della corona di fiori, offerta dalla Nunziatella, in memoria dei Caduti del 1860-1861.

Ha concluso il Convegno “I Borbone e il mare” la rievocazione storica con alzabandiera salutato a salve lungo gli spalti sulla falesia ove esisteva la Batteria Transilvania, a cura dei Raggruppamenti storico-militari delle Armate di Terra e di Mare del Regno delle Due Sicilie, condotti dal Cap. Alessandro Romano.

Ci piace concludere il servizio sulla Casa Borbone guadagnando l’opportunità che ci ha offerto Eugenio Scalfari, il fondatore della Repubblica, con il suo pensiero riguardo a Napoli e al Sud.

Sollecitato da Antonio Gnoli ad esprimersi sui motivi per cui gli italiani, a suo parere, restano “diversi” tra loro a tanti anni dall'unificazione, Scalfari, ha voluto sottolineare che il popolo italiano non si riconosce realmente nello Stato cui appartiene, questo perché l'unificazione piemontese è stata occupazione.

“Non fu unità – ha dichiarato il noto giornalista – fu occupazione piemontese, e se l’avesse fatta il Regno di Napoli, che era molto più ricco e potente, sarebbe andata diversamente…

La mentalità savoiarda non era italiana. Cavour parlava francese. E gli italiani quel nuovo Stato l’hanno detestato”


31/3/2015
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