Recensioni
Tecnologie digitali usate in modo umanistico
di Giovanna D'Arbitrio
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Presentato con successo in varie location culturali di Napoli, il libro “
Fare scuola a Scampia - Buone pratiche digitali per la coesione educativa” ( Ed. Erickson live), di
Nicola Cotugno, architetto e docente, raccoglie testimonianze di studenti da lui coinvolti in progetti innovativi, basati sull’uso di strumenti digitali, dal 1996 al 2021 all’ l’ITI Galileo Ferraris di Scampia.
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Dare senso alla scuola, produrre nei ragazzi interesse e coinvolgimento - afferma Nicola Cotugno -
attrarli verso percorsi che producono forza interiore e consapevolezza, capaci di farli crescere più forti delle tante fragilità di un territorio come Scampia, bello e complesso ma con tantissima vitalità. Si può e si fa ma occorre una scuola innovativa e formativa, grazie ad un uso umanistico del digitale, che genera coesione educativa”.
E in effetti anche la prefazione di
Eraldo Affinati e nella postfazione di
Marco Rossi-Doria, mettono in evidenza l’importanza della Scuola come potente strumento di crescita che soprattutto nei quartieri a rischio può diventare per i giovani e anche un’opportunità di riscatto civico e sociale.
Ed è essenziale comprendere che la tradizionale lezione frontale in certi contesti non è produttiva, poiché bisogna rendere le lezioni coinvolgenti e interattive, avvalendosi in modo nuovo, costruttivo, “
umanistico” anche delle tecnologie digitali, spesso demonizzate, come ad esempio videogiochi didattici, creazione di siti web e quant’altro, strategie didattiche che tenendo sempre desto l’interesse degli alunni, combattono almeno in parte un’endemica dispersione scolastica.
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Questo universo - il libro lo mostra a ogni passo -
contiene tutte le componenti della crisi educativa che attanaglia i quartieri poveri del mondo, anche in Occidente e anche in Italia - Rossi Doria evidenzia -
Non basta guardare a quei ragazzi o trovare nuove vie per la didattica. Non vi può essere un diaframma tra vita e scuola. La scuola sì è luogo protetto e deputato all’apprendimento ma il flusso con tutto il resto è potente e ha un carattere “multi-strato”,
appunto, che va affrontato nel lavoro di insegnamento. Si tratta di una urgenza ulteriore che va indagata, compresa, attraversata da un esame economico, sociologico, antropologico, psicologico, ecc. Il docente deve avere o reperire più sguardi. Deve riprendere a studiare per acquisirli. Deve continuamente cercare confronti con altri mestieri e altri saperi per comporre la sua azione in classe con la comprensione del contesto che sta contribuendo a voler trasformare”.
Avendo insegnato per molti anni nella scuola media statale, questo libro ha risvegliato in me tanti ricordi. In effetti come dimenticare la mia “
gavetta” nelle scuole di Frattamaggiore, Secondigliano, Rione Traiano, considerati quartieri “
a rischio” anche a quei tempi, quando poco più che ventenne ho dovuto affrontare ragazzi quasi pronti per il servizio militare e “
parcheggiati” ancora in una scuola media perché più volte “
bocciati”?!
Mandata là allo sbaraglio ad insegnare inglese… qualche santo mi avrà dato una mano! Subito compresi che i metodi didattici tradizionali in quell’ambiente non potevano essere efficaci.
Riuscii a farmi ascoltare traducendo per loro le canzoni inglesi e americane che cantavano senza conoscerne il significato e gradualmente, comprendendo i loro seri problemi, potei aiutarli in qualche modo, conquistai la loro fiducia e ottenni insperati risultati.
Insegnai così non solo inglese, ma anche italiano e tante altre cose che vanno sotto il nome di “
cultura”, ma imparai anch’io da quegli umili ragazzi, talvolta con genitori o parenti in prigione, cresciuti in ambienti deprivati, eppure esseri umani capaci di buoni sentimenti e di sorridere con riconoscenza a chi tendeva loro una mano.
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Svantaggiati”, così vengono definiti tali alunni per il divario socio-culturale rispetto ad alunni provenienti da altre classi sociali, presenti in percentuale dell’11% circa anche nei quartieri eleganti.
Ho combattuto per loro tutta la vita, credendo fermamente nel diritto all`istruzione, a cure sollecite e attente per uno sviluppo armonioso della personalità di ciascun alunno, al di là di privilegi e classi sociali, per il rispetto dovuto ad ogni essere umano in quanto “
unico e irripetibile”.
Quando lessi “
Lettera a una professoressa”, scritta dai ragazzi di Barbiana sotto la guida di
don Milani, mi commossi e trovai giuste le loro critiche ad una scuola che colpiva soprattutto poveri e disadattati con le bocciature.
Cosa è cambiato da quei tempi? In effetti anche se ora si ricorre di meno alle bocciature, dispersione scolastica e analfabetismo non sono stati ancora debellati ed è ormai inconfutabile l’incapacità della Scuola Statale nel colmare il “
divario culturale” tra le classi sociali, salvo eccezioni dovute all’impegno di insegnanti che si prodigano per tali alunni con tutte le loro forze.
Lo dimostrano i continui e costanti tagli sull’Istruzione fino ad arrivare ai caotici Istituti Comprensivi, tagli sempre più massicci tra una crisi economica e l’altra, tra pandemia e guerra in Ucraina.
Ben vengano quindi docenti come il
Prof. Nicola Cotugno, docenti che si dedicano all’insegnamento con professionalità e amore per i ragazzi, malgrado le difficoltà che attanagliano la Scuola statale.
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Viviamo in anni in cui manca il respiro delle idee, di solidarietà e passione. E proprio per combattere questa asfissia bisogna ricominciare a sperare e a immaginare, ricordando che alcuni valori e alcuni diritti non possono e non devono essere trattabili: tuttavia vale la pena di continuare la battaglia”, come afferma
Vauro Senesi in “
Storia di una professoressa”.
Ecco un’intervista all’autore realizzata mercoledì 5 ottobre 2022 da Loredana Lipperini di Fahrenheit-Radio Tre :
https://www.youtube.com/watch?v=Leo_XPukUmM