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Jorginho, il timoniere giusto per Conte
di Mimmo Carratelli
(da: il Mattino del 27.3.2016)
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Il Napoli sfonda anche in Nazionale. Nel secondo tempo contro la Spagna, Lorenzo Insigne cambia il volto dell’attacco.
Segna, sfiora il bis con un pallonetto, si muove, taglia verso il centro, scambia, difende, conquista la convocazione per i prossimi Europei.
Seconda presenza napoletana alla fase finale del torneo continentale dopo quella di Antonio Juliano, campione d’Europa 1968.
Lorenzo Insigne è il quarto napoletano in azzurro, apripista Juliano (tre Mondiali: 1966, 1970, 1974), poi Ciro Ferrara (49 presenze in nazionale, 25 con la maglia del Napoli) e Fabio Cannavaro (136 volte in azzurro, con la maglia del Napoli solo nelle nazionali giovanili).
Dalla provincia Fabio Quagliarella, stabiese, protagonista finale al Mondiale in Sudafrica (25 presenze, 8 con la maglia del Napoli). Avellinese Nando De Napoli con 54 partite in nazionale (49 con la maglia del Napoli).
Negli anni Trenta, Attila Sallustro nato ad Assuncion in Paraguay da famiglia napoletana (padre farmacista, emigrante), appena una partita giocata, chiuso da Meazza.
Napoletanissimo Ciccio Baiano che giocò due volte in nazionale quando però vestiva la maglia del Foggia. Non è stata mai facile la strada della nazionale per i calciatori napoletani. La sbarrava il predominio delle squadre del nord che proponevano i loro giocatori.
Una questione definita geopolitica fin dai tempi del commissario tecnico Vittorio Pozzo. Talvolta, una vera «guerra» tra nord e sud, come ai Mondiali 1974 in Germania col clan dei settentrionali contro il gruppo meridionale capeggiato da Chinaglia (Lazio) e Juliano.
Sono una cinquantina i calciatori del Napoli convocati in nazionale, trentuno sono scesi in campo almeno una volta. A Lisbona, 1957, contro il Portogallo (0-3) giocarono in tre del Napoli: il portiere Bugatti, il centrocampista Posio e Bruno
Pesaola (oriundo).
Evenienza eccezionale che si ripeté trent’anni dopo con Francini, Bagni e De Napoli. E, ancora, nel 1989 con Ciro Ferrara, De Napoli, Carnevale e nel 1991 con Ferrara, Crippa, De Napoli.
Contro la Spagna, giovedì scorso, ha giocato un solo minuto finale Jorginho (al posto del laziale Parolo). Una presenza
«silenziosa», un piccolo premio al suo straordinario campionato da centrocampista che gioca più palloni e ha una precisione del 92 per cento nei passaggi.
Nato in Brasile ma con passaporto italiano (calcisticamente cresciuto nel Verona dai sedici anni in poi e trisnonno paterno vicentino), Jorginho, in difficoltà nel centrocampo a due di Benitez e rilanciato da Sarri nel centrocampo a tre, è la nuova «stella» della zona mediana.
In nazionale, dopo l’addio di Pirlo, la cabina di regia, ormai anziano Montolivo (31 anni), è forse una sfida a due, tra Marco Verratti (23 anni) e Jorginho (24). Sono in là con gli anni anche Thiago Motta (33) e Parolo (31). Più centrocampista offensivo Roberto Soriano (25 anni).
Verratti e Jorginho, più di ogni altro, interpretano il ruolo di regista, essenziale per fare girare la squadra. Se vogliamo, Jorginho ha un vantaggio sul giocatore del Paris Saint Germain che ama giostrare più avanzato. Il vantaggio è la capacità di Jorginho anche nella fase difensiva.
A dispetto del fisico da studentino, Jorginho sa farsi valere nel tackle, è forte nei contrasti ed ha una visione più ampia della fase passiva. Se questa è la situazione, è possibile che Jorginho trovi posto nella fase finale del prossimo Europeo specie se il modulo di Conte dovesse essere il 3-4-3 presentato contro la Spagna.
I centrali di centrocampo a Udine sono stati in partenza Thiago Motta e Parolo. Nei loro confronti, Jorginho e Verratti non hanno solo il vantaggio dell’età, ma anche una maggiore scioltezza e vivacità. E, in una nazionale propositiva, potrebbero
benissimo coesistere.