Calcio
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È morto a 92 anni Giampiero Boniperti,
34 anni nella Juventus
di Mimmo Carratelli
(da: Roma del 19.06.2021)
Ai tempi dell’Italia contadina e del pallone di cuoio, dopo la guerra, un gol di Boniperti valeva una mucca. Alla fine degli anni Quaranta, questo fu il premio richiesto alla Juventus dal biondino novarese per ogni gol.

Boniperti veniva da una famiglia benestante di Barengo, un paese in provincia di Novara ai piedi di una collina con un fiume, il Sesia, e un torrente, l’Agogna, in mezzo a una pianura coltivata a riso.

Fu l’origine agricola a fargli richiedere una mucca per ogni gol. Un bel furbo, disse l’Avvocato, perché il giovane Boniperti sceglieva sempre, nel podere degli Agnelli, non solo la mucca più bella ma anche gravida. Così se ne prendeva più di una.

Giampiero Boniperti, 469 partite nella Juventus dal 1946 al 1961, diciannove anni da presidente dal 1971 al 1990, è morto l’altra notte nella sua casa di Torino per insufficienza cardiaca.
Avrebbe compiuto 93 anni il prossimo 4 luglio.

Da calciatore con la maglia bianconera, l’unica e la sola della sua vita, vinse cinque scudetti. Da presidente ne vinse nove, più una Coppa dei campioni (1996), una Coppa intercontinentale, una Coppa delle coppe.

Più di qualunque altro giocatore bianconero, Boniperti è stato la Juventus. Diceva: “La Juve non è solo la squadra del mio cuore. È il mio cuore”. Trentaquattro anni nella Real casa del pallone a Torino.

È stato uno juventino elegante, ma terribilmente juventino. L’ho amato il giorno in cui disse: “Se penso a un grande calciatore, penso a Pelè, Di Stefano, Cruyff, Platini, Maradona, però dopo avere pensato a Valentino Mazzola”.

Colpì il mio giovanile cuore granata, incantato dal Grande Torino. Valentino Mazzola era il capitano di quella squadra leggendaria perita a Superga. Proprio Mazzola avrebbe voluto Giampiero in maglia granata. Boniperti andò a parlare col presidente di quel Torino, Ferruccio Novo, e gli disse: “Sono della Juve, non posso”. Un giorno, Boniperti raccontò: “In un derby, avevo fatto quasi gol, ne ero sicuro, ma Valentino Mazzola salvò sulla linea. Tornai a capo chino verso la metà del campo e, intanto, Mazzola s’era allungato verso la nostra porta e fece gol”.

Aveva 11 anni quando don Paolo Granzini, vice-rettore del Collegio De Filippi di Arona, la cittadina piemontese sul Lago Maggiore, vedendolo giocare tra gli allievi dell’istituto, gli disse: “Tu sarai un campione”.

Alla Juve, perché aveva solo la Juve nel cuore e nei suoi sogni, lo portò a 18 anni Egidio Perone, medico della famiglia Boniperti, molto legato al ragazzo. Arrivarono a Torino sulla Topolino del medico.

La Juve lo prese per 60mila lire, trenta al Momo Novarese, la squadretta che deteneva il cartellino di Giampiero, e trenta al Barengo, la squadra del suo paese.

Lo prese a benvolere Felicino Borel, che era stato il formidabile centravanti della Juve anni Trenta ed era soprannominato “farfallino” per la leggerezza della corsa e il tocco lieve per il gol. Durante il provino, Giampiero emozionato scivolò mancando di segnare. Renato Cesarini, la grande mezz’ala bianconera che aveva diviso la sua vita di calciatore fra i tabarin e il campo, marchigiano di Senigallia ma cittadino argentino dopo che i suoi erano emigrati a Buenos Aires, lo canzonò: “Credevi di stare in campo a raccogliere margherite?”.

Negli allenamenti ebbe come avversario Carlo Parola, famoso per l’acrobazia elegante delle rovesciate, ma anche difensore che usava i gomiti. Non risparmiò il giovane Boniperti colpendolo a un occhio. E Giampiero ha proprio un occhio nero nella prima foto ufficiale da giocatore della Juventus.

Boniperti giocò la prima partita il 2 marzo 1947: la Juve perse in casa contro il Milan. A fine campionato, i bianconeri strariparono a Genova contro la Sampdoria e Boniperti segnò due gol. Da ala destra diventò centravanti, prendendo il posto di Silvio Piola, il grande attaccante pavese che era giunto ai 34 anni.

Giampiero giocò accanto a stranieri formidabili, prima fra le mezzali danesi John e Karl Hansen, il gigante Praest all’ala sinistra, poi fra Sivori e John Charles nel più famoso trio d’attacco della Juventus. Il gallese John era un gigante buono, tartassato dai difensori.

Boniperti gli urlava: “Alza i gomiti, non vedi come ti picchiano!”. Giampiero non sopportava molto Sivori, gran caratterino così diverso da lui e che in campo voleva fare tutto da solo, ma era il più straordinario argentino che si fosse mai visto.

Giampiero Boniperti ha segnato nella Juve 188 gol (178 in serie A). Otto gol in 38 presenze in nazionale. La volta che segnò un gol alla Roma e vinse una scommessa con Gianni Agnelli, l’Avvocato pagò la scommessa dandogli l’orologio con la sveglietta che teneva al polso.

Nella seconda annata juventina, 1947-48, giocando tutte le partite (40), Boniperti vinse la classifica dei cannonieri con 27 gol, due più di Valentino Mazzola. Arretrando da mezz’ala, non fu più il goleador bianconero, ma mandava a ripetizione a rete Sivori e Charles.

Giampiero era un bel biondino con i capelli quasi a boccoli. L’interista Benito Lorenzi, lingua biforcuta e perciò detto “Veleno”, lo soprannominò “<ì>Marisa”. Giampiero era un giocatore concreto ma elegante, leggiadro.

Negli anni al Vomero, Boniperti segnò solo due gol al Napoli, uno a Casari, l’altro a Bugatti. Da capitano della Juve, arbitro l’immenso siracusano Concetto Lo Bello, consentì che si giocasse con la folla che era straripata ai bordi del campo nella partitissima del 20 aprile 1958 che il Napoli vinse 4-3 col gol di Bertucco al 90’.

Giampiero giocò la partita inaugurale del San Paolo, 6 dicembre 1959, la Juve sconfitta dai gol di Vinicio e Vitali, rigore di Cervato per i bianconeri.

L’ultima partita di Boniperti fu quella del 10 giugno 1961 a Torino. L’Inter di Helenio Herrera schierò la squadra Primavera. Juve-Inter non s’era giocata il 16 aprile quando l’arbitro z genovese Gambarotta interruppe il match alla mezz’ora per la folla che s’era riversata ai bordi del campo (come a Napoli nel 1957 dove però si giocò regolarmente).

Il giudice sportivo assegnò il 2-0 a tavolino all’Inter, ma la Caf cancellò la sentenza disponendo la ripetizione della gara. L’Inter per protesta schierò la squadra ragazzi con Sandro Mazzola diciannovenne.

La Juve non ebbe pietà. Non ne ebbe soprattutto Sivori che segnò sei dei nove gol della Juve. Mazzola segnò su rigore l’unico punto interista.

Quel giorno, rientrando negli spogliatoi, Boniperti consegnò le scarpette al magazziniere Crova: “Ecco le scarpe, io ho finito”.

Da presidente della Juve, è rimasto scolpito il suo comandamento juventino: “Vincere non è importante, è la sola cosa che conta”. Ma disse anche: “Io perdono, ma non dimentico”. Ferocemente juventino. Allo stadio assisteva solo ai primi tempi, poi si rifugiava in auto ad ascoltare il secondo tempo per radio.

Voleva evitarsi le emozioni forti della visione in diretta del match. Da Scirea a Del Piero, Platini, Tardelli, Causio, Cabrini, Paolo Rossi, gli acquisti della Juventus sotto la sua presidenza sono una galleria di campioni.

A Benetti che si presentò in camicia la prima volta che arrivò alla Juve, Boniperti disse: “Dov’è la giacca?”. Lo stile Juve a tutti i costi. A Platini fece tagliare i capelli troppo lunghi.

Alla vigilia del Mondiale 1982, Boniperti tentò di prendere Maradona dal Boca Juniors, ma la Federcalcio argentina si oppose al trasferimento bloccando il giocatore sino al Mondiale spagnolo. “L’unico fuoriclasse che non ho portato alla Juve” dirà un giorno.

Giampiero Boniperti lasciò la presidenza della Juve quando sopraggiunse la Triade composta da Moggi, Giraudo e Bettega. “La Juventus è il sogno che avevo e che ho realizzato” diceva.

Il sogno finì. Era il febbraio del 1990.
18/6/2021
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