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Cronaca
Tangenziale di Napoli: Il pedaggio più discusso d’Italia
Il perché del “dazio” in una convenzione trentennale scaduta ma poi rinnovata.
di Angelo Forgione
E’ la più grande opera pubblica realizzata a Napoli nel dopoguerra, anzi l’unica prima della costruenda nuova metropolitana. Stiamo parlando della Tangenziale di Napoli che consente di attraversare velocemente la città. Ma farlo, caso unico in Italia, non è gratuito.
la Tangenziale è proprio come un’autostrada, con tanto di caselli e pedaggi. Tant’è che la denominazione ufficiale è “Autostrada A56”. Eppure, nonostante tutto ciò gravi sulla vita quotidiana dei napoletani, quello del dazio è un problema “minore” della città ormai assuefatta a questa “gabella”. Tutto ciò dura da 37 anni e nulla fa pensare che non sia per sempre.

Progettata negli anni sessanta, in pieno boom economico, perché fosse un ponte viario da oriente a occidente, la superstrada urbana è una lunga striscia d’asfalto lunga 21 km che s’inerpica sulle colline di Capodimonte, dei Camaldoli e del Vomero per poi adagiarsi sulla zona flegrea verso Pozzuoli, raccordandosi infine con la Domitiana. Una strada ben progettata che sul piano tecnico-urbanistico è di livello superiore persino al G.R.A. di Roma e alle Tangenziali milanesi. Basti pensare alle soluzioni ardite utilizzate per adattare il progetto alla conformazione geologica dei siti stretti tra mare e collina: il viadotto di Capodichino, che per 1.360 metri “sorvola” il tessuto urbano, e la galleria che passa sotto la Solfatara sopportando una temperatura di 40°. Talmente solida che nel 1980 la struttura non riportò alcun danneggiamento dal terremoto e i giapponesi accorsero in massa a studiare il miracolo d’avanguardia.

Poco meno di 300 mila transiti giornalieri, e chissà quanti di questi fruitori si siano mai domandati da cosa si motivato il pagamento del pedaggio in Tangenziale. Il “balzello al casello” è un retaggio della sua costruzione. Un’infrastruttura ideata, progettata e realizzata con capitale interamente privato, primo esempio in Italia di project financing: 70% Iri, 15% Sme, 15% Banco di Napoli, senza finanziamenti dello Stato. La costruzione prima e l’esercizio poi, furono affidati alla “INFRASUD S.p.A.” del gruppo Iri-Italsat, con denominazione “Tangenziale di Napoli S.p.A.”. Gli investimenti iniziali furono senza dubbio notevoli e per sostenerli si adottò il pagamento del pedaggio. 300 lire nel 1972, anno di apertura al traffico, divenute praticamente 1.400. Un tributo dovuto per una convenzione della durata di 33 anni tra Anas e società di gestione firmata il 31 Gennaio del 1968 e scaduta nel 2001, quando proprio la società di gestione ritenne di non poter coprire le spese di manutenzione. La concessione è stata rinnovata nel 2008, con l’impegno da parte dell’azienda ad effettuare una serie di opere che giustificano il prolungamento del pedaggio. Necessità o espediente? Dovrebbe trattarsi di necessità perché nella proroga della concessione è prevista la realizzazione di un collegamento con l’asse occidentale che dovrebbe passare all’esterno della zona ospedaliera (pro utenti Ospedale Monadi) e uno spostamento più all’esterno dei caselli della zona ospedaliera.

Sta di fatto che per sette anni, dal 2001 al 2008, il pedaggio è proseguito nonostante fosse scaduta la convenzione e oggi, dopo 37 anni di esercizio, i costi iniziali sono stati certamente ammortizzati; non meno di 6 milioni di euro al mese derivano attualmente dallo stop al casello, e tanto basta a dare l’esatta portata dell’affare Tangenziale.
Certo, l’arteria ha una manutenzione d’eccezione con una ripavimentazione costante, 65 telecamere di cui 34 nelle gallerie, una complessa sala monitoraggio, barriere fonoassorbenti e display informativi; sono poi 350 circa gli addetti tra casellanti e funzionari. Ma il pedaggio non è solo un’iniqua tassa a carico degli automobilisti napoletani perché rappresenta la principale causa della congestione del traffico, specialmente nelle ore di punta.

E’ difficile comprendere perché ciò che altrove è gratuito a Napoli è a pagamento. Forse il vero “espediente” da contestare sta nel fatto che la tariffa è soggetta ad incrementi omologati ai periodici aumenti autostradali. Proprio questo impone una distinzione perché un asse urbano non può subire l’identico incremento delle tratte autostradali, differenti per funzioni, finalità e utenze. Basta questo per smascherare un’ingiustizia che i napoletani continuano a subire senza fiatare.

C’è chi, come l’Assessore alla Mobilità del Comune di Napoli Agostino Nuzzolo, prova a giustificare la liceità e la necessità del pedaggio al fine di non sovraccaricare l’arteria ancora di più. Vero a metà perché eliminando il pedaggio ai caselli si decongestionerebbe il traffico in prossimità delle uscite e ciò equilibrerebbe l’eventuale aumento dell’utenza. Certo, più traffico e meno manutenzione potrebbero alzare il rischio di incidenti. Ma, assodato che i nuovi tutor di recente installazione hanno reso l’arteria più sicura, forse la verità è come al solito nel mezzo: probabilmente un costo del pedaggio dimezzato garantirebbe ugualmente un buon livello di manutenzione e accontenterebbe gli automobilisti napoletani, rendendo il tutto più giusto.
20/4/2009
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