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Allan, il guerriero di Rio che vede e provvede
di Mimmo Carratelli (da: Corriere dello Sport del 16.11.2018)
Un uomo nato per duellare come D’Artagnan dietro il muro delle Carmelitane Scalze. Un uomo che correrebbe ancora a liberare il Santo Sepolcro. Un uomo che ha il coraggio di Leonida alle Termopili e di Ettore sui bastioni di Troia. È Allan Marques Loureiro, il guerriero azzurro.

Vogliamo esagerare? E, allora, esageriamo. Citazione da Pietro Metastasio: dovunque il guardo giro, immenso io ti vedo. L’immenso Allan che è dappertutto, in ogni zona del campo, su ogni zolla, su ogni filo d’erba, al centro e sulle fasce, in difesa e all’attacco. È uno, due, tre, cinque, dieci volte Allan, capace di inseguire, marcare, contrastare, fermare e superare tutti e dieci gli avversari.

Interrompe, anticipa, accorcia, incalza. È il guerriero di Rio e Rio vede e provvede. È l’ibrido sicuro, elettrico e a benzina. Inesauribile e indomabile. Al tempo di Sarri i droni, i sensori, i tachimetri, i goniometri, gli amperometri che spiavano, registravano, fissavano e comunicavano tutti i dati, i coefficienti, le virtù fisiche e le lacune mentali degli azzurri andavano in tilt con Allan. Fuori dalla norma, dalle previsioni, dalle tabelle spirometriche, dagli indici di gradimento, affollamento e contenimento.

Incredibile a dirsi, Allan non è un gigante (1,75). Non ha la possanza di Koulibaly e non ha la faccia del cattivo che aveva Romeo Benetti. Non azzanna e non sparge sangue. Non è un cacciatore di caviglie, un cecchino di rotule, un killer di tibie. Da quando è in maglia azzurra, 148 partite, ha preso una diecina di “gialli”, mai un’espulsione.

Entra in campo facendosi il segno della croce, un cavaliere crociato che libera dagli invasori la terra santa dell’intero campo di gioco. È un oppressore, un compressore, un aspiratore. La sua abilità è chiudere gli orizzonti a chi ha la palla, portare l’avversario sull’orlo del mondo, allarmarlo con lo squillo dell’anticipo, incutergli l’angoscia del contatto, l’assillo di un’aderenza tenace, il fastidio di una contiguità caparbia e piantarlo sul campo con un dribbling stretto e secco. Per ogni avversario, a centrocampo e oltre i limiti del centrocampo, Allan è la suocera. Una presenza che disturba, un’intrusione, una possibile lite di piedi.

Allan è l’ultimo epigono di quei mediani che, nel calcio antico dei duelli uomo contro uomo, avevano il sublime ordine tattico di “spezzare le reni” alla mezzala avversaria di fantasia, al leader del gioco altrui, al fuoriclasse più temuto.

Omero avrebbe scritto un verso immortale per l’alessandrino Carlo Tagnin che, al Prater di Vienna, seguì come un’ombra tignosa il grandissimo Alfredo Di Stefano, il più grande degli argentini, con nonno caprese, perché questa era stata la consegna di Helenio Herrera per togliere al fuoriclasse del Real Madrid che correva a tutto campo il respiro e lo spazio di gioco: “Vagli dietro anche se va al gabinetto”.

Tonino Girardo, nel Napoli dei tempi rustici, aveva il compito di intimorire Rivera, che era stato suo compagno nell’Alessandria. È possibile che Tonino dicesse ogni volta al golden-boy del Milan la frase che viene attribuita al cerbero pugliese Pasquale Bruno: “Quando entro posso prendere sia la gamba che la palla e, se prendo la palla, pazienza”.

Romeo Benetti si ebbe una denuncia penale dopo avere spaccato il crociato, i collaterali, il menisco interno e la capsula posteriore della gamba destra del napoletano Franco Liguori, gentile mediano del Bologna.

Nobby Stiles (1,68) è stato lo squalo di centrocampo del Manchester United di Matt Busby. Uno dei più cattivi della Premier, Roy Keane, la tigre irlandese del Nottingham Forest, sommò in carriera ventidue espulsioni, ma quando ebbe undici giornate di squalifica fu perché disse all’arbitro: “Tua moglie è più gentile con me”. Una belva gigantesca (1,91) è stato l’olandese Jaap Stam che giocò anche nella Lazio e nel Milan.

Il Napoli, dopo Girardo, ha avuto altri mastini di centrocampo, Ottavio Bianchi e Salvatore Bagni, ma anche l’atleta di Cristo Alemao, il brasiliano dai riccioli biondi e il portamento elegante che camuffavano la forza dei contrasti. Soleva girare per Napoli con una pistola. Dopo avere abbracciato la fede sostituì la pistola con la Bibbia. Un aneddoto, forse.

Ma quelli erano tempi rusticani. Tibie e peroni erano costantemente a rischio. Uno contro uno, mediani e difensori non dovevano lasciar passare l’avversario diretto. Si sarebbe aperta dietro di loro una prateria per l’offesa del gol. Perciò o la gamba o la palla, o la vita o la morte.

Oggi, col calcio ballerino e trigonometrico, il mediano che difende e aggredisce non ha sempre un solo avversario di mira, ma è il guardiano di una zona di campo dove deve sbarrare la corsa a tutti, e non deve aspettare ma anticipare l’avversario alzando il pressing.

Un missionario di questa più vasta operazione tattica è Allan, il guerriero che non conosce ostacoli, steccati, confini e che fa impazzire l’autovelox degli allenatori avversari. Uno dei più forti al mondo, finalmente convocato per la nazionale brasiliana che un mediano così non l’ha più avuto dai tempi di Dunga. In quest’epoca esagerata, con una battutaccia riprovevole, si parla del “Dunga-Dunga” di Allan, la marcatura più spettacolare del calcio di questi nostri tempi.

Allan è cresciuto tra le quindici favelas di Ramos, la zona nord di Rio de Janeiro, agli antipodi degli splendori di Ipanema e Copacabana. Davanti all’inquinatissima baia oceanica di Guanabara hanno creato un vasto lago artificiale di acqua salata e clorata con spiaggia ugualmente artificiale. E il Piscinão de Ramos per i bagni del quartiere.

Un paesaggio di canne da zucchero e una famosa scuola di samba, la Escola de samba Imperatriz, otto volte campione al Carnevale di Rio. Questa è Ramos. Un grande quartiere popolare davanti al mare impraticabile con un lago artificiale per tuffarsi in acqua.

O segreto do sucesso è nunca perder o foco. Il fuoco, la concentrazione, la voglia di vivere. Pare sia uno degli slogan di Ramos che Allan s’è portato dentro nel suo mestiere di calciatore, dalle giovanili del Madureira al Vasco da Gama, quando vi arrivò a 17 anni, all’Udinese che lo prese per 3 milioni nel 2012 e, tre anni dopo, lo vendette al Napoli per quindici.

Fra i giovani centrocampisti di lotta e di governo, Allan (27 anni) è sulla passerella dei migliori d’Europa col coetaneo francese di origini maliane Kantè del Chelsea e col brasiliano Casemiro del Real Madrid, mentre hanno superato la trentina Matuidi, Arturo Vidal, Fernandinho e il catalano Busquets del Barcellona ha ormai trent’anni.

Nei quattro anni in azzurro, ha saltate 16 partite (tre per infortunio, 4 volte in panchina, 9 fuori). In campo 148 volte: 66 partite intere, 45 volte sostituito (16 da Rog, 12 da Zielinski, 6 da David Lopez fermandoci ai numeri più alti), 37 volte è subentrato (10 volte per Hamsik e 10 per Zielinski, le sostituzioni più frequenti). È andato a segno otto volte bucando le porte di Empoli (Skorupski), Lazio (Marchetti), Milan (Diego Lopez), Udinese (Karnezis), Benevento (Belec), Sassuolo (Consigli), Sampdoria (Viviano), Spal (Meret).

Allan, se lo conosci, prova a non perdere la palla.
16/11/2018
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