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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 67
di Mimmo Carratelli
In quanti andammo a Bologna quella domenica del 22 aprile 1990? Quanti napoletani, Dieguito delle nostre speranze, vennero da tutte le città del nord? Una folla, un’allegria di carovane, di bandiere, di cuori accesi. La città viaggiante del tifo vesuviano.

Tutti pigiati nel vecchio stadio “Dall’Ara”, così comodo per vedere le partite, così vicino il campo di gioco, il terreno splendido e la vecchia torre quadrata al centro dei ”distinti”, la curva di San Luca dei bolognesi e, di fronte, la curva azzurra. Ma drappi azzurri erano dappertutto e canti napoletani sgorgavano da ogni punto dello stadio. Si annunciava una domenica felice, ce la sentivamo dentro.

Al Bologna, contro il Milan, avevano “rubato” un gol e la vittoria sette giorni prima. Un tifoso aveva gridato a Berlusconi in tribuna: “Viva il Napoli. Quando verrà qui lo lasceremo vincere”. C’era un’atmosfera amichevole per i nostri sogni? Un amico era certamente Gigi Maifredi, l’ex venditore di bollicine che inventò il calcio-champagne, e di fronte avemmo un Bologna allegro che avevamo allegramente eliminato in Coppa Italia. Si sarebbe ripetuta l’allegria? Il Milan giocava a Verona. Occhio al Comanale di Bologna e orecchie alle radioline.

Pronti, via. E fu subito il paradiso. Te ne ricordi, Diego? Carè-Carè-Careca tirò la prima bomba. In vantaggio dopo tre minuti. Dopo nove minuti, pibe, mettesti il tuo sigillo. Dopo un quarto d’ora andò a segno Francini che non si faceva mai scappare l’occasione del gol. Tre a zero, ci stropicciavamo gli occhi e dovemmo contenere i battiti del cuore. Partita spettacolare, domenica felice e i bolognesi che ci applaudivano e gridavano “campioni, campioni”. La faccia bella del calcio.

Non fu una partita, fu una cavalcata azzurra. E il Milan che fa? Che fa il Milan a Verona? Il Milan soffriva al “Bentegodi”, stadio già fatale ai rossoneri all’ultima giornata del 1973. Era, allora, il Milan di Rivera, Bigon, Benetti, Chiarugi in vantaggio di un punto sulla Juve di Bettega, Capello, Zoff, Causio, Haller, Anastasi. Crollò proprio a Verona sul filo di lana. Cedette disastrosamente per 5-3 e consegnò lo scudetto alla Juve vittoriosa a Roma.

Un bel precedente, incoraggiante. Poteva ricascarci il Diavolo? Ci stava ricascando. La partita di Bologna si concluse con un trionfale 4-2 (segnò ancora Alemao) e il Milan, nervoso e un po’ provocato dall’arbitro, stramazzò a Verona incartando rabbia e sconfitta (2-1).

Tornammo in testa da soli, due punti davanti ai rossoneri, e restava da giocare un’altra partita. Lo scudetto già sulle maglie azzurre, serviva l’ultimo colpo d’ago per cucirvelo definitivamente.

Che cosa fu il “San Paolo” quell’ultima domenica di aprile? Un Vesuvio azzurro, una prova d’orchestra, un cuore grande e palpitante. Il traguardo in pugno e l’ansia di non lasciarselo scappare. Avversaria la Lazio, crudelmente attestata a farci soffrire, però bucata fulmineamente da Marco Baroni, lo spilungone fiorentino che giocò con gli slip rossi portafortuna. All’andata, la Lazio ci aveva assestato la prima sconfitta, uno sgarbo non digerito. Infilata da Baroni al 7’ ci fece dannare sino alla fine, mentre il Milan a “San Siro” dilagava contro il Bari (4-0). Inutile smargiassata. Campionato concluso e scudetto al Napoli, il secondo. Gracias, pibe.

Continua

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23/1/2005
  
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