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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 72
di Mimmo Carratelli
Che serata, caro Diego, quel 3 luglio 1990, un martedì. Sette miliardi di lire d’incasso, il “San Paolo” con qualche vuoto, ma quante bandiere tricolori per la semifinale mondiale Italia-Argentina. Il cuore batte per te, ma il tifo è per la nazionale di Vicini. Non può essere altrimenti. All’ingresso delle squadre in campo, il grido “Diego! Diego!” è l’omaggio del nostro affetto. Poi “Italia! Italia!” a tutta forza.

Bilardo, dopo avere annunciato due punte, e tu dietro, artefice magico, gioca con un solo attaccante lasciando Dezotti in panchina. Vicini mastica amaro e fa i suoi sbagli. Esclude Baggio e fa giocare Vialli. C’è in campo il tuo amico Nando De Napoli. Ti marca Bergomi, Ferri è su Caniggia.

L’Italia segna subito, dopo un quarto d’ora. E’ Schillaci, l’eroe delle notti magiche, a battere Goycoechea che respinge una sforbiciata di Vialli e incassa la ribattuta in rete di Totò. Ma non è una partita facile. Gli azzurri rompono le trame insistite dell’Argentina con schizzate offensive improvvise.

E’ una partita lenta. Zenga è imbattuto dall’inizio del torneo. Nella ripresa, l’Argentina è più pericolosa. Dai e dai, viene il pareggio. E’ il tuo momento, Dieguito. Pennelli un traversone da destra a sinistra per Olarticoechea che mette il pallone nell’area azzurra. Zenga è incerto e Caniggia, che tu hai voluto in nazionale, precede di testa i difensori azzurri e beffa il portiere. L’Italia ha paura.

Vicini sostituisce Vialli con Serena, poi Giannini con Baggio. Ripensamenti tardivi. Si va ai supplementari e gli azzurri sono visibilmente stanchi. Tu giochi una partita senza fiammate, lavori per la squadra, la posta in palio è troppo alta. L’arbitro espelle Giusti per una gomitata a Baggio. Rimanete in dieci con tutto il secondo tempo supplementare da giocare.

L’Italia cerca di chiudere la partita per evitare i rigori finali. Hai un lampo, pibe, mandando in gol Olarticoechea, ma quello sbaglia. Ferri ha i crampi. In alternativa a Bergomi ti aveva fatto una guardia stretta. Si va ai rigori.

Franco Baresi non ha problemi. E’ gol. Pareggia dal dischetto Serrizuela, uno dei tuoi fanti. Goycoechea sta per parare il rigore di Baggio, ma il pallone intercettato finisce ugualmente in rete. Sono momenti spasmodici. Burruchaga spiazza Zenga e siamo sempre pari: 2-2. Segnano De Agostini e Olarticoechea. La notte si allunga. Va al tiro Donadoni e patatrac: Goycoechea, che aveva fatto il fenomeno sui rigori degli slavi, vola e respinge. E’ il tuo turno, pibe. Rigore perfetto, l’Argentina è in vantaggio 4-3.

Ci vogliono cuori saldi per recuperare. Non ce l’ha saldo Serena. Goycoechea para sullo stesso lato della respinta sul tiro di Donadoni. E qui finisce. Vai in finale, Diego. L’Italia è fuori. Potrà giocarsi uno stupido terzo posto.

Si scatenarono su Napoli, la tua “casa”, le accuse animose di chi aveva perduto sul campo. Vicini, che sbagliò formazione, disse: “L’Olimpico è un’altra cosa”. A Roma l’Italia aveva sempre vinto, ma spesso per il rotto della cuffia, con risultati minimi. Vialli riconobbe: “A Napoli non abbiamo giocato bene come nelle partite a Roma”. E Franco Baresi aggiunse: “Napoli è stata splendida”.

La registrazione televisiva della partita dimostrò a tutti il grande incoraggiamento dato dai tifosi napoletani alla nazionale azzurra. Disse il sindaco Pietro Lezzi: “Ho ancora nelle orecchie il boato della folla che gridava Italia, Italia. Forse, Vicini era distratto e non l’avrà sentito. Capisco l’amarezza per la sconfitta, ma non il bisogno di trovare un capro espiatorio nel pubblico napoletano”.

Non tradimmo la nazionale italiana per amor tuo, pibe. Ma questa fu la leggenda che fece comodo per giustificare la sconfitta dell’Italia. La partita di Napoli segnò il tuo destino a Roma, nella finale con la Germania.

Continua

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13/2/2005
  
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