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Donnarumma, il fenomeno
che tornò subito ragazzino
di Mimmo Carratelli (da: il Mattino del 29.06.17)
Tanto rumore per nulla. Tanto Raiola per nulla. L’Europeo degli under 21 sgonfia il “caso” Donnarumma.

Il gigante di Castellammare (1,96) dalla straordinaria apertura alare, già designato erede massimo di Buffon, buca clamorosamente in Polonia.

Il portiere gestito dai cugini di campagna (Enzo e Mino Raiola) non è più l’airone milanista. Impallinato probabilmente dalla super-valutazione di giugno.

Le super-valutazioni del calcio italiano, ripiegato su se stesso, 45 milioni per Bernardeschi, 40 per Berardi, sono fuori dalla realtà.

La nazionale dei giovani talenti si arrende in Polonia. È un calcio fasullo che scompare nei tornei internazionali. Un po’ di talento e le cifre schizzano in alto. Alla prova del campo, precipitano in basso.

Da capogiro la valutazione di sessanta, cento milioni di euro per Donnarumma a 18 anni, l’ultimo affare fiutato e montato da Raiola spillando la solita, ricca provvigione.

Ma l’affare, nei contatti e nei contrasti col Milan, si è sgonfiato.

Quel che resta è un ragazzo stordito e poco protetto dai suoi procuratori, un appena maggiorenne sacrificato da una volgare caccia al danaro, dalla speculazione senza scrupoli dei suoi agenti, da un calcio drogato e taroccato.

Gigio Donnarumma non ha nessuna colpa per il bailamme di questa estate. Pesante però il giudizio di Arrigo Sacchi: “Donnarumma mi ha deluso per la mancata riconoscenza verso il Milan, dubito della sua integrità umana, ma anche della sua futura carriera”.

Il viso sereno del ragazzo, in Polonia, era un bluff. Si capiva che celava un forte disagio, messo in mezzo in una vicenda scandalosa in cui, molto probabilmente, non ha mai deciso nulla, ma è stato molto manovrato.

Un ragazzo di 18 anni non può avere la personalità per reggere né la vicenda che l’ha segnato, né il rapporto con un procuratore abile e sfrontato.

Non si sa quanto la famiglia l’abbia aiutato e se l’ha aiutato per il meglio. Alla fine, Donnarumma si è ritrovato solo in una brutta faccenda che l’ha schiacciato.

Pur concedendogli il diritto di fare gli interessi del suo protetto, Mino Raiola è entrato a gamba tesa. Non ha considerato la naturale fragilità dell’età di Donnarumma.

Non ha voluto valutare gli aspetti umani della vicenda, che pur ci sono, e l’impopolarità di una rottura forzata col Milan.

Il ragazzo non ha contato mai nulla. Hanno contato il “braccio di ferro” tra Raiola e Mirabelli direttore sportivo del Milan, il dissidio tra i due, lo scontro di caratteri, la cattiva disponibilità reciproca. Nessun riguardo per un ragazzo di 18 anni.

Comunque si concluderà la vicenda, il danno resterà tutto sulle spalle di Donnarumma al quale, dallo striscione e dai finti dollari di Cracovia al suo futuro maledettamente segnato, non verrà perdonato nulla.

Donnarumma, col Milan o senza il Milan, giocherà sotto il “peso” che gli ha inflitto Raiola.

Viviamo un calcio drogato dal danaro e gonfiato da ingaggi da sceicchi. Non c’è più morale, non c’è più pudore. Ed ora torna il bla-bla-bla sui procuratori sportivi, il male assoluto, sui loro guadagni, sulla loro etica.

La loro diffusione e il loro successo sono un “regalo” dei presidenti di calcio, incapaci di fare fronte unico contro le “tangenti” sugli ingaggi.

I procuratori ne sanno più dei presidenti, vivono di calcio, sono aggiornati, sanno “vedere” i calciatori. I presidenti tentano di farseli amici, ma i procuratori non sono amici di nessuno, solo di se stessi.

Un’indagine di Marco Bellinazzo, il giornalista del “Sole24 ore” esperto di calcio e finanza, ha scritto che, per la stagione 2016-17, le società di serie A hanno versato ai procuratori calcistici 193,3 milioni di euro come intermediari nelle trattative di ingaggio dei calciatori, dai 51.896.625 milioni pagati dalla Juventus ai 12.991.325 del Napoli. Nel top della Juve pesa l’affare Pogba gestito da Raiola.

I procuratori nel calcio sono un male necessario in un mondo di dirigenti improvvisati o che si credono più furbi dei furbi di professione.

Se anche la Juventus, società altamente organizzata, deve ricorrere a loro non c’è più partita.

I procuratori comandano, muovono continuamente i calciatori che gestiscono per ricavarne continui profitti, tengono in scacco le società.

Dalla Polonia, alla fine degli Europei Under 21, il presidente federale Tavecchio ha annunciato il solito “pannicello caldo” dopo avere detto della valutazione di Donnarumma che “sono cifre che offendono l’Italia e le condizioni economiche del Paese”.

L’iniziativa federale sarà quella di “implementare la commissione procuratori con avvocati nostri per vedere di trovare qualcosa di nuovo”.

Cioè, praticamente nulla. I procuratori hanno l’ingaggio dei loro protetti dalla parte del manico e, mentre campano gli avvocati della Federcalcio “per trovare qualcosa di nuovo”, l’erba dei procuratori cresce.

Raiola, chi lo conosce non lo evita. Perché il calcio è suo e lo gestisce lui, il “bastardo sfacciato”, lo “gnomo ciccione”, “uno dei Soprano” come l’ha definito Ibrahimovic.
29/6/2017
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