Cultura
Musica alla Tomba di Virgilio
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C’è uno spaccato di buona musica, inserita nel più ampio programma della Piedigrotta 2009, che corre il rischio di essere dimenticato, a vantaggio delle altre voci del programma, di più facile richiamo.
Il progetto è del Centro di Musica antica-Pietà dei Turchini che da anni svolge una apprezzata attività per la quale ha ricevuto riconoscimenti di prestigio ed ha la particolarità di svolgersi nei luoghi cari a Virgilio (il parco Virgiliano, alle spalle della chiesa di Piedigrotta, dove c’è anche la tomba di Leopardi) e quindi nel cuore della festa stessa.
I concerti saranno eseguiti nell’antica Crypta neapolitana che fu il primo collegamento scavato nella collina di Posillipo, che separa Piedigrotta e Fuorigrotta, tra la città e l’area flegrea, Pozzuoli in testa: un luogo quindi di grande storia, prima di tutto ingegneristica e archeologica, e di grande fascino e suggestione, legato ai riti orgiastici e ai miti di Priapo. Da anni chiuso al pubblico dopo i danni del sisma del 1980 (non ancora terminati i lavori di restauro statico) la prima parte della Crypta, messa in sicurezza da tempo, ospiterà gli artisti e il pubblico per i tre appuntamenti del programma qui di seguito riportato.
LA COLLINA DEI POETI – MUSICA NEI LUOGHI DI VIRGILIO
Musica e poesia nel segno della più antica tradizione della festa di Piedigrotta.
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania,
Soprintendenza BAPSAE di Napoli e provincia
Coordinamento artistico del Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini
da un’idea di Roberto Festa
In collaborazione con La Società delle Muse
Nel week and che conclude la Festa di Piedigrotta, dall’11 al 13 settembre, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania, su progetto artistico del Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini, ha programmato 3 concerti nell’antica Crypta Neapolitana situata nel Parco ai piedi della collina tufacea di Posillipo dove giacciono le spoglie di Virgilio e Leopardi.
La rassegna che avrà protagonisti di eccellenza come l’Ensemble Daedalus diretto da Roberto Festa, al suo debutto a Napoli e La Cappella della Pietà de’ Turchini diretto da Antonio Florio, avrà il merito di valorizzare uno dei luoghi più evocativi della città di Napoli ma meno frequentati.
Il calendario degli eventi si snoderà come segue:
Venerdì 11 settembre h. 18.00
D’AMORE E DI FOLLIA
ENSEMBLE DAEDALUS :
Monika Mauch soprano
Leonardo Massa colascione
Hugh Sandilands chitarra, liuto
Pierre Pitzl viola da gamba, chitarra
Markus Tapio, viole de gambe
Brigitte Gasser viola da gamba
Roberto Festa flauto, direzione
Programma :
Giovanni Foscarini, Ciaccona
Thomas Ford, There is a lady sweet and kind
Orlando di Lasso ‘Sto core mio se fosse di diamante
Adrian Willaert, Boccuccia dolce chiù che canamielle
Tarquinio Merula, Folle è ben chi si crede
Giuseppe di Maio, Mentre il cuculo il suo cucù cantava
Tobias Hume, Loves farewell
Anonimo, Che sia maledicta l’acqua
Barbara Strozzi, Eraclito amoroso
Santiago de Murcia, La Jotta
Tarquinio Merula, canzonetta spirituale sopra la nanna
Claudio Monteversi, Sì dolce è’l tormento
D'Amore e di Follia
Amore e follia sono una coppia che dalla notte dei tempi passeggia a braccetto. L'amore nell'estetica del XVI e XVII secolo è tempesta emotiva, confusione dei sensi, tenebra e infine erranza. "Amore e morte" cantavano i mitici poeti dell'Ellade. Di una morte diversa, quella della ragione, quella del senno e del buon senso scriveranno i poeti cinquecenteschi e seicenteschi.
Chi mette’l piè su l'amorosa pania,
cerchi ritrarlo, e non inveschi l'ale;
Che non è in sommo amor' se non insania,
A giuditio de' savi universale:
…
E qual è di pazzia segno più espresso
che per altri voler' perder' se stesso?
(L. Ariosto O. F. XXIV - 1)
Tre fasi distinte caratterizzano il comportamento amoroso, secondo i teorici della medicina.
“L’innamoramento”, la prima, è l’epifania del piacere, è il tempo della seduzione e delle infinite dolcezze. L’amante scopre - seconda fase - che amore rima a volte con dolore. Questo, infatti, gli impone un vero e proprio bombardamento emotivo, causando in lui smarrimento e sbalzi emotivi frequesti, che fatalmente intaccano le fondamenta del suo essere.
È la pericolosa erranza nell’infida e oscura selva della ragione che già Dante canta nell’ incipit della sua Comedia.
Il percorso di un amante non potrà avere un esito felice (pensiamo a Didone, a Orfeo etc.) se questo non troverà modo di temperare la fiamma d’amore con forza, virtù e purezza d’animo. L’Orlando dell’Ariosto potrà risorgere a “nuova vita” solo perchè di tutti i paladini è il più puro, il più forte ed il più intrepido.
Tecnicamente, le cose sono piuttosto semplici dal punto di vista medico. L’amore produce eccitazione, entusiasmo, da una parte, depressione e struggimento dall’altra. L’entusiasmo produce calore; la depressione freddo. Il calore infiamma l’atrabile (umore chiamato anche humor nero o malinconia e al quale dobbiamo la nostra salute mentale), la cui combustione porta alla follia;
Dal fuoco spinto hora era il vital humore
Fugge per quella via, ch'agl'occhi mena:
… et trarrà insieme
e' l dolor' e la vita all'hore estreme.
(L. Ariosto O. F. XXIII -126)
Lo sconforto solidifica la malinconia, umore fisicamente molto instabile, e provaca invece catatonia e abbattimento.
O infelice, o misero, che voglio
Se non morir s'el mio bel fior colt'hanno?
…
Se quest'è ver, con le mie man' mi toglio
La vita e l'alma, disperata danno!"
(L. Ariosto O. F. VIII -78)
I teorici della seconda prattica, costruiscono sulle basi della farmacopea dell’antichità classica, una vera e propria morfologia musicale della malinconia, un alfabeto simbolico, una retorica concepita per tradurre in suono la ciclotimia atrabiliare.
Basterà associare dolore e sconforto a dissonanza, a movimenti melodici “tardi e lenti”, al registro grave, ai modi per bemolle. L’entusiasmo, la furia e la mania abiteranno invece l’acuto, permetteranno durezze armoniche e stravaganze, rapidi movimenti melodici e deviazioni modali improvvise ad imagine di quella psiche di cui la musica vuole essere un doppio.
Sabato 12 settembre h. 12.00
Didone e le altre
Arie e sinfonie
Leonardo Vinci (1690-1730)
da La caduta dei Decemviri, Silla dittatore, Artaserse, Siface, Partenope,
- Come il candore d’intatta neve
- Sento amor che piange e dice
- Sinfonia
allegro-largo-andante
- Dimmi ch’un empio
- Sinfonia
allegro-largo a mezza voce-presto-largo-allegro
- Se dal fiume altera l’ombra
…………………………………………
- Soffre talor del vento
- Sinfonia a violino solo ed archi
Allegro-adagio-allegro
- L’onda del mar divisa
- S’io non t’amassi
- Sinfonia
Allegro-adagio-andante
Niccolò Piccinni (1728-1800)
da Didone Abbandonata
Son regina e son amante
Il mito di Didone appare in questo concerto come un filo rosso che rimanda ad epoche remote, a personaggi da leggenda. L’archetipo napoletano della Didone abbandonata si ritrova in Domenico Sarro che si accosta al tema metastasiano nel 1724. La riscrittura di Traetta è del 1757, mentre quella di Piccinni è del 1770. Gli esiti sono diversi naturalmente, e Antonio Florio decide di soffermarsi, in questa sede, proprio sull’esempio di Niccolò Piccinni. Didone attraverso Piccinni non racconta una storia, ma racconta le sue emozioni, il suo dolore, la sua disperazione, la sua forza e la sua debolezza, e la musica coglie al meglio le sollecitazioni del libretto. Figura centrale dell'opera sia italiana che francese della seconda metà del XVIII secolo, Piccinni contribuì in maniera determinante allo sviluppo dell'opera buffa. Studiò con Leonardo Leo e Francesco Durante, presso il Conservatorio di Sant'Onofrio a Napoli e fu protagonista di una celebre querelle che lo oppose al compositore Christoph Willibald Gluck.
Il mito di Partenope, sirena fatale, verrà invece proposto tramite la musica di Leonardo Vinci. Nel 1699 comparve sulle scene di Napoli la prima opera lirica dedicata al mito musicale della fondazione di Partenope. In cento anni esatti dalla “invenzione” dell’opera in musica a Firenze, erano stati rappresentati tanti miti e tanti eroi ed eroine, umani o divini, ma mai un titolo di melodramma poteva così esplicitamente identificarsi con il simbolo sonoro di una città.
Per i napoletani durante tutto il lungo periodo di due secoli di dominazione spagnola, Partenope era la canora sirena dal corpo di uccello che, vinta da Orfeo e poi da Ulisse, si lasciò morire nel mar Tirreno e sul suo corpo emerso a Posillipo sarebbe nata la città che ne porta il nome. Un secondo personaggio mitico si intreccia col primo: Partenope, vergine greca figlia del re di Tessaglia, sarebbe giunta sulla costa di Posillipo alla guida di una colonia ellenica per volontà degli dei e avrebbe fondato la città che ne reca il nome. E’ proprio la figlia del re di Tessaglia la protagonista dell’opera che col titolo di Partenope fu presentata al Teatro di San Bartolomeo nella stagione 1699 messa in musica da Luigi Mancia su libretto di Stampiglia. Lo stesso libretto in circa mezzo secolo venne più volte utilizzato da compositori quali Caldara, Vivaldi, Porpora, Vinci ed altri. Lo stesso G. F. Haendel utilizzò il libretto di Stampiglia per la sua versione di Partenope del 1730. É infatti possibile che Händel, durante il soggiorno in Italia avesse avuto modo di ascoltare la Partenope di Vinci, si fosse convinto dell’efficacia del testo e avesse portato con sé dall’Italia anche la partitura e il libretto.
Il nome di Leonardo Vinci inoltre si lega indissolubilmente alla figura di Pietro Metastasio. La collaborazione con Metastasio fu breve ma estremamente proficua, Vinci musicò ben sei libretti fra cui “Didone abbandonata”, “Catone in Utica”, e “Artaserse” il suo più grande successo e sua ultima opera rappresentata al Teatro Alibert di Roma nel 1730. Dallo studio e dall’ascolto delle opere di Vinci è possibile osservare come una delle maggiori particolarità della sua musica fu l’importanza data alla melodia. Vinci fu alfiere di un nuovo stile basato sulla riduzione all’essenziale del contrappunto con la conseguente preminenza della linea vocale.
Valentina Varriale, soprano
Alessandro Ciccolini, primo violino
Cappella della Pietà de’ Turchini
Antonio Florio, direttore
Violini primi:
Rossella Croce, Paolo Cantamessa, Yayoi Masuda
Violini secondi:
Marco Piantoni, Nunzia Sorrentino, Massimo Percivaldi
Viole:
Rosario Di Meglio
Emanuele Marcante
Violoncelli:
Alberto Guerrero
Rebeca Ferri
Contrabbasso:
Giorgio Sanvito
Clavicembalo:
Francesco Moi
Domenica 13 settembre h. 12.00
MUSA LATINA
L’invenzione dell’antico
Programma:
Invocatio Musarum
• musica : Anon.
• fonte : Bologna, Civico Museo Bibliografico, Ms Q 34
Tempora labuntur
• musica : Franciscus Nigrus
• testo : Publius Ovidius Naso, Fasti
• fonte : Francescus Nigrus, Grammatica brevis ... 1480
At trepida et coeptis immanibus effera Dido
• musica: Jacob Arcadelt
• testo: Publius Vergilius Maro, Aeneis
• fonte: Sixiesme livre deschansons ... Leroy: et Ballard 1556
Miserarum est
• musica: Petrus Tritonius
• testo: Quintus Horatius Flaccus, Odes
• fonte: Melopoiae sive harmoniae tetracenti ... 1507
Ut vidi, ut perii
• musica: Antonius Capreolus Brixien
• testo: Publius Vergilius Maro, Bucolica
• fonte: Strambotti, ode, frottole... libro IV Petrucci
Musices septemque modos planetae
• musica : Franchino Gaffurio
• testo : Lancino di Curzio
• fonte : De harmonia musicorum instrumentorum, 1518
La fiamma che m'abbruscia
• Musica: Bartolomeo Tromboncino
• fonte: Strambotti, ode, frottole...libro IV; O. Petrucci 1505
Poscimur si quid vacui sub umbra
• musica: Jacob Arcadelt
• testo: Quintus Horatius Flaccus, Odes
• fonte: Sixiesme livre des chansons ... Leroy: et Ballard 1556
Mon cœur qui brusle
• musica : Claude Le Jeune
• testo : anonyme
• fonte : Le second livre des airs ... de Claude le Jeune ... Paris, Ballard 1602
Dolci spoglie amorose
• musica: Jacques De Wert
• testo: Virgilio, Eneide IV, 651-654 (trad. italienne de Raimondo Gualtieri)
• fonte: Il primo libro de mottetti
Les diverses douleurs
• musica : Claude Le Jeune
• testo : anonyme
• fonte : Airs a III. IIII. V. et VI parties ... Paris, Ballard 1608
Qu’est devenu
• musica : Claude Le Jeune
• testo : anonyme
• fonte : Airs a III. IIII. V. et VI parties ... Paris, Ballard 1608
Iam satis terris
• musica: Petrus Tritonius
• testo: Quintus Horatius Flaccus, Odes
• fonte: Melopoiae sive harmoniae tetracentie ... 1507
Il Rinascimento celebra i fasti d'un passato mitico e glorioso, onirico e magico. L’entusiasmo per l‘antichità e per il suo tesoro di saggezza è il motore della rivoluzione umanista. Università e accademie diffondono un sapere che forgia le sue idee e affonda le sue radici nell’aurea aetate greca e latina. Il tempo conferisce autoritas all’eredità dell’antichità, avvolgendola di un’aureola di « santità ».
I testi della tradizione antica – i filosofi greci, i retori, gli storici, i poeti latini, i Padri della Chiesa – vengono letti, studiati e tradotti dall’originale, evitando le loro fallaci versioni latine.
Quanto alla musica, l’umanista cerca una risposta ad una questione per lui vitale : come ritrovare, come ricongiungersi e ridar vita alle potenze magiche di quest’arte? La Musicaagisce, modula e trasforma le nostre passioni. Può calmare la furia distruttrice come condurci all’estasi e alla follia; può guarire, esaltarci o farci sprofondare nella più profonda malinconia. Perchè ?
L’umanista cerca le sue risposte in due diverse direzioni. Da una parte, esplora l’universo che musica e medicina condividono dalla loro comune infanzia pitagorica e che si formalizza nella Teoria degli Affetti. In questo contesto, melodia e affetto sono una sola e unica realtà. I nostri stati d’animo, le passioni che la musica scatena nella nostra immaginazione, sono una « reazione meccanica » al suo incedere (lento o rapido), al suo registro (grave o acuto), agli intervalli (consonanti o dissonanti) e al modo.
Dall’altra, è la poesia nella sua essenza quantitativa il secondo asse dell’indagine umanistica. il suo ritmo, la sua scansione metrica sono per l’umanista veicoli magici altrettanto efficaci. Come la melodia, l’ethosdi un ritmo, il suo carattere, agisce sull’anima e ne determina le passioni ; come la melodia, il ritmo può piegare ragione e volontà.
Il desiderio di ritrovare la sua anima primitiva si traduce nell’invenzione della Musica more antiquo mensurata e dell’Ode Latina.
Questo repertorio è sorprendentemente sfuggito all’indagine di musicologi e interpreti, pertanto la “musique mesurée à l’antique” offre una soluzione originalissima al problema della relazione tra parola e suono, basata unicamente su regole d’ordine quantitativo, sull’alternanza, cioé, di note lunghe e note brevi ad imitazione dei piedi della versificazione.
I diversi registri letterari della poesia latina generano una costellazione di forme e stili nati tutti nel segno della scansione metrica, che si tratti di madrigali o di mottetti, generi nobili della vis tragica, o di odi oraziane e di frottole, generi questi che parlano il sermo humilis della vis comica.
La polifonia latina è compatta, massiccia : una verticalità concepita per scolpire la poesia nel suono, trasformarla in una massa e in un’energia quasi tangibile. La polifonia Latina canta lo stesso unisono che intona il coro della tragedia greca nei marmi dei teatri dell’Ellade.
Ensemble Daedalus
Monika Mauch soprano
Pascal Bertin alto
Rosario Totaro tenore
Josep Benet tenore
Josep Cabré baritono
Paul Willenbrock basse
Markus Tapio viola da gamba
Pierre Pitzl viola da gamba
Tore Eketorp viola da gamba
Brigitte Gasser viola da gamba, lirone
Hugh Sandilands liuto
Margherita Degli Esposti flauti
Roberto Festa flauti, percussione, direction