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Scugnizzo boy alla sua maniera
di Mimmo Carratelli (da: Corriere dello Sport del 16.09.2018)
Discorso alla maniera del discorso di Antonio davanti al cadavere di Cesare, ma stavolta è un discorso accorato non in morte di Cesare ma in resurrezione di Insigne.

Il nobile critico, un Bruto, dice che Insigne è l’agghiacciante fotocopia del giocatore inutile, l’esterno che balla solo sulla mattonella, l’attaccante di sinistra che se arriva la palla bene, altrimenti: se è così son ben gravi difetti.

Ma qui col permesso del critico (perché il critico è uomo d’onore; così son tutti i critici, tutti uomini d’onore) io vengo a parlarvi col cuore in mano dell’escluso da Ventura e del diseredato da Mancini, del ragazzo improvvisamente senza qualità, del frattaminore, del reprobo e dell’indegno.

Italiani populusque napoletano, se avete lacrime di passione, spargetele adesso. Perché io vi ricordo il grande ardimento di Lorenzo Insigne, Scugnizzo Boy, per la patria di Prandelli, Conte e Di Biagio.

Perché io vi ricordo quel destro a giro da venti metri nel nido della porta argentina a Roma, la spaccata stile Roberto Bolle davanti all’esterrefatto spagnolo De Gea a Udine, il rigore impeccabile di Londra contro la Britannia.

È questo una fotocopia di giocatore, un ballerino di mattonella, uno che se arriva la palla bene, altrimenti? Ma il critico dice che è questo, e il critico è uomo d’onore.

Allora, smemorato popolo, io vi ricordo la punizione sublime che impietrì il gigantesco Weidenfeller di Dortmund e stupì i celti e gli incliti, le Gallie, il Manzanarre e il Reno.

Io vi rammento il gol da trenta metri al Bernabeu che infinocchiò Keylor Navas, il portiere venuto dal Pacifico a farsi infinocchiare da Lorenzo Boy.

E vi cito la doppietta, di sinistro e di destro, per la conquista della Coppa Italia contro la Fiorentina nella porta di Neto propheta in patria.

È questo il solista egoista, l’immemore, il vagabondo delle stelle?
Martirizzato ai tempi della staffetta con Dries Mertens, al quale ventotto volte ha ceduto il posto e dieci volte entrò per sostituirlo, più svariate entrate e uscite (13 volte sostituì Pandev, 14 volte entrò Giaccherini), Scugnizzo Boy ha sofferto e patito, ingoiato e accettato, protestato e accettato.

Dopo la partita con la Polonia a Bologna è stato il capretto espiatorio del fallimento azzurro. Giocherella, non c’è, un giocatore evanescente dice il critico, e il critico è uomo d’onore.

Ma ieri, nel deserto della passione del San Poalo, Scugnizzo Boy ha colpito alla sua maniera, di destrezza e il Napoli ha vinto.
17/9/2018
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