Sanità
Balduzzi, “Amianto una brutta bestia”
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Il 2012 è un anno importante per la battaglia contro l’amianto e le patologie ad esso correlate.
Non soltanto per la ricorrenza del ventennale dall’entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, con la quale anche l’Italia decideva la messa al bando della produzione e del commercio di amianto, ma soprattutto perché, il 13 febbraio di quest’anno, il Tribunale di Torino pronunciava la sentenza di primo grado nel monumentale processo Eternit, aprendo non soltanto nuove strade nella qualificazione giuridica delle condotte considerate, ma altresì ridando visibilità internazionale a un problema che per sua natura ha la tendenza a restare sottotraccia.
In quest’anno 2012, non poteva che venire perciò rafforzata la decisione, già maturata nelle prime settimane di vita del Governo presieduto dal senatore Mario Monti, di indire la II Conferenza governativa nazionale sull’amianto, riannodando con quella svoltasi a Roma nell’ormai lontano 1999, e di svolgerla a Venezia, uno dei territori-simbolo della difficile, ma non impossibile, compatibilità tra salute, ambiente e sviluppo.
L’amianto, o asbesto, è davvero una brutta bestia: apparso come soluzione quasi miracolistica a molte delle esigenze poste dal tumultuoso sviluppo economico, industriale ed edilizio (in ragione della sua assenza di infiammabilità, della resistenza elettrica e chimica, per non parlare di filabilità, flessibilità e fono assorbenza), si è rivelato progressivamente come una delle minacce più serie alla sostenibilità ambientale e di salute.
Proprio le sue caratteristiche di perpetuità, incorruttibilità e inestinguibilità sono alla radice del problema: è da tempo noto che le fibre di asbesto tendono a separarsi in fibre estremamente sottili, dotate della capacità di penetrare soprattutto, ma non solo, nelle vie respiratorie, provocando patologie differenti (tra le quali l'asbestosi, le patologie pleuriche fino al mesotelioma, e forme interessanti l'ovaio ed altre sierose), tutte caratterizzate da un lungo intervallo di latenza tra l’inizio dell’esposizione e la comparsa della malattia, intervallo che è in genere di decenni.
Ecco allora le ragioni del nostro convenire qui all’Isola di San Giorgio Maggiore: per ridare spazio alla questione amianto, amplificare le tante voci che, nel nostro Paese e altrove, da anni chiedono che essa abbia un posto fisso nelle agende governative e che si eviti il rischio che finisca sottotraccia, che alla impalpabilità delle fibre di asbesto si accompagni analoga impalpabilità delle conseguenze perniciose in termini di salute e di ambiente.
Perché la questione amianto resta una delle più gravi questioni che si pongono in tema di compatibilità tra ambiente, salute e sviluppo e il suo inquadramento corretto sotto il profilo politico, culturale e istituzionale, se appare ormai largamente acquisito in molte aree dell’Europa e di altri continenti, è invece ancora una domanda aperta in larga parte dei Paesi emergenti e un interrogativo cocente e problematico nei Paesi in via di sviluppo.
In questi Paesi verifichiamo fatti e discussioni che da noi appartengono fortunatamente al passato, ma che lì si pongono purtroppo come ancora attuali e drammaticamente attuali: il cosiddetto uso sicuro dell’amianto, le disquisizioni tra amianto cattivo (blu e marrone) e buono (bianco), il ricatto occupazionale, la strategia di disinformazione e di inquinamento dell’informazione.
Se è vero che negli anni Settanta, all’apice della, per dir così, fortuna dell’amianto, se ne estraevano annualmente cinque milioni di tonnellate, è altresì vero che ancora oggi, dopo le inequivocabili conferme scientifiche sulla sua nocività, nel mondo se ne estraggono oltre due milioni di tonnellate, con l’aggravante di quei Paesi dove non c’è il divieto di estrazione e produzione, ma di commercializzazione e utilizzazione all’interno. Ecco perché l’amianto resta una grave questione internazionale.
Le principali vittime dell'asbesto sono i lavoratori esposti nella produzione di materiali e nella gestione dei rifiuti che lo contengono.
È inoltre ormai noto che l'asbesto può rappresentare un rischio di natura ambientale, oltre che per i lavoratori che vi sono stati esposti e i loro familiari, i quali possono respirare le particelle portate a casa ad esempio con gli abiti da lavoro.
Nella casistica del Registro Nazionale italiano dei Mesoteliomi circa l’8-10% dei casi per i quali sono state ricostruite le modalità di esposizione è risultato esposto per motivi ambientali (la residenza) o per motivi familiari (la convivenza con familiari professionalmente esposti).
Come per tutti gli agenti cancerogeni non esiste una "soglia" di sicurezza al di sotto della quale il rischio sia nullo. "L'esposizione a qualunque tipo di fibra e a qualunque grado di concentrazione in aria va pertanto evitata" sostiene l'Organizzazione Mondiale della Sanità, già nel 1986.
L’Italia è stata fino alla fine degli anni ’80 il secondo maggiore produttore europeo di amianto in fibra dopo l’Unione Sovietica e il maggiore della Comunità Europea, ma - a partire dal 1992 - l'uso dell'amianto è stato bandito.
Altri Paesi, europei e non, hanno bandito l'amianto, ma resta da gestire la presenza di materiali contenenti amianto il cui deterioramento può essere causa di gravi problemi.
Le autorità sanitarie devono pertanto confrontarsi con un fenomeno grave, che peraltro non è stato valutati immediatamente tale, ed al quale si è cominciato a porre rimedio solo alla fine degli anni '80 dello scorso secolo, con il citato bando dell'utilizzo dell'amianto e l'adozione, in alcuni Paesi, di misure per la rimozione in sicurezza dell'amianto deteriorato che è in condizioni di disperdere fibre.
INTERESSE PER LA SANITÀ PUBBLICA
Da un punto di vista di sanità pubblica vi è interesse soprattutto a prevedere l’evoluzione dell’epidemia di mesotelioma maligno in seguito alla progressiva adozione nei Paesi occidentali di misure di contenimento dell’esposizione ad amianto o di vero e proprio bando.
Negli Stati Uniti ed in Svezia, dove i consumi di amianto sono diminuiti più precocemente, si assiste già ad una diminuzione dei tassi di mortalità e di incidenza.
In Paesi come Olanda o Gran Bretagna, invece, la frequenza di MM è ancora in crescita, pur con un possibile rallentamento.
Laddove i consumi sono cresciuti, come nei Paesi in via di sviluppo, le limitate statistiche disponibili suggeriscono che l’epidemia sia attualmente al suo esordio.
Le proiezioni pubblicate per l’Italia, basate su differenti modelli, hanno previsto un picco di circa 800-1.000 decessi all’anno tra il 2010 ed il 2020 o tra il 2012 e il 2025, seguito da un declino relativamente rapido.
Si tratta di numeri che possono non far trasparire la gravità del fenomeno e il dramma dei pazienti e dei loro familiari, ma le Autorità sanitarie non possono non dare rilevanza a tale fenomeno e adottare idonee contromisure.
PROPOSTE OPERATIVE
In tale scenario, l'Italia ritiene che l'Unione europea possa svolgere un ruolo fondamentale: un'azione concordata a livello comunitario, tra la Commissione e gli Stati membri, può costituire uno strumento che ha migliori possibilità di risultare efficace rispetto ad attività limitate al livello nazionale. Il 7 dicembre a Bruxelles, al prossimo Consiglio europeo dei Ministri della Salute, l’Italia presenterà la proposta per la costituzione di una rete europea di centri di eccellenza di ricerca per il contrasto alle malattie asbesto-correlate. Ciò per arrivare a:
- migliorare la conoscenza epidemiologica del fenomeno in Europa, ed il trend di casi delle diverse patologie asbesto-correlate, attraverso la raccolta ed esame di alcuni dati statistici sanitari nei diversi Paesi e la creazione di appositi network contenenti le informazioni cliniche in formato standardizzato
- migliorare la conoscenza della suscettibilità individuale alle diverse patologie asbesto-correlate e le capacità di diagnosi precoce, anche con la costituzione di banche di campioni biologici e l'identificazione di marcatori biologici di diagnosi precoce, mettendo in rete le risorse scientifiche disponibili nei diversi Stati membri
- creare un network clinico tra le diverse strutture specializzate nella gestione di tali pazienti, nell'ambito della direttiva 2001/24/UE sui servizi sanitari transfrontalieri
L'Italia confida che questa richiesta, dettata dall'interesse della tutela dei nostri cittadini, trovi la condivisione degli altri Stati membri e della Commissione europea e che si possa, lavorando insieme, giungere in tempi rapidi ad una significativa riduzione dei casi di patologie asbesto-correlate e ad un rilevante miglioramento della prognosi dei pazienti affetti da tali forme di malattia.
RISCHIO SANITARIO E INTERVENTI LEGISLATIVI- Completamento dei registri dei mesoteliomi asbesto-correlati e dei casi di asbestosi in tutte le regioni e collegamento con il Registro nazionale;
- Potenziamento della ricerca epidemiologica sul mesotelioma maligno e della ricerca clinica finalizzata a nuove strategie terapeutiche, preventive e di controllo;
- Valorizzazione di forme di interazione tra esperti, amministratori locali e movimenti di cittadini attivi sul problema;
- Gratuità della sorveglianza sanitaria degli ex-esposti attraverso le strutture del SSN e a cura dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza degli ambienti di lavoro nelle ASL;
- Revisione delle normative sul riconoscimento delle malattie professionali asbesto-correlate e sull’esposizione;
- Individuazione di Centri di riferimento per la diagnosi e la terapia dei mesoteliomi;
- Riordino e coordinamento delle normative sanitarie e ambientali che interagiscono sia a livello nazionale che a livello europeo;
- Integrazioni legislative alla 257/92 in materia di rappresentanza regionale sia a livello della sanità che dell’ambiente nell’ambito della Commissione Nazionale Amianto.
RISORSE
Per quanto riguarda le risorse, è chiaro che se c’è un piano dobbiamo trovarle. Le abbiamo individuate nel riparto 2012 delle risorse per la sanità per quanto riguarda i tumori rari, di cui il mesotelioma pleurico fa parte. Si tratta di risorse significative che saranno ulteriormente implementate con altri fondi di diversa competenza. Proporremo al Presidente del Consiglio l’adozione di un Piano nazionale dell’amianto.
Concludo con una speranza: che non siano necessari altri 13 anni per la terza Conferenza governativa sull’amianto e che, quando verrà organizzata, l’agenda delle cose fatte sia più fitta di quella delle cose che restano da fare.