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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 142
di Mimmo Carratelli
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Hola, Diego! In questo fine ottobre 2001 si avvicinano due scadenze. Il giorno 20 saranno venticinque anni dal tuo debutto nel campionato nazionale argentino, la tua apparizione nel calcio. Ricordi, pibe? In panchina per l’Argentinos Juniors e l’allenatore Juan Carlos Montes ti disse: “Preparati perché entrerai in campo”. La prima vera partita contro il Talleres di Cordoba. “Vai Diego e fai quello che sai fare” disse Montes. Così cominciò l’epoca delle magie. E il giorno 30 è la festa di compleanno: 41 anni, caro Dieguito.
Leggo d’un fiato una tua intervista che appare sul sito ufficiale della Fifa. Ecco quello che dici: “La cosa che mi fa più male è sapere che la mia carriera di giocatore è finita. Il calcio mi scorre nella testa, nel cuore, nello stomaco, nelle gambe, nei piedi. La mia passione per lo sport è più forte che mai”.
Si sente che hai voglia di giocarla una partita anche se pesi 82 chili e sei imbottito di farmaci. Ecco che corri in Colombia a farti liberare da un menisco malandato che ti dà tanto fastidio. Nel Centro di riabilitazione di Cali, non ti tolgono solo il menisco, ma ti fanno lavorare per scendere di peso. Una cura di tre settimane per levarti dieci chili di troppo. Perché c’è proprio l’occasione di giocarla una partita.
L’occasione è uno show di addio alla “Bombonera”, lo stadio del Boca. In tuo onore, la Federazione argentina ha organizzato una partita tra la nazionale biancoceleste e una formazione mondiale di stelle del calcio. L’appuntamento è per il 10 novembre e sarà l’occasione per ritirare la tua maglia numero 10 che, in nazionale, è finita negli ultimi tempi sulle spalle di Ariel Burrito Ortega. La Federcalcio argentina lo comunicherà alla Fifa per l’autorizzazione del caso.
Dunque, giocherai. Come se il tempo non fosse passato. Hanno annunciato la loro partecipazione i campioni più celebri, Riquelme e Recoba, il pittoresco Valderrama, quella testa matta di Higuita, Francescoli, Cantona, Matthaeus, Careca e l’amatissimo Ciro Ferrara. Una bella rimpatriata. E con la nazionale avrai al fianco Veron, Zanetti, Samuel, Ayala, Kily Gonzales.
Leggo sempre nella tua intervista alla Fifa: “Oggi, guardando le partite, a volte mi chiedo se al posto dei giocatori non ci siano dei robot. La tattica è importante, per carità, ma non si deve permettere che domini il calcio perché il football perderebbe il suo fascino, sia per il pubblico che per gli stessi calciatori”.
Parole sante, pibe. Perciò leggo che hai in mente una campagna a favore della tecnica con Platini e Cruijff. E per il resto, come va? “Ho fatto soffrire tante persone, soprattutto mia moglie e le mie figlie, e non smetterò mai di pentirmene. Ma non sono un mostro. Mi accetto per quello che sono. Dio ancora non mi vuole chiamare. Sarò su questa terra ancora per parecchio e voglio usare il mio tempo per restituire al calcio quanto il calcio ha dato a me”.
Dunque, ci vedremo alla “Bombonera”. Stadio gremito, già venduti 55mila biglietti. Pensa, Diego, se la partita si facesse a Napoli. Centomila spettatori assicurati e tutti col cuore in tumulto. Il commissario tecnico dell’Argentina, Marcelo Bielsa, ha detto: “Qualunque episodio che mi lega a Maradona mi mette allegria. Sarà un grande piacere vederlo, salutarlo, averlo di fronte ed essere il suo allenatore”. E vai, Dieguito! Ti chiedono se giocherai novanta minuti. “No, cento” rispondi.
Torna l’allegria. Ti chiedono come stai. “El alma sta bene, sono felice e orgoglioso di questo omaggio di sabato, della mia partita d’addio. Sono dimagrito, ho fatto una preparazione da calciatore. E’ la verità. Muoio di fame, adesso”.
Sabato 10 novembre 2001. Si leva il sipario alla “Bombonera”. Ronzeranno le telecamere che trasmetteranno la partita Argentina-Resto del mondo in 75 Paesi. I giornalisti accreditati sono mille. In tribuna ci saranno Pelè, Platini, Valdano il poeta. I bagarini vendono i biglietti di tribuna a mezzo milione di lire.
Pelè dichiara: “Credo che un giocatore che ha dato tanta gioia alla gente meriti un addio in grande stile. Non ho mai avuto dubbi sulle qualità di Diego. Però mi conosco e non ho ancora visto il mio erede. Aspetto qualcuno che conquisti tre Mondiali, che segni 1200 gol e che vinca due mondiali per club”.
Sempre orgoglioso ‘o rey, e un po’ dispettoso, se vogliamo. Ma fa niente. Si va alla festa.