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Cronaca
Napoli fuori dagli Europei 2016
Al momento la terza metropoli d’Italia non merita la ribalta europea
di Angelo Forgione
La Federazione Italiana Giuoco Calcio  ha ufficializzato al Comune di Napoli che al momento la città partenopea è estromessa dalle nove sedi candidate ad ospitare gli Europei del 2016.

Le città pretendenti dovevano consegnare entro il 19 Novembre un progetto definito di rilancio degli stadi. Napoli non ha presentato nulla oltre a delle ipotetiche “idee” snocciolate da un tecnico inviato da Palazzo San Giacomo, imbarazzato di fronte ai documenti programmatici puntualmente redatti e conferiti dalle amministrazioni comunali di Roma, Milano, Torino, Palermo, Bari, Firenze, Cagliari, Udine e Verona. Ma non sono solo queste le nove città che contendono a Napoli il posto che le spetterebbe e che, stante l’attuale bocciatura, dovrebbero avere la strada spianata; in verità l’estromissione di Napoli apre speranze persino a città minori come Bergamo, Lecce, Perugia, Siena e altre due località (non ancora note) dell’Emilia Romagna le cui amministrazioni hanno presentato progetti e gongolano di speranza per le omissioni di casa nostra.

I nodi vengono dunque al pettine e le insostenibili condizioni dello stadio “San Paolo” producono il “bubbone” che è solo la punta dell’iceberg dell’impiantistica sportiva napoletana. Circa sei milioni di euro annui di manutenzione sottratti alle esigue finanze comunali dal gigante d’argilla di Fuorigrotta. Soldi che bastano a stento a tenerlo in piedi e che sottraggono risorse alla rete impiantistica comunale che, per un naturale effetto domino, vede infatti il palasport “Mario Argento” in macerie e lo stadio “Collana” inagibile, solo per fare due esempi.

Il Comune aveva pensato a mettere in vendita il “San Paolo”, aliendolo così dalle proprie competenze proprio per l’impossibilità di farsene carico. Anche i circa cento impiegati comunali che vi sono impegnati ormai gravano sensibilmente sul bilancio comunale. Se ne è discusso lo scorso 17 Novembre in un Consiglio Comunale a tema a seguito del quale si è poi deciso di non vendere più. In quell’occasione, il Sindaco Iervolino ha commesso una clamorosa gaffe e a chi gli chiedeva della vendita dell’impianto ha risposto “ma chi s’o pija?!”. Come dire che l’Amministrazione Comunale, comunque responsabile di avere portato lo stadio comunale allo sfascio, è consapevole di essere proprietario di un impianto inappetibile perché fatiscente. E purtroppo, la battuta infelice il Sindaco l’ha pronunciata ridendo, quasi non si trattasse di un dramma, uno dei tanti della città. Il Presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis aveva già fatto capire le sue intenzioni dichiarando: “A me il San Paolo? Neppure se mi pagano".

Non resta che sperare nella legge Crimi che, se approvata, darebbe la possibilità di affidare gli stadi comunali e il relativo diritto di superficie alle società di calcio che li utilizzano per almeno 20 anni. Il diritto di superficie peraltro consente ai club che utilizzano gli stadi di diventare proprietari o concessionari di tutti gli spazi circostanti e delle eventuali cubature esistenti a ridosso degli impianti. Dunque, il Comune non vende perché sa che nessuno compra e allora non resta che rivalutare lo stadio. Già, ma con quali soldi?
In tutto questo, il Comune di Napoli non ha pensato a redigere alcun progetto come richiesto dalla F.I.G.C. Città quindi schiaffeggiata e umiliata ancora una volta per colpe della sua Amministrazione Comunale. Ma perché stupirsi della bocciatura “sportiva” se anche l’UNESCO aspetta invano il “Piano di Gestione” per il centro storico da quattordici anni, necessario a mantenere la città nella lista dei siti patrimoni dell’umanità?
23/11/2009
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