Le voci dei quartieri
Dove Ponticelli è periferia della periferia - 33
di Monica Maisto
Siamo alla Basilica Santuario di Santa Maria della Neve in piazza Aprea alle spalle della sede della Circoscrizione, nella zona antica di Ponticelli. Incontriamo il parroco don Ciro Cocuzza. E’ da quattro anni in questa chiesa e ci parla a cuore aperto: “Ponticelli è una zona povera. Non ci sono industrie e c’è poca attività commerciale. Le famiglie sono per lo più a monoreddito e quelle più giovani vanno via perché qui c’è molta disoccupazione. La vivibilità è difficile e la gente si sente poco sicura soprattutto nelle prime ore del pomeriggio e la sera. In questa zona le nascite sono pochine se si pensa che celebro al massimo trenta battesimi all’anno e dei venti matrimoni che celebro sono poche le coppie che rimangono in questo quartiere. I giovani preferiscono delle case decorose che qui non esistono”.

“La mia attività – prosegue don Ciro - si svolge per lo più con gli anziani. Organizziamo in cappella un’attività motoria ‘dolce’ alla presenza di geriatri e specialisti. Un’altra bella iniziativa è portare gli anziani in gita, se possibile una volta al mese. Siamo stati a Castel Sant’Elmo, a Positano, al San Carlo ed è stata una grossa gioia perché per loro era la prima volta che si recavano fuori Ponticelli”.

“Per i giovani, quei pochi rimasti, facciamo di tutto per coinvolgerli e per toglierli dalla strada – dice don Ciro. - Ma è inutile girarci intorno se uno è sordo non si può fare niente. E’ nato un bel gruppo che è disponibile al volontariato, ad aiutare gli anziani che non sono autosufficienti. Sono stati alla Mensa di via Tribunali ad accogliere i più bisognosi e all’orfanotrofio di Barra. Ultimamente hanno trascorso una settimana culturale a Firenze e ad Assisi. Inoltre, c’è una bella collaborazione con le associazioni sociali per poter svolgere un lavoro sempre più volto al rispetto e ai valori umani”.

Proseguendo nel nostro giro a Ponticelli, siamo nella parrocchia Santi Pietro e Paolo, nata con la legge 219 dopo il terremoto. Della sua storia ce ne parla il parroco Raffaele Oliviero: “I lavori di questa chiesa sono iniziati nel 1984, ma non sono mai terminati. Negli anni Novanta, con Tangentopoli, sono stati tagliati i ‘viveri’ e ognuno ha cercato di salvare il salvabile. Anche la chiesa risente della problematica della legge 219: sono stati fatti lavori in modo ‘discutibile’. Nel 1997 sono stato nominato parroco della chiesa ancora chiusa e ho dovuto stare dietro alle ditte per una possibile apertura. La chiesa era diventata un deposito di auto rubate. Hanno dovuto portar via più di cinquanta carcasse. Solo il 1° maggio 1998 la chiesa è stata aperta al culto, ma non è stata ancora consegnata definitivamente. Ma volete sapere la cosa più bella? E’ costata ben 14 miliardi, un miliardo ad anno. Assurdo”.

Don Raffaele prosegue: “La nostra chiesa ha la struttura più grande della diocesi di Napoli: ambienti ampi, 14 aule, un teatro, il chiostro, un campetto di calcio e un grande parcheggio. Due anni fa è stata la sede di un convegno diocesano per i giovani: una bella esperienza”.

Ed ecco il giudizio del parroco sulla zona dove sorge la sua chiesa: “Che dirvi? Questo rione nuovo è nato già vecchio e noi ci sentiamo la periferia della periferia. I problemi principali li ho avuti perché la maggior parte delle famiglie presenti dopo il terremoto provenivano da altri quartieri: Fuorigrotta, Capodichino, eccetera. Gente senza radici che soffriva per la lontananza dalla sua residenza abituale e perché questi casermoni che la ospitano sono disumani. Erano previsti dei servizi, ma ci sono solo strade enormi, spesso frequentate da drogati. Il Parco De Filippo, immenso, è fatiscente. Si stanno facendo dei lavori. Ci auguriamo che diventi vivibile”.

“Le attività principali della parrocchia – sottolinea don Raffaele - vengono svolte dall’Associazione di volontariato ‘Strada facendo’ (telefono 081-59.62.925) che lavora soprattutto per il recupero dei minori. In questa zona sono presenti molti nuclei familiari giovani ed il nostro compito è di favorirne lo sviluppo umano. A questo proposito stiamo lavorando ad un progetto d’intesa col Comune, ‘Una periferia per giocare’, che organizza attività sportive, come il calcio, danza latino-americana, ginnastica. Poi abbiamo un laboratorio teatrale e di chitarra.”

Conclude don Raffaele: “Cerchiamo di coinvolgere i più piccoli. Più di trecento bambini partecipano ogni anno al catechismo e all’oratorio. Ma non tralasciamo le famiglie che sono in condizioni di disagio. Abbiamo un Centro di ascolto per aiutare le persone che hanno bisogno di aiuto e il progetto ‘Famiglie solidali’ è diretto a creare una catena di solidarietà e sensibilizzare il vicinato. Qui vivono ben seicento famiglie abusive”.

(33 – continua)
Prossima puntata: San Lorenzo-Vicaria

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2/11/2004
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