Cronaca
I raccomandati
Una vergogna dell’italica penisola
di Stefano Federici
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Wikipedia, l’enciclopedia online, liquida la parola “raccomandazione” in appena due righe. La definisce il modo di dar vantaggio a qualcuno nuocendo, nei fatti, a qualcun altro.
Ma già il senatore Andreotti, alcuni anni fa, sdoganò questa “pratica” definendola addirittura utile… a chi non si è dato di sapere. Ma l’insegnamento dei padri della nostra democrazia e Costituzione non va mai perso nel vuoto… e la “sporadica” raccomandazione è divenuta, nel tempo, pratica comune, anzi indispensabile per riuscire a trovare l’agognato posto di lavoro (si va dagli operatori ecologici sino alle consulenze milionarie dei vari enti nazionali).
Un costume nazionale che coinvolge tutti i ceti, trasversalmente, dividendo i cittadini in due semplici categorie: i raccomandati e i non-raccomandati. La raccomandazione non è né di destra né della sinistra attuale… sembra addirittura comunista… anarchica.
Può chiederla chiunque e per qualsiasi motivo !
Puoi rivolgerti all’amico infermiere del reparto ospedaliero per chiedere “un occhio di riguardo” al tuo malato; all’amico professore di scuola di tuo figlio “per maggiore comprensione”; all’amico funzionario del comune “per quella multa o quella tassa non pagata”; all’amico politico di turno “per un lavoro”…pecchè tutt’ quant’ amma campà !
Il ritrovamento di un file contenente i nomi di 655 persone associate ad un politico, nel computer dell’ex direttore generale dell’Arpac, Luciano Capobianco, è uno degli elementi principali dell’inchiesta che ha portato all’applicazione di misure restrittive nei confronti di Sandra Lonardo e altri 62 indagati.
Il parlamentare europeo, Clemente Mastella, marito della Lonardo, in una conferenza stampa, rivendica onestà e trasparenza, affermando, come se fosse una giustificazione, che di raccomandazioni lui ne ha fatte meno di quante proposte dal figlio del deputato Antonio Di Pietro.
Una questione di numeri, non di metodo. Una questione che sembra voler risolversi nella presunzione di aver ricevuto un mandato, quasi divino, che permette ai nostri rappresentanti istituzionali di poter, con le raccomandazioni, decidere chi meglio possa ricoprire determinate posizioni, senza nessun confronto con chi preferisce presentarsi solo con il proprio nome e le proprie capacità. Pochi, ma almeno alcuni, non sono d’accordo.
Nel 2007, nel suo libro “Mal di merito – l’epidemia di raccomandazioni che paralizza l’Italia”, Giovanni Floris individua nella “raccomandazione” il reale “titolo di merito” che, nel nostro paese, permette di trovare un’occupazione, ma anche il reale motivo che ne blocca la crescita.
Il Censis rileva che ben un italiano su quattro si rivolge a un politico per la soluzione di un qualsiasi problema, scavalcando così gli altri.
La Cassazione ha sancito che “I politici che rivestono incarichi nelle amministrazioni locali, commettono tentata concussione quando cercano di condizionare le assunzioni clientelari anche se non hanno il potere di mettere in atto le "minacce" con le quali esercitano pressioni sui datori di lavoro ai quali raccomandano i loro protetti.” (annullamento assoluzione di Vincenzo Nespoli, ex presidente consiglio comunale di Afragola).
Per alcuni, quasi tutti politici e beneficiari di “spintarelle”, la raccomandazione è un utile metodo di semplice segnalazione; per altri una pratica consolidata che viola leggi e regole, mina l’uguaglianza tra i cittadini, blocca la crescita della nostra società.
A me, semplice cronista, sorge spontanea una sola, semplice domanda: “Ma chi non è raccomandato, in un paese dove i posti di lavoro sono sempre meno e sempre più controllati dalla politica, dove deve andarsene per vivere onestamente ?”