Cultura
Dieci, l’ultimo libro di Andrej Longo
di Achille della Ragione
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Andrej Longo è uno degli scrittori di maggior talento affacciatisi sulla scena letteraria degli ultimi anni, come dimostra il successo dei suoi precedenti romanzi: Più o meno alle tre, il racconto di un microcosmo in cui si riflette l’intero universo ed Adelante, la storia di un boss spietato soprannominato Piragna.
A giorni, il 17 agosto, esce Dieci, una serie di racconti ambientati nell’hinterland napoletano in quella sorta di inferno dei vivi dai confini sfumati dove, pigiati fino all’inverosimile, sono costretti a vivere milioni di persone, dimentichi del passato, senza un ragionevole presente e costretti a vivere un estenuante ed interminabile presente.
Longo, ischitano doc, anzi foriano da generazioni, fino ad oggi è stato presentato dagli editori, prima Rizzoli ed ora Adelphi, come scrittore pizzaiolo, forse per incrementare la curiosità dei lettori, ma noi vogliamo rammentare qualche dettaglio non trascurabile: la sua laurea a pieni voti in lettere al Dams di Bologna, per anni regista, scenografo ed autore di programmi radiofonici ed inoltre, maestro di scacchi.
In questa veste lo conosciamo da sempre e grazie alla comune militanza (anche il sottoscritto prima di essere professore è maestro del nobile gioco) egli ci ha concesso un’intervista in esclusiva nella quale ha promesso di rivelarci i suoi segreti.
Andrej non pubblicava da quattro anni e non perché si era voluto riservare una pausa di riflessione, bensì, come ci ha candidamente confessato, per il banale motivo che i quattro romanzi che aveva preparato erano stati rifiutati costantemente dagli editori. Una delusione che avrebbe stroncato chiunque, ma non il nostro amico che ha capito cosa non funzionava ed ha posto rimedio.
Perché scrivi?
Una domanda a bruciapelo che anche io mi sono posto più volte giungendo alla conclusione che per me la scrittura è una necessità interiore, un modo di fissare la realtà rendendo partecipi gli altri delle mie emozioni.
Ti piace più scrivere o fare le pizze? O, precisando, pensi che ti riescano meglio i romanzi o le margherite?
Sicuramente i romanzi, ma se mi avessi chiesto cosa mi piace maggiormente ti avrei risposto giocare a scacchi, anzi finita l’intervista ti sfido ad una serie di partite lampo.
Il nuovo libro è sempre una storia di camorra, per sfruttare un filone che, grazie a Roberto Saviano, è divenuto un facile passaporto per le vendite?
No, è ambientato lì dove si sviluppa l’humus per la camorra in un contesto degradato di vicoli bui, di bassi senza luce ed aria, di periferie devastate dalla speculazione edilizia.
Perché il nome Dieci?
Ho preso ispirazione dai dieci comandamenti ed infatti il filo conduttore di ogni racconto si riferisce ad una imposizione biblica.
Voglio ora raccontarvi telegraficamente in che modo Andrej interpreta le raccomandazioni del Signore: Onora il padre e la madre vede un ragazzino, affranto dal dolore, mettere fine alle sofferenze della madre malata terminale esclamando"perché qualcuno doveva farlo", “perché ci sta un limite a tutto"; Non commettere atti impuri vede una ragazzina tredicenne, messa incinta dal patrigno, raccontare solo a un gatto di nome Monnezza cosa significhi abortire il figlio frutto delle violenze quotidiane ed infine Non rubare tratta di un malavitoso rampante, al cospetto del quale tutti devono abbassare lo sguardo, il quale un giorno si accorge di non riuscire a sostenere quello sprezzante di un povero vecchio al quale ha rapinato la pensione.
Il ritmo della narrazione è graffiante e lo stile ricorda quello di Pizzeria inferno di Michele Serio e Mosca e balena di Valeria Parrella.
Ma ad una seconda lettura, la prima è tutta di un fiato, il paragone più cogente è con Rea o con Carver, perché una nota di speranza traspare sotto ogni frase e lo stesso autore ci ha confessato di credere che dopo la nottata… vi sarà un mondo migliore.