Approfondimenti
Emma Hamilton
di Franco Polichetti
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Sir William Hamilton, ambasciatore britannico a Napoli presso il Regno delle due Sicilie dal 1764 al 1800, fu una poliedrica figura, pioniere della moderna vulcanologia, raffinato conoscitore d’arte, cultore di archeologia, eppure è più noto nella storia per essere stato un “
cocu cèlebre“ “
nu cèlebre curnuto” per la tresca che la bella e fascinosa Emma, sua seconda moglie, ebbe con l’ammiraglio Orazio Nelson di cui però Hamilton conservò grande amicizia, nonostante fosse a conoscenza dell’intrigo.
Viveva l’ambasciatore nella celebre abitazione descritta da Goethe, nel palazzo Sessa a Cappella Vecchia nei pressi di piazza dei Martiri esattamente nel vicolo, attualmente confinante con la libreria Feltrinelli. che attraverso le panoramiche rampe del Calascione sale a via Monte di Dio.
Da qui l’ambasciatore godeva la vista dell’incantevole panorama del golfo di Napoli.
Nel XVIII secolo, però, i ricchi aristocratici avevano l’obbligo mondano di disporre oltre che di una residenza in città, anche di più luoghi di delizie, posti in località amene per lo svago o il riposo.
Hamilton, per il suo rango, non poteva fare eccezione a tale regola.
Vediamo, quindi, come egli, felice e ostentatamente orgoglioso di tale privilegio, descrive, in una lettera del 1780, indirizzata a suo nipote Charles Greville che si trovava a Londra, la sua giornata nella delizia della straordinaria natura partenopea: “
Ogni mattina mi lascio rotolare deliziosamente dalle onde, e ogni giorno pranziamo al nostro casino di Posillipo, dove fa fresco come in Inghilterra. In primavera ed autunno abitiamo la dolce casa di Portici, che tu conosci, e in inverno seguo il Re a Caserta e sugli Appennini per la caccia al cinghiale”. Quindi un raffinato e voluttuoso edonismo quello di Hamilton al quale aveva improntata la sua esistenza.
Di questa residenza di Posillipo, durante l’ottocento, si erano perse le tracce e l’esatta posizione; tra la fine del secolo e l’inizio del ventesimo si accese, tra i cultori di storia patria napoletana, un forte interesse per essa perché luogo di incontri diplomatici, mondani e sentimentali di notevole importanza.
Famoso era finanche il suo nome, Hamilton, romanticamente, l’aveva chiamata
Villa Emma, una tenerezza coniugale verso la moglie appena ventisettenne lui quasi settantenne.
Da questa casa, Hamilton, in compagnia della sua fascinante consorte e di alcuni suoi amici, osservò la tremenda eruzione del Vesuvio, che nella notte del 15 giugno 1794 seppellì, sotto un fiammeggiante torrente, una parte della città di Torre del Greco.
A Posillipo esiste, ancora oggi, una “
casetta” che la mappa del Duca di Noia indica come “
Cas. Di Mappinola”,e che nel secolo scorso l’architetto Enrico Alvino ha individuato essere l’antica villa abitata dal celebre Hamilton. Essa si eleva su uno sperone di roccia tufacea prospettante il mare di Posillipo, poco distante dal palazzo Donn’Anna.
Che si tratti proprio di Villa Emma. e che la ricerca dell’Alvino sia esatta ci pervengono a conferma gli scritti di alcuni storici napoletani quali G. Nobile con la sua “
Descrizione della città di Napoli e delle sue vicinanze” Napoli 1863 vol. I p.160, Benedetto Croce con l’articolo “
Dalle memorie del pittore Tischbein” in “
Napoli Nobilissima”, 1897,vol. VI, p.102, ed inoltre anche due immagini suggestive del Casino di Mappinola che decorano un piatto ed una gelatiera del celebre “
Servizio dell’oca” custodito nella pinacoteca di Capodimonte.
Dunque oggi non ci sono più dubbi: la “
Mappinola” è proprio l’antica seconda residenza di Hamilton.
Ma vediamo ora chi era Lady Hamilton.
Il suo nome di battesimo era Emma Lyon, suo padre, un modesto fabbro morì quando lei aveva appena due mesi. Fu cresciuta dalla madre, ad Hawarden, in condizioni di estrema povertà e non ebbe alcuna istruzione regolare fino all'età di diciassette anni.
Emma era una splendida ragazza precoce intelligente e piuttosto spregiudicata. Infatti all’età di quindici anni aveva raggiunto già la maturità (anche sessuale), tanto che nel 1780, ebbe una figlia da un suo poco scrupoloso "
benefattore".
La bimba venne allevata da sua nonna nel Galles, ed Emma andava a farle regolari e frequenti visite. Ma quando la bimba divenne giovinetta l’abbandonò inspiegabilmente rifiutandosi addirittura di vederla.
Nel 1781, Emma Lyon si trasferì a Londra e cambiò il suo nome in Emma Hart. La sua bellezza ed il suo fascino, uniti alla sua intelligenza, trovarono nella capitale l’humus adatto a farla emergere.
Nel 1782, era già una diciassettenne ben nota a Londra, essendo stata tolta da un bordello da una tale Madame Kelly, divenne quindi la mantenuta di molti uomini dell'alta società londinese: A diciannove anni diventò l'amante di Charles Francis Greville nipote di sir William Hamilton, che, come innanzidetto in quel periodo era ambasciatore inglese a Napoli, capitale del Regno delle due Sicilie.
Greville era profondamente innamorato di Emma ed ebbe tre figli da lei mai riconosciuti dal padre, ma Emma, alquanto incurante, preferì, grazie a questa relazione, mettere in luce le sue doti positive; cominciò infatti a studiare ed in breve acquisì un'istruzione adeguata che le consentì di frequentare l'alta società londinese del tempo.
Nel 1786 Greville, avendo deciso di sposare una donna ricca, mandò Emma a Napoli perché diventasse l'amante di suo zio, Sir William Hamilton, l’ambasciatore. Egli sperava così di riuscire nello stesso tempo a liberarsi da Emma e ad evitare che suo zio, di cui voleva diventare erede, si risposasse.
Sir William si invaghì di Emma, e con grande sorpresa di Greville la sposò il 6 settembre del 1791.
Emma intanto, sia come amante che come successivamente moglie, non cessò mai di essere una donna esuberante e originale in cerca di notorietà e così, durante un periodo di felice menage matrimoniale, creò quelle esibizioni teatrali che erano un misto di prosa, danza e recitazione, che lei chiamava
attitudes e che ebbero enorme successo in Europa.
Usando alcuni scialli, ella posava evocando personaggi femminili dell'antichità come Medea e Cleopatra.
Tali esibizioni affascinarono aristocratici, artisti, scrittori, tra cui il grande Johann Wolfang Goethe, ed anche re e regine; le nuove tendenze nella danza da essa lanciate in tutta Europa furono un esaltante trionfo, con esse si diffuse anche la moda di un abbigliamento drappeggiato in stile ellenico.
L’originalità e l’intelligenza favorirono il suo ingresso nella corte di Ferdinando IV di Borbone divenendo intima amica della Regina Maria Carolina d’Austria.
Nel 1793, in qualità di moglie dell’Ambasciatore britannico, diede il benvenuto a Orazio Nelson, quando il celebre ammiraglio venne a Napoli a chiedere rinforzi contro i francesi.
Emma in quella circostanza usò l’intelligenza e la sua influenza sulla regina per ottenere che il Re Ferdinando concedesse i rinforzi a Nelson.
Nelson tornò a Napoli cinque anni dopo, quando era ormai una leggenda vivente, dopo la sua strepitosa vittoria nella battaglia del Nilo.
Ma le vicissitudini della guerra lo avevano prematuramente invecchiato: aveva perso un occhio, un braccio e la maggior parte dei denti…
Tuttavia Emma, forse già colpita dalla grandezza e dal genio dell’uomo, lo curò con estrema dedizione nella casa di suo marito, l’Ambasciatore, con il consenso di quest’ultimo, tanto che nel giorno del quarantesimo compleanno dell’Ammiraglio, potè concedersi di organizzare un memorabile ricevimento in suo onore, proprio in quella residenza.
Presto tra i due nacque l'amore, e sembra che la loro relazione sia stata tollerata, e persino incoraggiata, dall'anziano William, il quale non manifestava altro che ammirazione e rispetto per Nelson, ampiamente ricambiata dall’Ammiraglio.
Ebbe così inizio una delle più grandi storie d’amore di tutti i tempi.
La loro relazione, tanto mal dissimulata quanto analizzata, diventò l’oggetto di attrazione e pettegolezzo dei giornali scandalistici di mezzo mondo e, inevitabilmente, il bersaglio dei caricaturisti satirici, soprattutto inglesi.
Emma era ormai all'apice del successo, amica intima dell’autoritaria Maria Carolina, regina di Napoli e Sicilia, era l'unica che non era tenuta a rispettare i tre inchini di protocollo previsti alla presenza dei monarchi ed all'uscita a non voltare le spalle ai sovrani ritirandosi facendo i passi indietro sino alla porta.
Di ciò ella dette una prova quando, dopo la breve pausa della Repubblica Napoletana, Maria Carolina prima di rientrare a Napoli da Palermo con Ferdinando ed il suo seguito, scrisse una lettera ad Emma perché si adoperasse a che Nelson non lasciasse Napoli senza aver fatto giustizia di tutti i capi promotori della rivoluzione.
Emma con il suo ascendente su Nelson, vinse la riluttanza di quest’ultimo e lo convinse, mentre si era già allontanato con la sua nave ammiraglia, dal porto di Napoli, a tornare indietro, e a fargli eseguire, contro la sua morale sempre integerrima,, la volontà di Re Ferdinando IV.
Fu da lui, vilmente, portata a termine la vendetta richiesta da Maria Carolina ed in tal modo, quasi la totalità dei capi promotori della rivoluzione, il fior fiore della intellettualità napoletana, salì sul patibolo.
Era il 1800 quando Sir William Hamilton fu richiamato in patria. Una volta ritornata a Londra con il marito e l’amante l’idillio tra l’Ammiraglio ed Emma non si interruppe anzi si intensificò, con il beneplacito di Hamilton, il quale però si prese una piccola, alquanto meschina rivincita.
Infatti quando nel 1803 morì, per testamento non lasciò nulla dei suoi averi alla moglie, tranne una piccola rendita, assolutamente insufficiente per mantenere il suo tenore di vita nella società. Un duro colpo quindi per Emma che, come tutte le donne dell’epoca, era finanziariamente completamente dipendente dal marito.
Ma non era ancora la tragedia che sopravvenne di lì a poco. quando Nelson fu richiamato in servizio per combattere contro Napoleone.
S’infranse allora di colpo il futuro che i due amanti avevano sognato. Nelson contro la sua volontà, ma fedele al giuramento di soldato, a malincuore partì.
Colpito da un tiratore francese che gli perforò un polmone durante la battaglia di Trafalgar, Nelson morì il 20 Ottobre 1805.
Quasi avesse presagito il terribile futuro che aspettava la donna della sua vita, Nelson affidò al suo vice, Thomas Masterman Hardy, la raccomandazione di prendersi cura della sua cara Lady Emma. e di Horatia, la figlia che lei gli aveva dato.
Ma nonostante alla vigilia della battaglia di Trafalgar Nelson avesse aggiunto, di sua mano, un codicillo al suo testamento, raccomandando al Re e alla Nazione per cui stava andando a combattere, di provvedere ad Emma e Horatia, le sue ultime volontà furono ignorate, persino dal fratello che non mostrò neppure un pizzico di amore verso la piccola nipote, che per fortuna fu presa in cura da un gruppo di soldati riconoscenti della memoria del loro grande comandante.
Ebbe così inizio la fine di Emma. Desolata e distrutta dal dolore, le fu finanche negato di partecipare al grandioso funerale del suo amato Orazio che ebbe luogo nella capitale. Fu l’epilogo della leggenda.
Si aprì per Emma la inesorabile discesa verso l’inferno.
La celebrata bellezza che l’aveva resa famosa in tutta la sua convulsa e mutevole esistenza, era ormai del tutto sfiorita. Priva della irresistibile forza che le derivava dal suo fascino e di un uomo che la proteggesse, Emma, umanamente e socialmente distrutta, restò una donna sola e sventurata non più in condizioni di riemergere.
Esclusa dai salotti “
bene” per la sua condizione di adultera, sola e dimenticata, si dette all’alcol, precipitò nei debiti e in pochi anni fu costretta a vendere non solo la piccola casa alla periferia dell’odierna Wimbledon, ma anche l’unica cosa più cara che le era rimasta di lui: la sua uniforme, finì in galera per insolvenza verso i creditori, morì a Calais, povera e abbandonata, nel gennaio del 1815, a soli cinquant’anni.
Eppure c’è chi ancora oggi ritiene, meschinamente, in nome di una pretesa e indimostrata superiorità maschile che la donna sia un essere perennemente minorenne, di intelligenza e capacità costruttiva e volitiva inferiore a quella maschile, su cui l’uomo avrebbe il diritto di dominare.
La smentita di una tale inaccettabile, presuntuosa concezione ci viene offerta da questo straordinario esempio di donna, che partita dal nulla ha compiuto un’eccezionale scalata sociale, non solo per la sua bellezza ed il suo fascino, ma soprattutto per la sua intelligenza, per la sua ferma volontà ad essere protagonista in ogni momento della sua vita, mentre un giudizio morale postumo, ha voluto meschinamente mortificarne la grandezza.
Si tratta invece, a mio giudizio, di un esempio di donna che pienamente incarna e coincide con la concezione ed il rispetto per questa creatura stupenda ed unica di tutto l’intero creato, che da sempre mi affascina.