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Valerio Cuomo: mi manda papà
di Adriano Cisternino
Mi manda papà!
La storia dello sport è zeppa di figli d'arte.

Sono tanti i casi di padri e figli con la stessa passione, capaci di emergere, guadagnare podi nazionali ed internazionali a distanza di qualche generazione: stesso cognome, stesso sport, sul podio papà, sul podio anch'io.

Dal calcio alla boxe al canottaggio, alla scherma e così via, ci sarebbe materiale per un'enciclopedia.

E la scherma ha dato allo sport italiano luminosi esempi di figli d'arte. Dai Nadi ai Mangiarotti, ai Montano, cognomi che hanno fatto la storia della schema azzurra.

L'ultimo esempio arriva proprio da Napoli ed è fresco di gloria, nonché di interessanti premesse e promesse.

Sandro Cuomo è sinonimo di spada: una carriera infinita, una bacheca incredibile, dai titoli nazionali ai mondiali, alle olimpiadi, oro ad Atlanta '96. Dalla pedana alla panchina il passo è stato breve, ora è cittì azzurro dell'arma non convenzionale.

Ma chi ha guadagnato i titoloni dei giornali negli ultimi giorni è Valerio Cuomo, figlio di Sandro, classe '98, 4° liceo scientifico al “Mazzini”.

Lo scudetto degli “under 20”, titolo conquistato qualche settimana fa ad Acireale, è solo l'ultimo trofeo portato a casa in una stagione in cui il giovane “figlio d'arte” è salito sul podio in tutte le rassegne internazionali che contano: bronzo europeo individuale, argento mondiale individuale e oro a squadre.

Ma già l'anno scorso si era segnalato per l'oro a squadre agli Europei.

Sbaglierebbe chi pensasse che Valerio sia nato con la spada in pugno: “Giocavo al calcio, ed anche benino. Poi ho cominciato a seguire papà in palestra e mi sono appassionato alla scherma. Ora posso dire che il calcio è il mio gioco preferito, naturalmente tifo Napoli, ma la scherma è il mio sport”.

È cresciuto al Club Scherma Partenopeo, la società inventata proprio da Sandro, che quando scese dalla pedana decise di creare a Napoli un polo schermistico dedicato alla spada.

Presidente la madre, Loredana De Felicis, lo allena il maestro Carmine Carpenito,

Per un ragazzo che ha appena compiuto diciotto anni, gli ultimi risultati dicono inequivocabilmente che siamo in presenza di un vero talento emergente della spada azzurra.

Qualcuno ha addirittura osservato che alla sua età papà Sandro non aveva vinto quanto ha già vinto Valerio. Il cordone ombelicale, insomma, è stato reciso: non più il figlio di Sandro, ma lui, Valerio, spadista emergente di talento.

Facile intuire che a sentirsene risollevati sono in due, papà Sandro, ovvero Cuomo senior, cittì dell'arma, e Valerio, Cuomo junior, finalmente esploso in tutta la sua potenzialità.

“Un'annata davvero con tante gioie –
si compiace legittimamente il giovanotto – era ora e non me ne sorprendo, perché la scherma richiede tanto allenamento ma non sempre i risultati sono adeguati. L'anno scorso sono andato più volte vicino al podio, ma poi ho vinto solo il titolo italiano. Quest'anno mi sono rifatto con gli interessi. Lo devo anche a mio padre: lui mi dice sempre che l'allenamento paga. Dedico queste mie vittorie soprattuto ai miei nonni, Italo e Anna Maria, che mi seguono sempre con tanta passione, quando gareggio fuori mi guardano in diretta streaming sul sito federale”.

I recenti successi internazionali dimostrano anche alle male lingue che il papà-cittì lo convoca solo perché è veramente bravo e vince. Ed arricchisce il medagliere dell'Italia.

“Questa storia di essere il figlio di... all'inizio un po' mi infastidiva – ammette – poi mi è anche piaciuta, specialmente in campo internazionale, perché mi riconoscevano e mi consideravano di più. Però c'erano e ci sono i pro e i contro: se vinco è normale, se perdo mi fanno la faccia storta, come avessi deluso. Insomma questo cognome da una parte è un peso, dall'altra è uno sprone”.
Certo, il Dna è quello, ma ormai Valerio è Valerio e non più il figlio di Sandro. Anche perchè sono così uguali e così diversi.

Si assomigliano molto, non c'è dubbio, ma tanto per cominciare papà è mancino, lui invece è destro.

E poi c'è dell'altro: “Io non l'ho mai visto tirare, ma l'assetto fisico è uguale, stessa esplosività di gamba, le flashes, mi dicono, sono la stesse. Però non ho la calma che ha lui, anche nei momenti difficili. E soprattutto non accetto facilmente la sconfitta”.
E poi c'è la passione per le moto e per la vela: “Ho il motorino, un 125, ma ora che ho compiuto i diciotto anni, con qualche soldo rimediato dopo queste vittorie, sto pensando di comprare una moto più importante. Mamma non è d'accordo, ma papà è con me, perché anche lui ama le moto, le ha sempre avute. E poi la vela. D'estate sono istruttore alla Lega Navale di Ventotene. Papà è stato un campione anche in questo sport”.

Stagione da incorniciare questa del 2016, e lui già sogna in grande. “Certo, mio padre alla mia età non aveva vinto quello che ho vinto io, ma se io non arrivo alle olimpiadi tutto questo non ha senso. Tokio 2020? Forse è una data troppo vicina, difficile per uno schermidore arrivare alle olimpiadi a 22 anni. Però per il 2024, magari a Roma, potrei farcela. Intanto penso agli esami di maturità che mi aspettano fra un anno e poi conto di entrare in qualche gruppo sportivo militare, come le Fiamme Oro, proprio come mio padre”.

Il romanzo infinito dei figli d'arte, insomma, si è arricchito di un nuovo capitolo, appena cominciato e ancora tutto da scrivere.
25/5/2016
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