Quell’Antonio Bassolino…
di Stefano Federici
Associazione a delinquere, truffa e reati ambientali, queste sono le ipotesi di reato che sono alla base degli arresti e delle indagini condotte dalla Procura di Napoli. E mentre le responsabilità sono ancora da accertare quello che rimane come unico dato certo è l’avvelenamento del mare lungo le coste salernitane e casertane e del golfo di Napoli.

Agli arresti, domiciliari e non, sono finite 14 persone: Gaetano Da Bari, amministratore Hydrogest e responsabile impianto Napoli Est; Claudio De Biaso, responsabile area tecnico-operativa del commissariato rifiuti; Giovanni Melluso, responsabile scientifico impianti area Nolana e Foce Sarno; Vincenzo Mettivier, procuratore speciale Veolia srl; Antonio Recano, funzionario commissariato acque e bonifiche; Generoso Schiavone, responsabile ciclo depurazione acque regione Campania; Leonello Serva, ex sub commissario rifiuti; Antonio Tammaro, responsabile impianto Regi Lagni; Corrado Catenacci, ex commissario rifiuti e presidente Sapna (Sistema Ambiente Provincia di Napoli); Marta Di Gennaro, ex vicecapo Protezione civile; Gabriele Di Nardo, responsabile depuratore Cuma; Errico Foglia, responsabile impianto Acerra; Mario Lupacchini, coordinatore settore ecologico Regione Campania, Gianfranco Mascazzini, ex direttore generale ministero dell’Ambiente.

Tra gli indagati risultano anche Antonio Bassolino, ex governatore della Regione Campania; Luigi Nocera, ex assessore regionale all’ambiente; Gianfranco Nappi, ex capo della segreteria di Bassolino.

Perquisizioni sono state effettuate nelle sedi istituzionali quali quella della Regione Campania, della Prefettura partenopea e della Protezione civile a Roma.
Secondo le accuse, e secondo anche quanto risulta dalle intercettazioni, il percolato prodotto dalle discariche e quello dei siti di stoccaggio temporanei veniva smaltito nei depuratori della costa tra Napoli e Caserta e, di conseguenza, a mare invece di essere opportunamente trattato, dopo l’estrazione con pompe dalle stesse discariche, o trasportato in impianti autorizzati.

Invece di eseguire quanto prescritto dalla legge gli amministratori della cosa pubblica campana, gli esponenti di spicco della protezione civile e del commissariato di governo sembravano uniti in un sodalizio che, con la scusa dell’emergenza, produceva soldi, facili carriere e clientele.

Si potrebbe dire che è un po’ la storia di sempre, una storia che rivede, ancora una volta, protagonista quell’Antonio Bassolino già sotto processo a seguito dell’inchiesta “Rompiballe” per i lauti compensi elargiti nei confronti di consulenti di cui, ancora oggi, non si è dato di conoscerne le reali attività.

Non è un caso che una delle ipotesi di reato sia proprio l’associazione a delinquere; dalle intercettazioni emergerebbe con chiarezza che buona parte degli interessati era a conoscenza del danno ambientale che stava procurando e da una lettera dello stesso ex-governatore si evincerebbe la sua preoccupazione per la situazione nell’impianto Foce Lagno.

La guerra dei rifiuti, che ha ridotto la nostra regione ad una enorme pattumiera, ha inquinato anche mare e coste, in spregio alla salute dei cittadini contribuenti, a quegli stessi cittadini a cui è chiesto di pagare la tassa più salata d’Italia per lo smaltimento dei loro rifiuti.

Non solo camorra, ma un sempre più chiaro coinvolgimento di tutte le istituzioni, campane e non, in un progetto che non sembra più solo risultato di una politica distratta ed incapace, ma di un vero e proprio piano di distruzione ambientale della Campania.
30/1/2011
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