Calcio
I ragazzi ai tempi di Ferlaino
Ecco la migliore Scugnizzeria
di Mimmo Carratelli
(da: Roma del 06.08.2018)
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Il vecchio cronista di calcio ha improvvise nostalgie. Il vecchio cronista al seguito del Napoli per molte lune e tanti lustri ha nostalgie napoletane.
Aurelio De Laurentiis parla di Scugnizzeria, un nome
sfaccimmo per rilanciare il vivaio del Napoli. Anch’io ho la mia Scugnizzeria, i ragazzi della mia età più verde e molto azzurra che dal settore giovanile finirono in prima squadra.
È la generazione degli anni ‘40 e ‘60, sbocciata ai tempi di
Ferlaino sotto la guida di grandi maestri, Corso che vinse il campionato Primavera 1979,
Sormani,
Rosario Rivellino che vinse il Torneo di Viareggio 1975.
Come si usa, mi faccio anche uno staff. Chiamo
Bruno Pesaola, e chi altri se no? Il petisso mi ha narrato il calcio e mi ha rubato il cuore. “
E che ne sai tu de calsio” mi dice, ovviamente.
Il calsio. La favola della nostra vita.
Chiamo
Michelangelo Beato, mani d’acciaio, un caramella alla menta per i giornalisti e, quando i giocatori, provocandolo, lo chiamavano “
Nanninella”, li invitava a stringergli la mano e lui, tra le dita, nascondeva un paio di lamette da barba. Piccolo, rotondo, calvo, robusto e nero come un tizzone, per 40 anni il massaggiatore del Napoli. Noi giornalisti lo chiamavamo “la suocera”.
Chiamo i talent-scout che tanti miei ragazzi scoprirono e portarono al Napoli. Chiamo
Giovanni Lambiase, rotondo e delizioso, che scovava giovani promesse girando per le strade e le piazze di Napoli, seguendo le squadrette rionali.
Portò al Napoli Juliano, Montefusco, Musella e ad Abbondanza suggerì di giocare mezz’ala. Chiamo
Riccardo De Lella, il professorino gentile del pallone, per venti anni nelle giovanili del Napoli. Scoprì Ciro Ferrara e lanciò Fabio Cannavaro vincendo il campionato nazionale allievi 1990. Fabio aveva 17 anni.
Chiamo
Dino Celentano e
Paolo Fino che ai ragazzi azzurri regalarono affetto e disponibilità, dirigenti d’altri tempi.
E chiamo
Gaetano Masturzo, il gentiluomo vomerese tuttofare, che, a fine allenamento, appariva nel ventre del San Paolo col vassoio delle tazze di caffè fumante e mai ci rivelò un segreto di spogliatoio.
E faccio la squadra della mia Scugnizzeria con una formazione come si usava ai miei tempi: Taglialatela; Ferrara, Carannante; Celestini, Paolo Cannavaro, Montefusco; Massa, Juliano, Musella, Improta, Abbondanza. Ci aggiungo Caffarelli e Volpecina come jolly.
PINO BATMAN
Chiamo Giuseppe Taglialatela da Ischia dov’è nato. Uè, Batman, vieni a volare tra i pali. Ricordati che il tuo maestro è stato Luciano Castellini, il giaguaro. Va buò, lo so. Sei un portiere para-rigori. Quello parato a Roberto Baggio. E i rigori parati a Batistuta, Giuseppe Signori, Enrico Chiesa. Quindici rigori parati e ventotto no. Dal dischetto, due volte ti ha infilato Zola. Niente da fare con Totti e Roberto Mancini. Bene, comincia a parare. Sei nella mia Scugnizzeria.
Nel Napoli 173 partite, 231 gol subiti.
CIRO IL GRANDE
Guaglione perbene di via Manzoni, Ciro Ferrara. Te ne sei andato alla Juve, mascalzoncello. Ti perdono. Ma che ti succede? Hai già la zella, quel buco in testa senza capelli come un frate. Di te mi parla una tua professoressa, Annamaria Siena Chianese.
Eri un magnifico scolaro. Bambino, i tuoi fratelli Vincenzo e Fabrizio e gli amici di via Manzoni ti mettevano a giocare in porta, perciò sognavi di diventare Zoff. Papà Vanni e mamma Raffaella ti regalarono persino una maglia col numero 1. Poi, alla “
Salvator Rosa” del Vomero, nidiata di giovanissimi calciatori tra i quali primeggiava un tuo cugino, l’allenatore Palmieri fiutò le tue qualità non più da portiere ma da difensore.
Riccardo De Lella ti portò nel Napoli. E vincesti il primo scudetto con la squadra Allievi. Avevi 17 anni ed erano già gli anni del pibe e da lui ricevesti la coppa di quel campionato, una stretta di mano per quella vittoria, più la foto ricordo con Diego.
L’infortuno di Moreno Ferrario, 5 maggio 1985, un secolo fa, nella partita con la Juventus al San Paolo, ti aprì le porte della prima squadra.
Ti mandò in campo quel gentiluomo di Rino Marchesi. Conciasti per le feste Boniek che se ne lamentò. Ma eri un ragazzo e dovevi sopravvivere al debutto. Gli anni felici di Napoli, nei ritiri compagno di stanza di Bagni e De Napoli, in combutta con Diego a denudare il vecchio massaggiatore Beato, un papà per tutti.
Serio e allegro, lavoratore, tenace negli allenamenti, con quella tua faccia guerriera, ironica, seria, ammiccante e vincente, un po’ Massimo Troisi e un po’ Totò.
Ora me lo fai un gol come a Stoccarda, quello shoot incredibile? Diego ti baciò in fronte. Diego diceva che avevi i piedi quadrati. Però ti consegnò la Coppa Uefa e ti disse: “
Sei tu, Ciro, il più grande”.
Nel Napoli 322 partite, 15 gol.
PAOLO IL CALDO
E va bene, Fabio è campione del mondo, ma tu, Paolo Cannavaro del quartiere Loggetta, vicino al San Paolo, sei più giovane, otto anni più giovane.
Quanta vita in azzurro, mentre tuo fratello veniva ceduto al Parma per 13 miliardi nel 1995. Il Napoli era in bolletta. Le ricordo le tue rovesciate al mare. Conservo una tua fotografia sulla spiaggia californiana di Santa Monica e fai una spettacolare rovesciata.
Ma la foto più bella è quella della rovesciata con cui castigasti la Juventus al San Paolo in Coppa Italia, quel gol al 122’, rovesciata miracolosa per il 3-3 che ci portò ai rigori ed eliminammo i bianconeri. Sì, nella lotteria dei rigori facesti cilecca. Ma avevi già fatto il massimo. Scaldati e vai in campo.
Nel Napoli 278 partite, 9 gol.
PALLA DI GOMMA
Tonino Carannante, ragazzo di Pozzuoli, palla di gomma, come ti chiamavamo, piccolo, compatto ed esplosivo. Vieni a spazzarmi l’area. La fascia sinistra è tua. Con quella faccia impudente, vieni avanti. Servono i tuoi cross al bacio. Vai, guagliò, vai.
Nel Napoli 69 partite, un gol.
IL FARAGLINO
Caro Costanzo Celestini da Capri, più ti guardo, più non capisco come fai ad essere un guerriero, magro e piatto come un’acciuga. Accidenti, sarai fatto di fil di ferro. Una piccola roccia. Un piccolo faraglione. Ti chiamerò faraglino.
Nel Napoli 117 partite, 2 gol.
PIEDI BUONI
Vincenzo Montefusco, napoletano del Vasto, ultimo di otto figli, nato di fronte al vecchio stadio dell’Arenaccia, Bernardini avrebbe detto: ha i piedi buoni. Ti faccio lo scherzo di Pesaola e ti dico: “Domani, se piove, giochi tu. Se c’è il sole, gioca Canè”. Successe a Genova. Alla domenica ci fu il sole, ma giocasti tu. Il petisso non voleva farti passare una notte in bianco per l’emozione del debutto. Hai rifilato una doppietta alla Juventus, ad Anzolin di testa, a Giuliano Sarti di sinistro, perché la Juve cambiò portiere. Bravo, bene, bis. Vincenzo m’è frate (fratello) a me, parafrasando Peppeniello in “Miseria e nobiltà”.
Nel Napoli 214 partite, 13 gol.
IL TRIC-TRAC
Peppeniello Massa, il tric-trac della Torretta, acceso sulla destra, elettrico, frenetico, volante, frizzante, capelli ricci e pochi capricci. Piccolo, ti appostavi sul primo palo e segnavi di testa da goleador malandrino. Ricordo quando prendesti il posto di Canè in un attacco con Juliano, Clerici, Rampanti e Braglia. Ricordo le “doppiette” alla Ternana e al Varese. Vieni ad accendermi l’attacco come sapevi fare prima di andartene come un angelo birichino.
Nel Napoli 102 partite, 24 gol.
IL CAPITANO
Piedi c’arraggiunate, Totonno Juliano, capitano, mio capitano. E che posso dirti? Tu, il “
napoletano bianco”, come fosti definito, niente pizza e mandolino, severo, serio, orgoglioso, tenace.
In sedici campionati in maglia azzurra, due in serie B, il record di 394 presenze (e 26 gol), 505 partite in totale con le coppe, primo napoletano in nazionale giocando 18 partite, inserito nella “rosa” di tre Mondiali: Inghilterra ’66, Messico ’70 e Germania ’74.
Ragazzino della Fiamma Sangiovannese quando venisti adocchiato da Giovanni Lambiase che ti portò nelle giovanili azzurre in cambio di un paio di palloni e di una muta di magliette.
Eri già uno tosto. Il calcio come lavoro per migliorarti, per affermarti, dotato di grande temperamento e determinazione da essere leader già nella formazioni juniores e De Martino.
Pesaola ti chiamò in prima squadra facendoti debuttare a 17 anni in Coppa Italia contro il Mantova (31 maggio 1962, semifinale) e poi in serie A contro l’Inter (17 febbraio 1963).
Diventasti il punto di riferimento costante del Napoli, rubando a Sivori e Altafini i segreti del pallone.
Cinquant’anni fa, Totonno! Vieni a guidare questa mia squadra della Scugnizzeria al tempo di Ferlaino. Non ti dico niente altro perché, magari, so già il paese dove mi manderai.
Nel Napoli 505 partite, 38 gol.
IL TOP PLAYER BOY
Ninuccio Musella, nato nello stesso anno di Maradona, avessi pensato seriamente al pallone, saresti potuto diventare Rivera per la gioia di tutta Fuorigrotta, il tuo quartiere con stadio annesso. Quanta classe avevi!
Eri nato campione, non volesti esserlo. Un top-player con la testa sulla luna, come Orlando. E fosse stata una sola Angelica. Vieni a giocare, vieni a deliziarmi ancora, ora che è un altro tempo.
Nel Napoli 68 partite, 13 gol.
IL RIGORISTA
Senti, baronetto di Posillipo, come ti definì Antonio Ghirelli, sentimi bene con questo tuo ciuffetto di piccolo latin lover di via Manzoni, qui non stiamo a pettinare le bambole, come dice Ancelotti, e neppure i bambolotti.
Ora io ti do la maglia numero 10, che poi verrà Diego e la togliamo di mezzo. Giocami semplice. Non montarti la testa con questa storia che Vinicio disse di te: “Improta è il nostro Corso con qualche anno in meno”.
Io non voglio foglie morte. Sei mezz’ala e fai la mezz’ala. Mandami in gol gli attaccanti come facesti quel giorno a Roma, ricordi?, due assist al bacio per i gol di Hamrin e Ghio, la tua giornata di gloria e ti invitarono alla “Domenica sportiva”.
Avevi 23 anni con quel tuo figurino che ti correvano dietro più le ragazze che i terzini. Ti farò tirare i rigori, undici di fila ne segnasti dal 1969 al 1972 col Napoli. Poi, dal dischetto, contro il Palermo, colpisti il palo. Fine della storia. Rigorista ti scelse Chiappella. Ti confermo.
Nel Napoli 174 partite, 22 gol.
IL SIVORINO
Sandrino Abbondanza di Agnano che giocavi con i calzettoni abbassati come Sivori. Conosco la storia. Non era per civetteria. Ti saltarono al debutto le fascette dei calzettoni che si abbassarono, e così continuasti a giocare. A undici anni, nelle sfide stradali dei ragazzini, giocavi portiere perché eri il più piccolo. Ti suggerì il ruolo di mezzala sinistra Giovanni Lambiase che ti portò tra i “pulcini” del Napoli. Ammaestrato da Piero Manola e Nicola D’Alessio. Un piccolo, delizioso fantasista.
Nel Napoli 46 partite, 3 gol.
L’APACHE
Mi tengo come jolly Gigi Caffarelli, l’apache della Sanità, il quartiere di Totò dov’è nato, con quel volto un po’ indiano e i capelli spioventi, alto un centimetro più di Maradona. Un giorno, vedendolo giocare, Agnelli disse: “
Quel brunetto, di marce ne possiede una più di tutti”.
Giravi su una Triumph rossa e facevi gol di tacco, piccolo apache. E li ricordo i tuoi gol decisivi ad Avellino e contro la Fiorentina col Napoli del secondo anno di Diego. Vai in campo, vai. E fammi uno dei tuoi gol zucchero e pepe.
Nel Napoli 101 partite, 9 gol.
PICCOLA VOLPE
Giuseppe Volpecina, casertano, un gol a Torino contro la Juve nell’anno del primo scudetto. Che domenica quella domenica a inizio di novembre, più di trent’anni fa. C’era il sole a Torino e c’erano trentamila napoletani al Comunale per un sogno. Il sogno tricolore col pibe. Mettesti dentro il pallone del 3-1 sull’ultimo contropiede. E che sinistro inventasti sulla palla che Carnevale ti lanciò a destra! Ti porto in panchina. Ti farò fare l’ala tattica. Vediamo un po’.
Nel Napoli 28 partite, 2 gol.