Nove Premi Nobel contro il nucleare
di Giovanna D'Arbitrio
In occasione del 25° anniversario del disastro di Chernobyl, e ricordando la catastrofe di Fukushima, nove Premi Nobel hanno inviato una lettera aperta a 31 capi di stato invitandoli a riflettere sui pericoli del nucleare e sollecitandoli a investire su fonti energetiche alternative, più sicure e rinnovabili.

Essi hanno affermato di essere “fermamente convinti che se si cominciasse adesso a dismettere il nucleare in tutto il mondo, le generazioni future, soprattutto quelle giapponesi che hanno sofferto fin troppo, vivrebbero in un mondo più sicuro e pacifico”.

Ecco i loro nomi: Betty William (Irlanda), Mairead Macguire (Irlanda), Rigoberta Menchu Tum (Guatemala), Jody Williams (USA), Dhirin Ebadi (Iran), Wangari Maathai (Kenya), Desmond Tutu (South Africa), Adolfo Perez Esquivel (Argentina), Jose Ramos Horta (East Timor).

Anche l’italiano Carlo Rubbia, Premio Nobel per la fisica 1984, in una recente intervista su “Repubblica” si è schierato contro la costruzione di nuove centrali nucleari che nel nostro paese in particolare richiederebbe tempi troppo lunghi per dare risultati apprezzabili e privi di rischi.

In Italia intanto slitta la firma del decreto interministeriale sulle energie rinnovabili. Pare ci siano opinioni diverse in merito e che si voglia tener conto delle richieste delle regioni.
Dopo la rinuncia all’utilizzo del nucleare, rinuncia che bloccherà anche il prossimo referendum sullo stesso, fu annunciato un grande piano energetico nazionale, ma pare sia necessario ora trovare punti d’incontro tra pareri contrastanti.

Intanto, per lo slittamento del decreto, molti posti di lavoro sono a rischio: l’impasse nel settore impedisce la pianificazione degli investimenti.

Pare che le centrali nucleari sul nostro pianeta siano complessivamente 442, concentrate soprattutto negli USA (104), in Europa (148), Russia, Giappone, senza contare quelle in fase di costruzione (soprattutto in Cina).

Ancora troppi i reattori più vecchi e pericolosi, costruiti in un periodo in cui non si teneva conto dei territori a rischio sismico.
Ci auguriamo pertanto che non ne vengano costruite altre o che almeno si riducano i pericoli di quelle già esistenti, per il bene dei nostri figli.

2/5/2011
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