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Se il Napoli ha perso Euclide
di Mimmo Carratelli (da: il Mattino del 21.10.2016)
Sdrammatizzare, sdrammatizzare per non appesantire il clima. O capitan, c’è il Napoli in mezzo al mare. E va sempre più giù.

Euclide se n’è andato. Non funzionano più i triangoli rettangoli e quelli isosceli, non funziona più il gol costruito sull’ipotenusa, non ci sono più le rette parallele e la linea retta tra due giocatori qualunque.

Anche l’abbigliamento intimo non funziona. Sono saltati gli elastici, ogni elastico è diventato una molla ‘e vrachetta.

Non ci sono più le sovrapposizioni, le sopraimpressioni, l’accavallamento, il dai e vai, ma dove vai se il pallone non ce l’hai.

È la crisi del Napoli, annunciata negli ultimi venti minuti contro il Benfica e spalmata in tre sconfitte successive, senza precedenti nell’ultima epoca felice.

Euclide s’è portato via la geometria del Napoli e il popolo, in allarme, geme: timeo Sarri et droni ferentes. La grande bellezza e la grande illusione sono scomparse dallo schermo azzurro.

Il Napoli annaspa: un buio nell’acqua e il buio al di qua e oltre la siepe. Eugenio Bennato aveva lanciato l’allarme: li Turche so’ sbarcati a la marina. Erano quelli del Besiktas.

E ora per chi suona la campana? Non bisogna chiederlo mai. Essa suona per tutti. De Laurentiis è su tutte e tre le furie. Ha speso 128 milioni, ma ne ha incassato più di 90, consegnando a Sarri una “rosa” più competitiva. Si può ancora lottare al vertice.

Improvvisamente, la situazione precipita.

Il vecchio cronista ricorda quel maledetto campionato 1960-61, ma sciò sciò ciucciue’. L’illusione fu di uno squadrone da scudetto.

Tutto cominciò con le cessioni di Vinicio al Bologna e Pesaola al Genoa che Amadei, allenatore, non sopportava e quelli non sopportavano lui.

Lauro, impegnato in politica, prossimo a nuove elezioni, usava il Napoli per conquistare voti. La sua “stella” era in declino. Volle condurre personalmente la campagna acquisti e andò al “Gallia”.

Tornò con Pivatelli, Mialich e Bodi del Bologna al quale cedette Vinicio aggiungendoci 122 milioni.

I nuovi acquisti, con Gratton preso dalla Fiorentina, più Juan Carlos Tacchi e Girardo dall’Alessandria e l’esile Maioli dal Verona, dovevano trascinare il Napoli alla conquista dello scudetto contro la Juve di Boniperti, Charles e Sivori, il Milan di Altafini, Liedholm e Rivera, l’Inter di Angelillo e Corso.

Un grande Napoli per una grande Napoli, era stato sempre lo slogan elettorale del Comandante.

Lo squadrone fece cilecca. Il centravanti Di Giacomo segnò appena sei gol, Pivatelli tre. Il Napoli non vinse neanche uno dei confronti diretti con le “grandi”.

Mancando i risultati, dalla 15ª giornata Lauro ingaggiò come direttore sportivo Renato Cesarini, il giocatore-funambolo della Juve anni Trenta.

Mediocre girone d’andata (17 punti). Disastroso il “ritorno”, appena 8 punti: cinque sconfitte consecutive (0-4 con la Juve al “San Paolo”).

Lo spogliatoio era diviso in clan. Del Vecchio colpì Amadei con un pugno. Nelle due ultime giornate, licenziato Amadei, definito da qualcuno “l’anima nera” del Napoli, la squadra venne affidata ad Attila Sallustro, l’idolo degli anni Trenta divenuto direttore del nuovo stadio.

Dallo scudetto sognato alla serie B. Il Napoli finì penultimo. Il colpo fu duro. Ma oggi è un’altra storia. Sciò sciò ciucciuve’.

21/10/2016
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