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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 144
di Mimmo Carratelli
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Caro Dieguito, l’Ingegnere soffre. Sai chi è l’Ingegnere, vero? E come se non lo sai! L’ingegnere Ferlaino ha letto sui giornali le tue ultime parole. Dice il poeta: le parole sono pietre. E tu sei un magnifico lanciatore di sassi. L’Ingegnere non lo risparmi mai. Sette anni insieme, due scudetti, la Coppa Uefa, una Coppa Italia, ma quello che resiste di quel tempo felice è il tuo risentimento costante per l’Ingegnere. Sai come è fatto, lui. Introverso, diffidente, ombroso. Non ha saputo volerti bene, ma a modo suo ti ha amato. Lui ama così, facendosi odiare. Nasconde i sentimenti, al di fuori dà il peggio di sé. E tu, pibe, non ci pensi due volte a dire quello che dici. Viva la sincerità.
Dunque, in questo declinante 2001, con la bella festa alla “Bombonera” per la tua partita d’addio, sei andato ancora giù pesante. “Me ne sono andato da Napoli però i tifosi hanno creduto a Ferlaino, che è un delinquente totale, invece che a me. E oggi dico loro che si sono sbagliati, che non mi hanno rispettato e che hanno creduto a lui che oggi altro non è che un delinquente totale”.
Cannonate, caro Diego. Ma che diavolo è successo fra voi due? Tu la simpatia in persona, la spontaneità, la suprema arroganza. Lui una sfinge, il principe dell’antipatia, il re dell’egoismo. Bel duello. Lui risponde così: “Conserverò con grande delusione ed amarezza le pagine dei giornali che riportano le ultime esternazioni di Maradona nei miei confronti perché esse sono l’ulteriore prova di quanto possa essere mortificante la parabola di un mito”. Mette il guanto di velluto sul suo pugno di ferro, l’Ingegnere. Non ti sfida, ma s’addolora, però nel dolore è lucido, ha la lama affilata.
Confessa: “E’ vero, ho trattenuto Maradona a Napoli anche oltre la sua volontà di andare via. Ritengo però che chiunque possa riconoscere che lo dovevo alla società, alla città, ai tifosi ed anche a lui per l’affetto entusiastico che solo Napoli poteva dargli”. Il carnefice, come l’hai chiamato, si fa patriottico, si giustifica, cerca di spiegarti ora con parole che, a suo tempo, non ha saputo dirti, facendo solo il duro, come l’Ingegnere sa fare quando si sente presidente.
“Caro Diego, il nostro dialogo non finisce oggi e non finirà mai perché la nostra vicenda sportiva appartiene alla storia del calcio Napoli e nulla potrà cancellarla”. Ferlaino, caro pibe, pesa le parole, va sul filo del sentimento e della storia, fa balenare l’amarezza, ma fissa punti fermi, lega la lingua e la scioglie con circospezione. Vorrebbe dire di più, ma non lo fa.
Conclude così: “Rispetto quegli anni e il disagio in cui purtroppo Maradona è caduto in questi ultimi tempi, ed è questa l’unica ragione, oltre alla gratitudine per ciò che ha dato a Napoli e al calcio mondiale, che mi induce ad astenermi da qualsiasi commento”. Un po’ burocratico, l’Ingegnere, prudente e con un finale che potrebbe essere tenero se conoscesse la tenerezza. In ogni caso, chiude così: “Conserverò comunque con grande affetto ed emozione il ricordo in cui Diego era Diego perché sono stati la prova che genialità calcistica e fiuto imprenditoriale possono significare vittoria anche a Napoli”.
Capito, Diego? Voi due insieme. I successi di quegli anni hanno una doppia firma, dice Corrado che si è sentito sempre escluso dai trionfi, dalle vittorie, dalle domeniche felici perché avevamo occhi e cuore solo per te. Ma lui ha fatto di tutto per essere escluso. Non ha mai sorriso, non si è lasciato mai andare. Ha recitato la sua parte di antipatico. L’Ingegnere ha questo risentimento. Colpa sua, ma cerca di capirlo, pibe.
Detto quello che aveva da dire, si è lamentato che il Napoli di oggi, che non è più tutto suo, non l’abbia difeso dalle tue parole, ma si augura che lo farà, anzi lo pretende: “Sono certo che il Calcio Napoli, che ha sempre posto in primo piano la tutela dei propri dirigenti, ricordando anche che sono tutt’ora il coproprietario della società, saprà trovare le parole giuste di dignità e rigore sull’episodio”.
Le tue parole sono pietre, Diego. Il risentimento, l’amarezza, l’orgoglio dell’Ingegnere rivendicano il suo ruolo e nascondono il cuore.
Sono dieci anni che la favola è finita e ce ne rimangono sono le scorie. Non è bello. Ma la tua lingua è sciolta, pibe, è stato sempre così, e l’Ingegnere pensa a rivendicare la sua dignità. Non vi abbraccerete mai, questo è certo. Il Napoli è tornato in serie B e noi non sappiamo più sognare. Che brutto tramonto.