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Approfondimenti
Quattro chiacchiere sul profumo…
di Paola La Nave
Avete mai riflettuto sul fatto che, in genere, la fragranza è associata alla bellezza, mentre il cattivo odore è simbolo di bruttezza?

Potrebbe essere un espediente che la natura usa per preservarci dal pericolo: infatti gli odori sgradevoli provengono da possibili fonti di intossicazione, come ad esempio carogne di animali o vegetazione putrida; il profumo, invece, viene emanato quasi sempre da fiori e piante.

Dunque la fragranza sembra essere associata alla salute ed al piacere, ed è un vero peccato che profumi dall’essenza dolce non vengano ancora oggi usati quotidianamente, come accadeva in passato.

I Romani, ad esempio, facevano svolazzare colombe profumate nelle sale dei banchetti; nei giorni di festa spargevano petali di rosa e spruzzavano olii profumati nelle loro camere, nonostante Cesare avesse vietato la vendita di profumi, da lui stesso considerati effeminanti.

I Greci credevano che il profumo avesse origini divine e gli antichi Egizi, che ne limitarono in un primo tempo l’uso alle funzioni religiose, incominciarono pian piano a permettere l’uso personale, fino a far divenire il profumo una parte essenziale della loro toilette.

L’impiego del profumo si allargò da Roma al Nord Europa, fino all’Inghilterra e di lì, con le prime colonizzazioni, giunse nel Nuovo Mondo, dove arricchì l’antica tradizione erboristica degli Indiani d’America.

In un primo momento il profumo consisteva semplicemente negli olii naturali di piante come la lavanda, il rosmarino e la salvia; nel XIV secolo fecero la loro comparsa i profumi a base alcolica, con la produzione dell’”Acqua ungherese”, preparata con lavanda, menta e rosmarino.

Nel Medioevo, in Europa, le erbe aromatiche avevano usi molteplici nella vita quotidiana. Si è portati a pensare comunemente, e non a torto, che in quei tempi ci fosse una mancanza di igiene molto diffusa.

Puzza, sporcizia, piaghe, pulci, ascessi e malattie della pelle erano all’ordine del giorno; quindi, in quel periodo, doveva essere cosa normale spargere sul pavimento foglie aromatiche e profumate per combattere gli insetti, usarle nella biancheria e nei vestiti e, per eliminare i cattivi odori imperanti, bruciare rametti di erbe nelle stanze.

Molto significativa è la descrizione di una casa inglese fatta, nel 1560, da uno scrittore: “La pulizia, l’arredamento piacevole ed elegante mi rallegrarono il cuore; le loro stanze e i salotti cosparsi di erbe dal dolce profumo mi allietarono i sensi”.
Lo stesso John Gerard, noto botanico ed erborista inglese, descriveva l’olmaria come la migliore “tra le erbe profumate, per rinfrescare la casa, per aromatizzare le camere, i saloni e le sale dei banchetti in estate, perché con la sua fragranza, rallegra il cuore e delizia i sensi”.
Nell’acqua del bagno (peraltro non molto frequente…) si metteva la lavanda e persino le cere per i mobili avevano un profumo; i guanti erano profumati, le ciotoline lava-dita contenevano acqua e petali di fiori; venivano bruciate candele odorose e si portavano sempre con sé i tussie-mussie, graziosi mazzetti di fiori ed erbe aromatiche (queste ultime ritenute ottime contro le infezioni), molto in voga nel Medioevo per allontanare gli odori sgradevoli: venivano tenuti in mano o appesi agli abiti.

Durante l’epoca vittoriana il tussie-mussie divenne un vero e proprio accessorio di moda, sempre e naturalmente profumato.

Non sarebbe una cattiva idea ripristinare alcune di quelle abitudini per profumare le nostre case: si potrebbero usare le erbe come si fa con i colori: per creare un’atmosfera calda e rilassata nella zona notte, stimolante nel salotto o vivace e allegra durante una festa.

24/4/2017
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