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Navigare degli orti della Sirena
di Alessandra Giordano
Per me è sempre stato molto simile a Clark Kent, l’identità segreta di Superman. Gli occhiali dalla montatura severa, la mascella volitiva, il ciuffo ribelle. Misterioso.

E me lo immaginavo con quella capacità un po’ magica di fare cose non comuni, di risolvere situazioni impossibili, con la sola forza della mente. Con la passione del cuore e la forza della volontà. Carlo Nicotera, giornalista. Scrittore, poi.

Lo ricordo così quando lo incrociavo nei luoghi del lavoro, al Mattino di via Chiatamone… una vita fa.

E forse non ci ero andata troppo lontano a rivederlo oggi, a leggerlo soprattutto nella sua ultima impresa Gli Orti della Sirena (Iemme edizioni) che più che un romanzo è un compendio di storie comuni, storie di povera gente filtrate da una saggezza cresciuta con l’età e la determinazione e la consapevolezza di aver finalmente imboccato la via giusta. La via della serenità e della pace con se stessi.

Eccolo ora Carlo Nicotera, niente più occhiali cerchiati di scuro, niente più capelli, piuttosto un cranio lucido e rasato che amplifica quel viso dilagando in un sorriso tranquillo da grande bambino. Solo la mascella è rimasta squadrata su un fisico alto. Possente.

Tante le persone, una cornice amichevole e spontanea al Circolo Posillipo l’altra sera per la presentazione della sua nuova creatura voluta anche da quel monumento alla giustizia che è l’avvocato Vincenzo Maria Siniscalchi.

Ma Carlo Nicotera ha fatto ancora una volta le cose per bene: ha voluto accanto anche un suo collega affettuoso Vittorio del Tufo; un fine dicitore, Massimo Andrei, che ci ha incantato con lunghe appassionate letture di due capitoli e un raffinato musicista, Fabrizio Piepoli, maestro dalle accorate sonorità arabe.

Eccolo Carlo Nicotera al di là del lungo tavolo dei relatori, presentato da Antonello Pisanti. Si alza in piedi, giustamente, per parlare. Forse è troppo alto per un microfono dal filo corto e ha una cravatta stropicciata, consunta dagli anni… perché? “È la cravatta che portava mio padre quando mi ha battezzato”, ci spiega subito, “per tenere salda la piccola armonia delle cose normali”.

Eccolo Carlo Nicotera, convinto che i veri eroi siamo noi, persone come i pescatori, i marinai, la gente comune che descrive nelle sue pagine intrise di poesia. E ritroviamo il gusto per la scrittura di un’anima non più inaridita dal lavoro meccanico e quotidiano.

Gli orti, la terra alla quale Nicotera si è accostato dopo aver a lungo navigato, sono il Mediterraneo pregno di viaggi, cibi e odori e profumi di cucina in cui ci si perde tra il soffritto e le spezie d’oltremare. Ma si sente anche lo sterco di cavallo, l’umido della terra bagnata di pioggia. E il cibo diventa un espediente per veicolare messaggi.

Struggente il racconto del padre di Pelagia che ha accettato l’idea di avere nemici alla sua tavola perché i suoi figli stanno morendo in guerra, ma lui non vuole affogare nell’odio… mostruosa la guerra.

E la Storia s’intreccia con le storie delle singole famiglie. Le storie di Zahira e Malika, Giulio e Angelica, Michele e Angela, e di tutti gli altri, tantissimi personaggi nel fitto di rapporti umani che si intrecciano, che si raccontano e che, in realtà poi, ognuno di noi porta dentro. “L’obiettivo è quello che l’unica cosa che vale la pena di conservare è il tempo, dice Nicotera, e ancora: l’amore delle piccole cose e la loro cura”.

Questo romanzo non ci obbliga ad una trama e non ci obbliga a ritornare indietro. Possiamo sfogliarlo e riprendere da qualsiasi pagina. Quello che colpisce è una straordinaria eleganza dialettica.

Nelle pagine, il cibo è la bussola che ci guida e che da sempre ha tenuto insieme tutti i popoli che noi siamo. Stessi cibi, stessi sapori e soprattutto l’abitudine di avere con noi le cose che sembrano banali, ma che hanno fatto la storia millenaria, che hanno determinato le rotte a nord dall’aglio a sud dal basilico a est dalle arance a ovest dalla zagara!

Voglio regalare a chi legge tempo, nostalgia del futuro, una vita con più pacatezza verso noi stessi – conclude l’autore - ma anche imparare ad essere tolleranti”.

Nicotera è convinto che un libro è ben riuscito se ognuno di noi ritrova lo strumento principale che dimentichiamo di avere, l’armonia che abbiamo dentro di noi quali che siano le fatiche del giorno prima: la parola. Senza la parola non sappiamo, non ci salutiamo, non comunichiamo non possiamo dire quanto sei bella, ti amo, ti odio, ti voglio bene, goal…

Gli orti della Sirena è la speranza, l’opportunità di tenere insieme le cose meravigliose che ognuno di noi ha avuto, ma soprattutto che ognuno di noi ha il diritto-dovere di raccontare alle persone vicine, ma soprattutto ai nostri figli che hanno ancora molto da ascoltare.
3/12/2018
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