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1990: l’arbitro incorona la Germania
La storia dei Mondiali di calcio – 31
di Mimmo Carratelli
Come non era mai avvenuto in precedenza, una spettacolare cerimonia d’apertura allo stadio San Siro di Milano inaugurò la quattordicesima edizione dei Mondiali organizzata dall’Italia nel 1990.

Sul prato milanese si esibirono 200 ginnaste e 160 indossatrici, apparvero 24 maxi palloni, uno per ogni nazionale partecipante, risuonò l’inno “Un’estate italiana”, fu diffusa la marcia trionfale dell’Aida, l’orchestra della Scala al gran completo eseguì “Va pensiero” dal Nabucco di Verdi. Gli stilisti italiani vestirono i quattro continenti delle nazionali partecipanti nella sfilata delle indossatrici: Valentino presentò l’America in rosso, Missoni l’Africa in nero, Mila Schoen l’Asia in giallo, Gianfranco Ferrè l’Europa in verde.

L’8 giugno, a Milano, la partita inaugurale fu Argentina-Camerun coi fischi dei milanesi a Maradona che aveva il peccato originale di giocare nel Napoli. Il Camerun del 38enne Roger Milla fu la squadra rivelazione. In nove uomini battè l’Argentina (1-0) con un gol di Omam-Biyik. La nazionale africana cadde immeritatamente nei quarti, battuta a Napoli dall’Inghilterra nei supplementari (2-3), decisivo un rigore che l’arbitro messicano Codesal accordò agli inglesi.

Il Brasile di Taffarel, Aldair, Dunga, Alemao, Romario e Careca uscì negli ottavi sconfitto dall’Argentina in contropiede (0-1, gol di Caniggia) dopo avere sprecato numerose occasioni. L’Olanda si ripresentò sulla scena mondiale con Gullit, Van Basten, Rijkaard e Ronald Koeman. Era forte, ma svogliata. I giocatori erano in polemica con la Federazione per i premi-partita. Fu eliminata dalla Germania negli ottavi (1-2). L’Inghilterra uscì nelle semifinali, battuta ai calci di rigore dalla Germania dopo l’1-1 dei supplementari.

La finalissima Germania-Argentina, autentica rivincita della finale di quattro anni prima in Messico, si giocò all’Olimpico di Roma l’8 luglio in un clima ostile ai sudamericani, e a Maradona in particolare. Fu vergognosamente fischiato l’inno argentino. In campo, tre superstiti campioni del mondo del 1986: Maradona, Ruggeri e Burruchaga. Tra i tedeschi, ancora al loro posto i difensori Berthold e Brehme, l’attaccante Voeller e Matthaeus. Ancora alla guida delle due squadre Beckenbauer e Bilardo.

Fu una brutta finale, come era stato brutto tutto il torneo all’insegna del difensivismo e del gioco duro, e l’arbitro Codesal influì pesantemente sul risultato. Prima espulse l’argentino Monzon per un fallo veniale su Klinsmann (63’), poi non punì i tedeschi per una trattenuta in area a Dezotti. In compenso, fu lestissimo a decretare il penalty contro l’Argentina a sei minuti dalla fine con le squadre bloccate sullo 0-0. L’intervento di Sensini su Voeller non era da rigore secondo il giudizio unanime della stampa. Brehme realizzò dal dischetto. L’arbitro si accanì ancora contro gli argentini espellendo due minuti dopo anche Dezotti.

Alla fine, quando le due squadre si schierarono al centro del campo per il saluto, Maradona pianse di rabbia e urlò la sua protesta per la sconfitta immeritata.

La Germania si laureò campione del mondo per la terza volta (1954, 1974, 1990), finalista mondiale in altri tre campionati (1966, 1982, 1986). A Roma schierò Illgner; Berthold (Reuter), Brehme; Augenthaler, Kohler, Buchwald; Littbarski, Haessler, Voeller, Matthaeus, Klinsmann.

Il cannoniere del torneo, con 6 gol, fu Totò Schillaci.

Il Mondiale ebbe una coda giudiziaria per le spese sostenute. I costi per il nuovo stadio di Bari e per la ristrutturazione dei vecchi impianti nelle altre città lievitarono nel giro di quattro anni: dai previsti 423 miliardi a 1.054 miliardi. Nelle città che ospitarono le partite, le opere pubbliche, alcune neanche terminate, passarono da un preventivo di 3.149 miliardi al costo effettivo di 5.433 miliardi.
30/4/2006
  
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